121 Poesie
Edizione privata
© Duccio Castelli
E-mail:
dcastelli@enter.it
“grazie per il tuo libro di poesie – mi sono piaciute enormemente – hanno la
tinta corrusca delle liriche greche – al momento l’assolo che mi ha colpito
di più è “Per Lorenzo”. W le belle cose.” Paolo Conte (2005)
° ° °
Paesaggio
imbiancato di neve
Come la boccia di vetro
che girando coriandola di
neve
così parole vestite di
fiocchi
si adagiano sul mio
silenzio.
Le voglio stendere
ognuna
sul lessico delle sculture
le voglio girare ed alzare
ne voglio sentire
l’odore contro la luce.
Perché non mi prendano
di loro
perché sia io
a ghermirle
Da “Tempo barbaro”
Invincibile
armata
Contemporaneità della
barbarie alla mia vita.
Mi fa male il presente del
mondo
ogni istante
mi uccide bambini infiniti
che mi invocano ignaro,
ogni singolo istante
è furtivo carnefice, di
barbari umani.
Se il tempo cura domani,
oggi
io sono qui,
con una vita da
riconsegnare
già malamente scomposta. Forse troppo mi astengo
colpevole e mi intrico la mente dispersa
conosco tutti i dolori del
mondo
come posso sorridere
Da “Tempo
barbaro”
Paura di
morire
La gente ride e anch’io
ma insistente torna della
notte
paura di morire
sicuro di lasciare
parola non detta
e fiore nel bicchiere
angosciato di assenza
della nostra acqua
Da “Tempo
barbaro”
La promessa
ha un sapore
Amo la prima nespola
e ne divoro la promessa
d’estate
riarso la sera
confermata
questa ulteriore stagione
che poi scivola via
come i suoi semi
Da “Tempo
barbaro”
Povertà
dorata
Ho passato la vita a
pensare
fantasticando l’ordine
ed ordinando la fantasia
la testa bassa
guardandomi i passi
senza trovare nient’altro
che l’amore
di quando sono partito
Da “Tempo
barbaro”
Parco
lontano
Parco lontano dei miei
animali
celeste
dell’amore lasciato
della carezza e dell’umore
della vostra pelliccia,
dietro quell’angolo mi
attendi
svelto e improvviso.
Mi svelerete tutte
le frasi
imprigionate nei vostri
occhi.
Appianeremo tutti
inter pares
i nostri inesorabili sempre
Da “Amolore”
Natale
A fatica mi scosto
da rumori blasfemi,
eppur ricado
nell’imbarazzo pagano
delle trippe troppo sazie
e dei denari gettati
mentre di là si muore
anche di fame.
Tutto combutta contro
un Natale Cristiano:
una chiesa corrotta,
una cena più tardi,
una messa più presto.
Così
tra queste luci suona
lontano un campanile.
E’ lui!
Piango allora
nascosto dall’abete
una triste lacrima di
gioia,
all’altrui canto di
Venite Adoremus.
Perdonami,
o Signore. Da “Doppi e metà”
Stanza della figlia
(olio su carta)
Che spremitura di anima
di fronte al tuo collage di
noi ricordi
che di improvviso lì nella
tua stanza
dipinge tutta la mia vita
tua
e l’armistizio delle loro
vite
delle madri e di ogni padre
in padre. Splendore triste alla
parete
rischiarata e ferma
tra ricordo e mistero
e in fondo nulla più. Da “Tempo
barbaro”
E ne ho
visto il futuro
Torno a Santiago
Dieci anni dopo.
Finalmente eccomi lì.
Quante voci prima
sarai deluso
non si torna al passato
sarà tutto cambiato…
ma tutto, incredibilmente
è lì.
La zitta Aconcagua di
Disney
è lì
poi i colori bruciati
e la molle
sensuale vallata.
Il profumo
dell’erbe americane
incredibilmente presente
come labbra di donna.
Me lo ero scordato.
Gli amici come in un lampo
di una foto
eccoli alle transenne
li vedo ridono
hanno dieci anni in più.
Io tendo il collo per
sembrare più giovane
sorrido saluto
ma sono di cartone.
Cadiamo tutti nella città
rotoliamo nelle macchine
vomitiamo parole qualsiasi
che non possono
essere per dieci anni.
Con pudore
copriamo il tempo
e gioiosi squittiamo.
Bambini di allora
mi guardano virili
al club di jazz:
non mi hanno mai visto.
Io raccolgo
uno spazio obsoleto
coi ragazzi vecchi
della Retaguardia. Qualcuno,
forse,
ricorda.
Che fonda malinconia
sento oggi
per il mio passato. Bartolomè
de las Casas: assente.
La nostra casa col
giardinetto
dietro
con Flor che porta
il latte ai bambini
e il gatto al sole
assenti!
Al suo posto,
un condominio.
Eppure il cielo
è così bello
e il sole
sempre lui. Cari gli amici solari
dei pranzi infiniti
tra i rami
ed i fiori ed il vino. Credevo viaggiare
in quel mio passato,
ho riaperto gli occhi
nel mio Cile
e ne ho visto
il futuro.
Milano, 1 maggio 1993
Da “Emigranza”
Perdo
ordinando armadi
Essere
travolto dalle cose
gli oggetti che straripano
armadi
e raggiunge la sedia la
mano
e la polvere segna un
castigo
di affannoso cercare.
Slittano solo giù le cose
in cima.
Intravvedo pezzi appoggiati
oltre.
Non ordine lasciando ai
posteri di casa
ma goffa consegna
Da “Poesie
scelte”
Armoniche
note
Ma che
abbiamo capito noi
di quel frutteto
della linea di fumo
o l’ineffabile
sera?
Sicura conforta
la nota che splende regina.
Arsura. Guardo e non vedo.
Ascolto
colori scomposti, sgarbati
ma continua e risplende
la nota perduta
regina per sempre Da “Poesie
scelte”
Falsopiano
Fiori. Crocifissi nel chiosco
per noi. Inedita
Se non
andare
Lascivamente gettare la
spugna
tentazione del mattino di
inverno
le ossa stanche di una
mente fiaccata
tornare nel letto a
dormire,
perché dovere andare
anche oggi
a fingere di essere uomo. Da “Tempo barbaro”
Rivelazione
Letto di sole
e rondini festose
verso il mio viso
affacciato
stanotte nel sogno
e tutti gli amici a me
sorrisi
rivelati di gioia.
Da “Amolore”
Kitty
Le stanze
i prati delle case i fiori
sono soltanto
il suono di quel cane
che abbaiava nel tempo.
Poi nel silenzio svuotano
e son niente
Da “Poesie
scelte”
Colibrì del
mattino
Vedere ancora Santiago
come un bambino lasciato
piccolo
poi ritrovato ormai
cresciuto
di un futuro che non era il
suo,
a uno scambio scattato,
perso
il treno verso un’altra
parte.
Un misterioso fascino mi
avvince
per questo luogo mio ma
d’altri
e non lo sanno
l’architettura cilena
incredibile ricca
soggioga al suo profumo
l’estetica del mio cuore.
Ho lasciato la finestra
aperta
per ascoltare il colibrì
del mattino
e la mia vita Da “Credito d’affetto”
La prossima
alba
Quanto vale la felicità
data?
Al mercato di Amburgo oggi
è quotata
meno dello zero ma domani
in ribasso. Quando porto i miei cani in
passeggiata
mi travolgono del loro
facile amore
e stupito assaporo la
fragranza
di un sentimento antico e
misterioso. Bambini affranti attendono
i miei verdi prati
la prossima alba
Da “Tempo barbaro”
E se
sapessi
Guardami
negli occhi. Chi,
ti ha detto
di essere cane? Da “Amolore”
Candori di
marzo
Cardellino di primavera
sei ancora tu?
Che reciti la tua ermetica
poesia
imparata dai tuoi
cardellini
e questa prima farfalla
gialla che mi ruba lo
sguardo
e me lo adagia anche oggi
sulla primula nata? Il vento con la sua vita
ha spazzato le nubi dal
sapore di neve
ed al tuo canto
io bacio le labbra del sole
come un innamorato,
o cardellino di primavera.
Da “Tempo barbaro”
I Musici
Musici sono
gli usignoli e i passeri.
Che primi
hanno dischiuso finestre
oltre la vita
Da “Poesie
scelte”
Vita eterna
Vorrei aspettare la morte a
cielo aperto
e che tu Arturo
ancor mi confidassi
di inesorabile Dio,
sicché fosse la festa e non
il lutto
ad aspettarmi ed aspettarti
chi fortunato è primo
e prima confermato. Da “Tempo barbaro”
Delle loro
certezze
Decido e penso e bramo
col dubbio di avere
ragione.
Chè se ascoltando,
ascoltassi ogni tesi
essa avrebbe il suo senso:
l’Universo si appende anche
all’ingiù.
Il dubbio fa di te uomo
e ti dà il sapore della
vita,
ma i Tromboni del Mondo mi
infettano
delle loro certezze. Da “Credito d’affetto”
E le
campane, lontane
Ecco in un attimo le
quattro sdraio
stampate sul panorama
hanno acquisito il
silenzio.
Via gli ospiti amici
che l’eco ribatte il
selciato dell’anima,
andati ai loro futuri
separandomi il mio.
E il vento accompagna il
meriggio
ma le mosche contrastano
incattivite dall’aria
mostosa
il divenire di un rigo di
inchiostro.
E le campane, lontane Da “Credito d’affetto”
Quale che
sia tua missione
Dormi furetta nuova
cosa sogni
adagiata la schiena sulla
amaca
viso di bimbo che rimbocco,
non ti svegli ma sogni
di latti e di poppe e
tenerezze
e tepori di colori. Dimmi furetta nuova ciò che
sai
del Paradiso.
Da “Amolore”
Tra due
fotografie
Fotografia
ingiallita di questo monte
mostri sembianze
di quando il padre ancora
innato
poi radicato qui tra queste
rocce
ed ora se ne è andato
e guardo questo stesso
monte e sono
e mi domando
è stato?
Da “Poesie
scelte”
Noi,
prossimo vecchio del mondo
Un vecchio non è che un
vecchio.
All’angolo di Roma
Imperiale
o ad un semaforo della
Quinta Strada
il vecchio ha sempre il suo
nome
pensa ai suoi tempi
che mai esisteranno
ed a quei giovani che non
sanno
ed ha il viso di Seneca
come amico attardato alla
festa
che attende un passaggio
innegato
e scoccia intristito. Da “Tempo barbaro”
Cupo gioco
di prestigio
Dove sono nascosti
i visi dei miei bambini?
Non mi appaiono più da
quella porta
della stanzetta coi giochi,
il loro viso è cresciuto in
adulto
ed amato di giorno in
giorno.
Ma loro? Da “Tempo barbaro”
Regalo
Pollini e cortecce
intrichi di radici
seduto sulla pietra aspiro
a fondo succo e primavera.
Inebria cognizione della
Terra
nostra di chi è vivo
ancora.
Da “Amolore”
Ricordo di
una tenerezza tra la neve
È vero hai fatto qualche
ringhio
ma erano solo parolacce.
E non hai morso. È vero avevi ucciso quel
coniglio
per mangiartelo e dicono
che avessi voluto mordere
anche Brigida
(perché ti dava stizza). Ma non l’hai morsa. Invece
col muso inzuccherato dalla
neve
tu facevi festa ai tuoi
amici umani,
poi io ti tolsi anche una
spina
dalla gola
come nella fiaba dei
latini.
E non mi morsicasti. Però dicono che è meglio,
restare sul sicuro perché
sai, poi se dopo morde
è meglio non rischiare. Ma non hai morso. Così,
due schioppettate e sei
rimasto lì.
Ma sai, dicono che si
doveva,
Bill. E mi rimani ora nella gola
con quel tuo sguardo
e la tua coda andando,
per me
due giorni prima
e ti ricordo in tenerezza,
tra la neve. Da “Tempo barbaro”
Fuochi
Fuggo da me
e ritrovo
angusti i serpenti
sbiancati
che brillano di cose
disfatte. Si ripropone ancora la
paura
della pioggia che dura.
Senza fermarsi.
Molto lontano. Andare di nuovo, di petto
nel mosto
nel fiore riposto
e lasciare
il brodo ordinato,
per un sugoso mare
Inedita
Prima
poesia
Il mio bambino respira nel
buio della stanza
e prodigiosamente
esiste!
Il mio bambino profumato
tenero
il mio bambino
mi ride e nasconde
il suo viso
come un contadino.
A che serve capire
se il meglio di noi
è istinto e natura? Ho nascosto
il mio piccolo figlio
nel buio della sua stanza.
Aperto i miei occhi
teso le orecchie
perché nessuno gli faccia
del male.
Teso
come
animale senza ragione.
L’amore
non chiede ragione.
Dolci rumori del mio
bambino
raccontano avventure dei
sogni
questi nostri giorni
baciano i nostri tre visi.
1973 - Da “Emigranza”
Amore avaro
Quelli che stanno bene non
fanno
tenerezza
Da “Tempo barbaro”
Ti
riconosco
Terra tutta mia amata
ti riconosco dalla riva
all’altra
riappari da un oceano
scissa
coscia sinistra e destra
tu.
Amo molto anche te
perché sei bella
e ti lusingo
per le innumerevoli quieti
per gli albori
per il profumo della tua
storia. Terra madre sovrana
giaciglio
linea erbosa
terra dal mare
terra
terra mia
Da “Amolore”
Come dei
santi
Il futuro è passato. Successi o tristi ombre
si rialzano a nuovo
come birilli abbattuti.
Gli è come un respiro
che inspira ed espira
da sabato a sabato
ma di un gorgo vieppiù
serrato:
ogni giorno in più è uno di
meno
e ormai tutto il futuro
appare
come un vassallo del
passato. Effimero giorno. I nostri animali
ci insegnano la vita
senza l’assillo del tempo
e quando lascio il mio cane
nella casa
che sia per sempre od un
minuto
egli mi esprime tenera
indifferenza. Ed essi ci insegnano a
morire
con rassegnazione serena
un appuntamento da compiere
senza inutile lamento
appartandosi pudicamente,
lo sguardo triste
ma senza umani terrori. Da “Tempo barbaro”
Che tornerò
Guardo le stelle
perché mi scaldino
della certezza
che tornerò Da “Amolore”
Così sia
O Signore.
Confortami.
Ora.
Per ieri.
Per domani. Da “Amolore”
Vorrei che
io fossi onnipresente
Per restare ora ancora con
voi
amici che mi siete amici.
Ma proprio ora,
senza scalare il turno
senza frapporre stagioni
residue,
senza ricordarmi di
ricordare. Esistendoci quando ci
pensiamo
limita la nostra addizione
di ore,
invece fossi onnipresente
riberci il nostro calice
fragrante
di questo breve amore. E poi correre e raccontare
ripudiando parole e
concetti
e rotolarci su prati e
margherite
e rituffarci nei frizzanti
mari
riaccoccolandoci
nella musica e nel vino. Lunghe file di uomini
indovino
trattare la metafora del
giorno
burlandosi grassi
del mio mattino
Da “Tempo barbaro”
Gentile
presenza
Bambi anche tu, oggi
sei morto.
Ti scrivo subito
perché tu possa
cogliere ancora
il mio fiore.
Bambi, gli esperti
a dire in coro
che non può
un capriolo
essere così.
E tu, grato
come il leone con la spina
con il tuo muso vellutato
ti lasciavi sfiorare
dal mio,
da pari a pari.
Bambi,
l’enterite acuta
e lercia
ci ha derubato
di tutta la tua
gentile presenza
riducendoti
a un brandello
come per ignoranti
volgarità con la polenta.
So long.
Da “Doppi e metà”
Il profumo
del mondo
Aria di mare che voli
sull’onda
le nari rigonfie entusiaste
di spuma
la sabbia fine di pepe
assolato
mi inebriano al profumo del
mondo
e tùrbina il meglio
vissuto
con volti di amici ed
esotici soli.
Oggi quasi non sembra
che il vivere sia quel
tappeto rullante
che ci porta via. Da “Credito d’affetto”
Dolore
Stanno morendo tutti
i cani del mondo
ed i bambini
e quelle madri.
Stanno morendo tutti
in giro
in questa notte.
Il cane triste dall’occhio
aperto
ci aspettava composto e
sonnolento
ma ucciso.
E tenero e triste
elefante sfiorava di dorso
la sua proboscide mano
sulle sembianze
di un altro elefante
atterrato
di pallida morte.
E le bambine nascevano
ma per morire.
Nell’india di questa lunga
mattina.
Fuggo.
Nel cielo spostato
ma ricado.
Troppo minacciato d’assenza
Calama – Cile, 5 gennaio
1996
Da “Amolore”
Il tuo
collare nel mio cassetto
Sono con te punto nero
e ti ricordo.
Nessuno può dire
il mio profondo amore.
Gli anni si sono sgranati
e la tu lunga vita
si è chiusa tra le mie
mani.
Il tuo vuoto mi morde
negli spazi deserti,
la tua cuccia e la tua
acqua in cucina.
Il tuo collare nel mio
cassetto
ha ancora il tuo odore.
Una vita insieme ed io
bambino.
La gente non ti capisce
che esteriormente. Ma noi
ci parliamo ogni notte. Nel nostro mondo segreto
ogni notte io ti porto
nei nostri prati …
e tu sempre mi incontri nel
sonno
e mi fai festa ancora
come al ritorno dai viaggi.
Io so che sei tu e
non un sogno. Io lo so.
Da “Emigranza”
Assillo
Sono inseguito
dall’assillo di sapere
se
farò in tempo
a vivere Da “Credito d’affetto”
Che bello
il sole
Che bello il sole.
Alfiere di Dio
dispensa la vita alle case
ed alle cose.
Perché non ci dolgano gli
occhi
furtivi occhieggiarlo
come amanti segreti
lasciando che ci accarezzi
sensuale. Che bello il sole
si ripresenta ogni giorno
sfrontato
come un magnifico padrone
del mondo Da “Tempo barbaro”
La
splendida vita
Mi ascolto.
Dopo l’amore mi ascolto.
Per sentire i muschi
bagnati
e le lacrime dei
crisantemi.
Per vedere quei bei visi
amici
risplendere nel silenzio.
Dopo l’amore le perle
riflettono meglio
la caducità della nostra
radice
e la ragione, stanca
látita di ogni sua qualità.
I poveri
consumano in amicizia vini
e castagne
e le gazze gracchiano
sulla filosofia del non
rubare.
Poi, dopo l’amore rigonfio
di carne
sboccia ancora una volta la
splendida vita. Da “Tempo barbaro”
Per Nero
Nero è un gatto bello
di quelli che hanno
vocazione di cane.
Stamane arrivando
mi hanno detto
che sei morto.
Nero è di quelli
che parlano, che
quando li saluti
rispondono sempre.
Nero è un grande signore.
randagio
ma fiero
e non si butta sul cibo.
Fa come i gatti di casa,
quelli viziati e molto
gatti.
Sei tenero così! Ma guarda
che non mangerai nulla!
Arrivando mi
dicono che si morto
e vengo a vedere.
Si, è vero,
ecco dove ti eri messo:
sei entrato nella cuccia
che ti avevo fatto
e che non volevi …
Mi hai voluto lasciare così
il tuo saluto.
Ti ringrazio Nero. Stai
bene. 19 giugno 1990
Da “Emigranza”
Incastro
Desiderare che venga altro
perché l’adesso mi cinge
d’assedio.
Forse l’estate
che ci porta lontano,
o forse
ancora un sorriso. Altro
che mi accarezzi,
broccati lontani
infiammati ancora di amore.
Torneranno le case.
Con frutti marciti Da “Amolore”
Amolore
Se avessi
nessuno
non potrei soffrirne
Da “Amolore”
Seconda poesia
Sono molto contento dei
miei figli
perché i fiori corteggiano
l’estate.
Rimischiando le carte a
loro modo
porgono un nuovo cielo
colorato
a questa ansia di padre.
Non clona anime
la Natura Iddio. E a volte splendono maturi
di vita
i pampini del nostro cuore.
Da “Credito d’affetto”
Figli
Partono.
Da poco via.
Già non rimane
disputa e lagnanza,
già la scarpa gettata
non ripropone stizza
ma la ripongo a suo posto
e tenerezza.
Che mi partono tutti dalla
vita
e solo. Da “Amolore”
Tenerezze
Stavamo ben stretti
campeggiando nella tenda a
Guanaqueros
avvolti da tenero affetto
e rispondendo alla vita
imparavamo
dove pensare il salotto per
pranzare
e la ghiacciaia o quei
giacigli
con la mia bimba di
traverso
sotto le stelle sfrontate
del deserto.
Stavamo stretti in tenda a
Guanaqueros
poi venne l’inverno
carico delle stufe stentate
e di rugiada lucida sui
vetri
infreddoliti delle nostre
angosce.
L’inverno,
ornato di salsicce e
tenerezze
Da “Poesie
scelte”
Terre
Il dolore
imbeve la terra.
Ed io son
terra.
Da “Amolore”
Milano
Solo una luce è accesa
di tutta la facciata sulla
piazza:
la nostra casa è viva e
vive.
È mezzanotte per i finti
vecchi
ma io la guardo dalla
strada
con un sorriso per mia
madre e la sua casa
è aperta ed ora è nostra
nella città che si è
sfrontata
ed è incrociata da proci.
Milano è una abitudine di
vita
di un grigio rosato
di svelte piacevolezze
nascoste
Milano
ma di chi sei realmente,
tu? Da “Tempo barbaro”
Fiori e
povertà
Quando sento il profumo dei
fiori
mi affeziono alla vita.
Da giovane non lo sapevo.
Oggi mi danno
una gioia intrinseca.
Anche
il profumo del manicaretto
mi mette allegria.
E appetito,
che consumo felice
in agapi fraterne.
L’aspetto più triste
del povero
è la sua fame. Da “Doppi e metà”
Elba
Elba era un’altra cosa.
La mia gatta
era così nostra.
Lei era di più.
Veniva dal mistero
e là ha dovuto presto
tornare. Non poteva morire. Elba aveva storie
faraoniche
e leggende,
nel suo passato.
Si accomodò nella
nostra casa
dopo avere chiesto permesso
ed esserselo conquistato.
Non volle mai
esserci di peso.
Ci leccava come un cane
noi ridevamo
ma lei no.
Elba era seria
e gentile
una signora
e capiva le cose
del mondo
rispettando tutti
anche i gatti
più fortunati. Molto più,
che gentile
era saggia. Ma anche bella e forte
come un ghepardo
il pelo teso e corto
e orecchi di lince.
Chiamava i cuccioli
di gatto
yogurt. Sì yogurt.
Elba,
con tanta pazienza
e tanto amore da dare. Anche lei canina
più di un cane e
nella notte
sulla soglia
ad attendermi,
gli occhi aperti nel buio
verso di me. Chi sei, Elba? Hai adottato Pelè,
atro elbano
così speciale:
da te ha preso
la tua gentilezza. L’ultima sera
stremata saltasti
sul letto con noi:
è guarita!
Dormimmo sereni.
Era il tuo
meraviglioso saluto.
Io credo
che ci rivedremo,
Elba.
Da “Emigranza”
Clessidra
Anima a
rendere
corpo
in
affido
vuoto a perdere
Da “Poesie
scelte”
Qui
Affacciarsi dagli occhi,
come se fossimo
qui. Da “Tempo barbaro”
Mani
Tu sei nelle mani di Dio,
mi disse Godfrey dodici
anni fa quando partii
e ritornando al patio dove
me lo disse
il luogo è vuoto e Godfrey
non c’è più
ed al suo posto c’è una
placca ottone
per l’ufficio svolto nella
chiesa
ed io riguardo il patio e
quella sera
e le mie mani prese dalle
sue, oggi anche tu sei nelle Sue
mani. Sarai tu a tendermi la mano
quando farà sera. Da “Credito d’affetto”
Hands
You are
in the hands of God,
said
Godfrey when I left twelve years ago
and
returning to the porch where he said this
the
place is empty and Godfrey also gone
and in
his place now just a plate of brass
for the
years of service in the Church
and I
recall that evening in the porch
my hands
holden by his hands, you are
today also in His hands. You’ll
be the one to hold out your hand to me
when
evening comes. Da “Credito d’affetto”
Piuttosto
che avvilirmi
Penso che
intanto,
non son mica io. Da “Tempo barbaro”
Pirati
La grande nave “Il Mondo”
incrociando l’universo
delle ere
fende della sua prora
le onde del nulla,
anche ora.
E noi saliamo
eredi ingrati
a bordo del vascello
rabbiosi dei nostri poderi
legiferando del bene e del
male
fra cent’anni comunque
tutti astiosamente finiti,
la nave
nelle mani di altri
pirati Da “Credito d’affetto”
Nostalgia
I rami fermi al di là della
finestra
in questo crepuscolo
invernale
ricordano quei rami del
collegio di Chelsea
che fissavo adolescente
dalla stanza in alto di
Pasini.
Senza accendere la luce
nel fumo azzurro delle
sigarette
la brace palpitava vitale e
si ascoltava, alla radio
il notturno dall’Italia
come gli emigrati
e ragionando d’amore e
delle estati
facevamo notte.
Pasini dove è ora la tua
Maracaibo?
Nessuna ulteriore amicizia
fu possibile
al di fuori di quella
cornice e di quel tempo.
Dopo trent’anni forse io ho
intuito
la tua storia di infanzia
ripiegata
ma che senso può avere
questo, ora.
Il pensarmi fantasma come
sei tu oggi per me
contrasta ribelle
con la mia opinione di
esistere. Da “Credito d’affetto”
Storia di
Rosa
Ho ritrovato una vecchia
cartolina
semplice trasparente
mio caro è da tanto
che non ho vostre notizie
che progetti hai
scrivimi ancora se ne trovi
il tempo
era un sedici dicembre
poi sicuramente un
solitario Natale.
Era una zia minore
da qualche anno sola quasi
senza nessuno
oggi non c’è comunque più
e questa cartolina ora mi
smarrisce
e vorrei averle dato
qualche ulteriore affetto
ed anche lei scriveva
poesie tristi
e dipingeva angurie ed i
tessuti
e come la sua vita
arrivava invitata a qualche
cena
volenterosa con un pollo
arrosto
indipendente.
Non ricordo se mai risposi
a quella cartolina
e non è vero che ormai.
non faccia più
differenza. Da “Credito d’affetto”
Essenza
Nell’ermetismo
di ogni verso creato,
il travaglio di un rigo
è un estratto
di carne. Da “Credito d’affetto”
Memoria
assoluta
Sono già passati
diecimila anni, Federica
e sembra ieri prima degli
Etruschi
quando incrociavano questi
gabbiani. Poi le generazioni – solo
quattrocento –
qui si alternarono di
problemi e sofferenze
e tante furberie (poi
rivelatesi inutili).
Vedi io non credo che tutto
questo
si regali a noi
gratuitamente,
fine a se stesso. Da “Credito d’affetto”
Credito di
affetto
Potere spegnere la luce
con tutti in casa.
Ricchezza calda sul
cuscino,
ci siamo tutti anche
stasera,
nutriti ancora i nostri
cuccioli cresciuti
di primitivo cibo
sacro
e credito di affetto.
Colpevolmente avaro.
Da “Credito d’affetto”
Bellezze
C’è gesto
atletico che infiora
una nostra maestria
e va.
Come ogni cosa bella
Inedita
Scatola
cinese
Mi specchio
e vedo mia madre.
Poi mi volto e mia figlia
mi guarda
e sono ancora io.
Da “Credito d’affetto”
Ora e sempre. Ora é sempre
Anche oggi
se tu
amico antico, madre
tu, altra presenza tu
mio cane,
stele musica piastrella
del pavimento della cucina,
la finestra sul cantiere
dove sgombravano le pietre
della guerra
e giocavano
i ragazzi di strada col
pallone,
allora, anche oggi, è
adesso.
Queste domeniche mi
insistono
nel ripropormi immagini
vissute
ora,
nella penombra livida di
inverno
ora,
forse per il piano dolce
che suona
forse per l’amico che
muore.
Di quanto rivedo, in giro,
coi miei occhi,
non avrei immaginato allora
bambino in quella casa
rimanere solo
Inedita
Che continua tremendo
La solitudine
attende improvvisa
fuori dalla tua casa,
e non fai più
parte del gioco
che continua tremendo. I tuoi amici
sono telefoni pubblici
che suonano senza risposta.
Stupito t’accorgi
che nel tuo ricco mondo
sono poche persone
soltanto e improvvisi
scopri gli occhi del
barista
che brinda
al metronotte imbiancato di
neve.
Lo sguardo si piega,
carico di egoismi.
La notte
solitudini rassegnate
sognando infanzie marine.
In stanze attigue.
Da “Emigranza”
Emancipórfani
Le donne
smettono
di coccolarci. Sole
restano ancora forse
a coccolare i figli,
condannati
a rimanere soli. Inedita
Soltanto
Soltanto
in visita alla vità, non mi
farò
sorprendere
Da “Poesie
scelte”
Ancóra
mattina
I giorni mi crollano
come scaffale usato
e mi rovinano
sulle caviglie.
Gli ultimi cinquemila
li ricordo tutti,
consequenziali.
L’uno e poi l’altro
si sono sgranati
alla faccia mia
quasi prendendomi in giro.
Se riguardo l’agenda
rabbrividisco.
E così sia. Da “Doppi e metà”
Agricoltore
vestale
Avambraccio che asciuga la
tua fronte,
mano di callo
che sfronda il mio prato,
il mio lavoro al tuo
cospetto strapagato,
trituri lento un travaglio
infinito!
Dura assoluta nutrice
dell’uomo più antico,
nostro saggissimo e nobile
amico Da “Amolore”
Cortesie
Un incubo è
l’assaggio dell’inferno
Da “Amolore”
Capriccio
d’uomo
Se io sapessi, Padre
che con un capriccio
mi faresti restare,
ho un groppo in gola
a piangere.
E vorrei
Da “Amolore”
Graziella
mia madre
Ciao Mamma l’ho detto
davvero .
Ti ricordi
che c’era la fiera qui giù?
Dopo una vita da che non ci
sei,
passando
dalla nostra casa
eccomi io sono qui. Ricordi Mamma
le rondini
nel cenare in terrazza
d’estate?
E il caffelatte
che per festa e gioco
mi facevi alla sera? E il latte bollito bolliva,
che avevo dei mesi
me ne ricordo il profumo
e ricordo
il profumo francese
di quando uscivi per andare
a teatro.
E l’ascensore scendeva
e saliva
ed io ti aspettavo e
l’insonnia veniva.
Poi
tu tornavi
ed allora e soltanto
finalmente dormivo. Da “Credito d’affetto”
Andavo
Andavo
sul lungomare del Forte
giovinetto irretito dalla
California
mentre scorrevano gli anni
cinquanta
su un bianco e nero neppure
patinato.
Andavo
e mi sentivo grande per il
lusso avuto
per la gioia trovata,
per l’amico sbocciato.
Andavo
libero da scuola
nell’estate
emozionato di vita
affranto a volte per
l’impossibile nulla.
E portando la madre sopra
un motorino
andavo
inseriosendomi capofamiglia
verso quel cinema
all’aperto della sera
tra le zanzare
distratte e pregne
di amore filiale
Da “Amolore”
Vocina
zitta
Sento che tu sei ancora qui
e che guardi
attraverso i miei occhi
madre.
Ramo di pino che appare
improvviso
dietro di te a conferma
che non è cambiato
il silenzio.
Poi ci sarà forse
l’autunno ed anche voi
bambini a vezzeggiare
zitti
una malinconia. Da “Amolore”
Oreste
Se tu non sei sfumato
come storia finita
allora forse tu sei ancora
qui
a Calvì, te lo ricordi?
Perché chi ci ha poi detto
che
tu non ci sei più,
chi,
se come il Principe piccino
ti sei rappreso alla tua
storia?
Sì, ti sei immerso a
Urgada,
ma non son nulla tre anni
di apnea
se il tuo sorriso
riemerge ormai da quella
aspetta 1)
di minuto in minuto quando passano le Sirene
tu sempre riaffiori
e le lusinghi delle tue
ricette
di saraghi e tramonti
e le tue chiome
ondeggiano virili sulla
sigaretta
salmastra dell’ultimo
timone vespertino. Perché essere qui ora, a
Milano?
Perché concedere
all’inverno
anche il tuo silenzio?
Perché aggregare il tuo
vigore
a questo lugubre, a questo
umido
enigma? Amico di noi tanti amici
ritornaci un mattino
e risalpaci la barca
ballerina
mentre dormiamo fiduciosi
come tuoi bambini,
Capitano.
1)
Posizione di attesa, nella pesca subacquea
Da “Tempo barbaro”
Vecchio con
cane
Seduti alla panchina della
piazza
il vecchio uomo e il
vecchio cane assorti
guardano al nulla della
sera
insieme al loro niente
pieni.
Poi mi rigiro
questa negativa
e temo per l’altro
di chi se ne andrà
prima.
Da “Tempo barbaro”
Sguardo
La natura, o Signore
ha impressa la tua firma.
E il mondo è analfabeta
Da “Amolore”
Alimentar catena
Affascina e strugge
tutta la ragione
tra me e gli animali.
E tra loro e loro,
un groppo in gola
Da “Amolore”
11 ottobre 2001
Forse voi non sapete
di essere diventati poeti
uomini di Nuova York.
Ho passato la notte nel
pianto.
Il dolore scavando nel
fondo l’amore. Voi non sapete
che sono diventati poeti
le donne di Nuova York.
Han passato la notte nel
pianto
con l’amore
massacrato dal loro dolore.
Voi sì sapete
di essere diventati poeti
orfani di Nuova York.
Passano le notti nel pianto
gli orsacchiotti di pezza
Da “Poesie
scelte”
Per Lorenzo
Ora il mio fiore si apre
nel tuo lungo silenzio.
Ora, che tutto tace.
Ora, che le pagine
dai salotti
riposano negli archivi di
polvere,
senza i profumi del ricino.
Ora, che gli elenchi
telefonici
utili
non danno più il tuo numero
inutile.
Non c’è più spazio
per chi muore,
né per il ricordo
o la poesia
né per nessuno.
Solo i dodici cuori
dei trecento cavalli
piangono ancora il padrone
semplice e inespresso:
li ho visti passare
sul furgone
grigio come il nero.
Li ho visti andare
al museo
o una casa di
anonimi ricchi
che hanno comprato il tuo
cuore
in liquidazione.
I ragazzi,
attratti rumorosi da forme
rosse
non ti conobbero mai.
Come è triste la tua morte! Ho voluto fermare
l’impegno del giorno
per vedere passare
qualcosa di tuo,
ma il silenzio
della città rumorosa ha
chiuso
questo
disperato omaggio tra i
leoni.
5 febbraio 1972; 7-10
Maggio 1967
Da “Emigranza”
Alchimie
Piccolo soldo in più
salvi di gioia
il povero,
piccolo soldo in più
impoverisci
il ricco
Da “Amolore”
Chiunque tu
fossi
Popi non ti puoi ricordare
tra queste stanze di un
televisore
più bianco che nero
perché fu un bidone e così
all’alba
mi costringeste a
traversare la strada
nudo.
Che belle piastrelle aveva
la tua casa elbana,
io mi stiravo nel tuo lusso
estivo
quasi ne avessi fame
trangugiandoti i succhi di
frutta
e Buscaglione ardeva la sua
arte presta
sulla terrazza assolata. Che bella amicizia mai
fiorita, la nostra.
Vedi
sono ancora qui Da “Credito d’affetto”
Altro
ultimo giorno
E ancora oggi è tornato
ultimo giorno
con un tramonto scontato
ma è ancora come quella
prima volta
della scuola e del soldato
alla vigilia di un libro
che si chiude. Domani parto. Come è buono
questo arancio
nella sera,
così mia madre
piano
e poi morì Da “Credito d’affetto”
Ancòra nel
viaggio
Mi insegue
l’angoscia
fino ai cammini del sole
bacandomi gioia.
Mi si incolla di tetro
mentre attraverso ancora
l’oceano
e mi confida miasmi
incrociando desertoche troppi spazi ho
lasciato
fra il tempo
San Pedro de Atacama,
Cile. 1996
Da “Tempo barbaro”
Al
ristorante a mangiare
E ancora
altra domenica
ad alzare il telefono e
parlare
con la moglie dell’amico
uscito a soffrire.
Solo.
Le ha detto meno male
che ci sei tu.
Così
pensiamo di andare assieme
al ristorante a mangiare,
oggi, che ho saputo
che mia madre è salva
oggi,
vent’anni dopo la sua
morte
Inedita
Stupito di
essere nato
Stupito di essere nato
tanto improbabile me
così impossibile
così privo
di ogni minima speme
impaurito al silenzio
del vuoto assoluto
attonito
all’urlo di Cesare
a un amore
ad un ritardo o a un grido
che certo,
io non sarei mai nato.
Da “Amolore”
A un
moribondo
Ogni giorno ti sfiora
il regalo non tuo
di una scatola di Natale
e la giornata è di altri
che si alzano stanchi dai
letti
per andare in uffici e
mugugni,
per poi finalmente palloni
visori,
consumi.
I vini e i sapori non sono
più
tuoi
né l’amore per fantastiche
donne
né il correre con i tuoi
amici.
Né la splendida luna.
L’estate ritorna ma invano
e l’inverno che passa
è senza di te.
Tra gli amici non resta che
polvere
anzi non resta.
Nemmeno la loro.
Quanto mi sono passati
gli ultimi trent’anni. Da “Amolore”
Questo
povero mondo
Abbiamo anche lo scemo che
pulisce i cestini,
povera Italia!
Mi dice il vicino
gagliardo del suo cellulare
senonché
stavo proprio guardando
quell’uomo
che cerca la spazzatura di
notte,
che gira tra le sue mani
gli scarti di altro uomo,
pensavo che se mai fu nato
ebbe una madre,
e avuto e dato genitori e
amore
ed apprensione, e anche
Natali
forse
e mentre penso al viso di
sua madre
cornacchia il vicino come
la pernacchia di una giostra
e dice
povera Italia Da “Tempo barbaro”
Orgoglio e
cecità
Qui gli animali e noi
siam costruiti uguali
come formine
di sabbia attaccate
unite da paure e da sogni
accomunate dal freddo
dei figli scalzi
e un nido e la paura
di un ultimo tuono.
Commossi
dal sonno di un nostro
bambino Da “Amolore”
Linda
Circondato da un muro di
piombo, io ti vorrei
parlare ed ascoltare, per
ciò che vale
più della metà di questa
vita .
Ma i cani di Pavlov ci
mordono
delle banalità della
bottega ed implacabili
uccidono quasi ogni intesa.
Poi nello stesso modo si
ripresenta ogni domani.
Eppure splendenti nuvole ed
altri sogni
continuano a riproporsi nei
miei anfratti luminosi,
e ci sei ancora tu
1990
Da “Credito d’affetto”
Solo una
impressione
Che splendido risvolto lo
stare ancora bene
invece che all’ospedale
dove
così epidermicamente al
cospetto di Dio Da “Tempo barbaro”
Ragli
Detesto quella schiera
di poeti e loro amici
che per posa
od una povertà, scrive
blasfema
ora incomprensibili
versi, ora sgradevoli
ragli (e porgo la mia stima
all’animale illustre
e amato).
Da “Tempo barbaro”
Sospetto
Sono circondato da me
stesso
con mille orecchie tese
nell’ascolto
senza sapere
se sono mie Da “Tempo barbaro”
Silenzio,
cibo primordiale
Voglio silenzio!
Ho zittito questa radio
perché basta rumori musiche
e parole!
Giungono sguaiati
disgusti e indigestioni.
Voglio silenzio! Così sdraiarsi e guardar
cielo
zitta vertigine
per rivedere attonite le
stelle
in silenzioso cristallo per potere ascoltare
il battito delle nostre ali
il batuffolo del pulcino
un altare
un incenso. Brezza, resta discreta
non vociare il tuo canto
rimani
nel profumo del narciso
perché qui io vorrei
solo silenzio
Da “Tempo barbaro”
Roma
Entusiasmarmi di te
dei tuoi salotti adorni
e i tuoi velluti
e l’opulenza vissuta e
statuaria
delle tue case.
Avevo quindici anni e tu
diciotto
trapunti di gatti siamesi
e di allegrie
lascivi godimenti
piccoli peccati
e amori.
Come adoravo visitarvi
rilasciando le mie membra
sparse
colmo di ascolto
e suggestione in te
Giuditta
e Nicola e tu Campigli ed
altre bande,
che io pendevo da bevande
astruse
e quei manicaretti,
che d’anno in anno
cambiavano
a seconda delle donne e
quelle
circostanze e amanti
che tu avevi.
Rossa emozione
attesa logorante
fame di tanto appetito.
Come ancora vi vedo
qui
tra questa sera
Da “Amolore”
Svanire
Ripetere un gesto in un
luogo
nel cercare un ricordo
come tornare nel cinema.
Ma quel film non c’è più. Da “Credito d’affetto”
Romolo
Ho indugiato più a lungo
in istanza stamane
ingannandomi il tempo
troppo aperto per il tuo
funerale.
Che sei vivo da tutta la
vita
da sempre la vita
e durante le sere di
inverno
scivolano amici nel gorgo
dell’asprissima dolce
palestra e sei vivo
immergendoci fuori del
mondo
tu signore indiscusso
del tuo spazio profondo
e vulcanico
e schivo.
Ma resta
il tuo spirito antico.
Che brucia.
Riappare
nel mio corpo di allora
uno scherzo
che ride in un plesso
solare.
Milano, 10 novembre 1998
Da “Amolore”
Pensando a
te malgrado
Quando ritorno sulle strade
antiche
mi si rinnova il fluido che
è passato
e rimpiango l’amore.
Qui l’Appennino verde
scorre e tace
e la toscana porge una
collina
etrusca di casolari. S’alza gaio
dolce pino marittimo
contro il cipresso
e mi costringe
a rivolere andare,
a ritornare,
a riprovare a amare
Toscana, 1997
Da “Tempo barbaro”
Idi di
Marzo
Se non dovessi essere
che soltanto io
incendierei il fuoco col
mio cuore
e smetterei di ascoltarmi.
Se non dovessi essere
che soltanto io
salterei giù verso il cielo
e riuscirei a volare.
Riproverei poi a nascere
e poi a crescere
e vivrei prima da saggio
e poi ottant’anni
da giovane signore.
Se non dovessi essere
che soltanto io
proverei a fare un giro
sulla vita di un Cesare.
Ma le Idi di Marzo
siamo soltanto io
dietro la via. Da “Credito d’affetto”
Sonno
Andiamo a molla
come un tamburino
e di notte
il Signore ci avvita.
Da “Credito d’affetto”
Un vecchio
padre
E non è che domani
con il sole
si potrebbe alzare guarito
dalla vecchiaia Da “Credito d’affetto”
Macinando
lavoro quotidiano
Di banco in banco
muovo il tratto nel torneo
di questo pane quotidiano
e incastonato in finestre
campigliesche
scelgo la mossa e vado,
spostandomi il destino
sul foglio di domani Da “Credito d’affetto”
Elogio di
un’incoerenza desolata
Una incoerenza si sposa
tra sentieri limitrofi
splendida dei miti confini
che disseminano a volte
la nostra mente
Inedita
Brezze di
agosto
Madre oggi ancora
come se io dovessi
all’improvviso
preoccuparmi di nuovo
delle tue carte
e questo caldo
che soffri a Milano.
Ancora
la tua presenza
ed io prendessi ora il
telefono
e chiamassi
il tuo numero antico.
Brezze di Agosto
Da “Amolore”
Osservato
Mastico dolce
l’amara liquirizia
svincolata dal tempo.
La bottega scura fronte a
scuola
con le mentine e le
stringhe arrotolate
avvolto candido dal
dopoguerra. Il gusto e i profumi
mi danno compagnia questa
mattina
dall’interno di me
molto osservato
Da “Amolore”
Magico
amore
Albero di Natale, amico mio
fresco ricordo di una
nebbia
una fragranza di resine e
gli anfratti
di lucide mattine.
Ah se potessi tornare a
vedere così
con i miei occhi
ed il sapore e il mosto
non si fossero persi
e la mia sera sapesse
ancora
assopirsi in giochi ed
illusioni.
Allora
disperso nel mio letto
immenso
intiepidirmi di sogno
e tra di me
ma lievemente
dormire
Da “Amolore”
Prima di
partire, Europa
Siamo una stirpe antica
ora che sto lasciandoti
malato di te.
È la terra
vecchia e stanca,
ma rimpiangerò
le tue rughe
una sera.
Come i padri antichi
mi unisco ai pionieri
candidi di sole.
Qui anche il sole.
è stanco. Per questo
ti lascio,
per i figli che crescono
voglio trovare erba
e sorrisi.
Ti lascio
Europa
forse ingrato.
È piccola cosa
lasciarti ma sappi
che ti voglio bene.
Te ne avrei voluto
di più,
ma così malata di uomo
devo
lasciarti.
13 aprile 1979
Da “Emigranza”
Haiku
Il fiume
fermo
contava le stelleInedita
Vago un
ricordo
Sonni prenatali
luci viola mentre eravamo
là.
Il rosso ameno carezzava il
silenzio
e la placca della realtà
ci confortava mollemente
senza l’impegno del giorno.
Ed ancor prima di allora
vagando per l’universo
mi capitava di parlarne con
la luna
e la nota assolata
vagheggiava sui lupi.
E scivolando mollemente tra
i pianeti
la goduria ancestrale
minacciava i nostri
pensieri.
Chissà se e quando
saremmo mai nati
Da “Credito d’affetto”
Forse
Forse sempre
ho voluto
essere vecchio, per
lamentarne
delle conseguenze.
Forse essere vecchio
sempre
io sono stato.
Come un bambino. Forse il centro della vita
mi è mancato
forse
non ho amato,
forse troppo
ho amato.
Forse
le cose più belle sono
quelle
che non sono state.
Rido.
Ma infine
piango
la terribilità della vita Da “Poesie
scelte”
Ed il resto é…
letteratura?
Preoccuparmi del prima e
del dopo
ma è chiaro
non cambia mai nulla
in questo lunghissimo
mondo corsaro.
Te lo ripeto amico
da che sei partito
ed anche stasera,
la piazza ha quel Sole,
e quel fumo,
ed un uomo dispera,
e una donna gioisce,
la vedo in strada,
un cane guaisce,
una rondine incrocia una
rada.
O antico Nonno
in questa contrada è
cambiata la casa
ma non la commedia
dell’alternarsi del sonno.
Le genti non sono mutate
non ha molto senso
accanirsi a restare
più a lungo
per paura di un futuro più
denso
epurato delle nostre acque
amate.
Anzi forse nel fondo
la Commedia Divina
dovrebbe
durare soltanto
il tempo di un amore
profondo
Inedita
Andromeda
Le mucche insistono
assurde
ed implacabili pascolano
su questo prato
dopo dei secoli di
macelleria
Sempre le stesse. Ognuna.
Ho controllato di persona
io
le loro impronte digitali. Guardare negli occhi
e saperlo. E tu uomo sei me. Neppure il mondo che
esplode
ci darebbe la fine. La nostra eco
rifiorirebbe ancora
nei giardini di Andromeda
Inedita
Possesso
Abbarbicarmi con la pancia
al mondo
come una piovra allungata.
Attorno. Con le dita
che si toccano dall’altra
parte.
Perché io raggiunga
con il petto l’amico che
sta
lungo la costa dietro
a quel capo dove c’è
Francia.
Ma ch’io trattenga anche
all’ombelico una Milano
con la sua grigia fierezza
e qualche fronda.
E la caviglia orfana
richiama
sanguigna la lontananza
del Sudamerica.
Inedita
Mia città Milano
Giro stasera per Milano
da sessant’anni io qui.
Rivedo troppi tutti quegli
incroci
e quelle case e i muri
vissuti e visti ognuno
come una foto pregna
di alberghi e di radici e
vini
di annata.
Passo lento nell’auto
solitaria
e guardo e ti ascolto
o archivio intenerito.
Che insisti, mi ridici
qui di una madre, là
di un incidente o un viso
od una storia di bimbi o
una finestra
piena di pioggia
o un sole, un ossario, il
cane,
una scritta un professore
un libro di testo un giradischi spento un disco caduto,
spezzato, il profumo di un
latte bollito.
E ad ogni incrocio io
attendo
beffardo
per sapere una cosa
per sapere un chi.
Quanto sei piena o casa,
o mia Milano,
di così tanti pezzi
così tutti chiusi in me
soltanto.
Inedita
Curva Grande
Nell’esse dietro di
Fiorano
dopo il tornantino
così come al curvone a Vallelunga
oppure molto solitari, giù
nel fondo di Monza
in quel curvone,
a godere
delle pennellate
Leonardesche
che tanto hanno riempito
di conforto e di sole
quel nostro geometrico
entusiasmato cuore.
Inedita
Peccato, che se ne
andò la vita!
"Lastima, que ya se fue' la
vida!"
Disse alto a nessuno
o alla sua tromba alzata
Daniel Lencina,
improvviso, al mio fianco,
dietro all'applauso vitale
che rovista ancora
nella malinconia.
Lastima, que ya se fue' la vida!
Questa frase si incolla
ai miei giorni di sole e la notte
mi sveglia col suo triste lirismo
e mi costringe alla luce,
alla carta, ad una archiviazione.
Che nota Daniel, che grande assolo,
ho colto io soltanto
solo
tra lo scroscio ebbro,
da te.
Santiago, Meson
Nerudiano,15 Dicembre 2006
Inedita
Vietato vivere
Focacce pizze bomboloni
e
duri di menta
sulle spiagge del Forte
del cinquanta.
Eran focacce unte e ben
salate
strepitose
come la crema (forse
maldestramente) al sole
fantastica
del bombolone fritto
caldo
con tanti zuccheroni
addosso.
Ora tutto vietato.
Che grazieadio
ancor stanchi della guerra
nessuno
aveva inventato
colesteroli, sali, fritti
o esposizioni al pubblico,
o trasporti e
confezionamenti,
la norma,
gli articoli,
la UE.
Né esistevano,
finiti ormai i
bombardamenti,
crisi di panico Inedita
I compiti
Il compito, mamma,
i compiti, i compiti.
Tutta la vita coi compiti.
Compito di matematica ti
odio.
Non ti voglio capire.
Compito di latino che
rottura
che cosa ingrata
che orrida sceneggiatura.Ma vai fuori fai qualcosa
non restare sui quaderni
a buttare
via le giornate senza
fare,
a guardare nel vuoto
ed allora piuttosto
vai fuori a giocare!
Compiti poi militari
poi aziendali
compiti in classe compiti
sulla piazzuola
compiti a casa
magari in terrazzo
compiti di solfeggio
compiti con la ramazza,
compiti al supermercato
compiti fini sei Direttore
sei Presidente sei
Consigliere Delegato
a star di corvé
sopra il caldo selciato
o a guardare dei cessi
gelato, alle latrine,
pelare patate nelle
cucine.
Compiti in casa compiti
fuori.
Compiti eterei né dentro
né fuori.
Studiare allenarsi
aggiornarsi
prostrarsi fasciarsi,
disinfettarsi lavarsi
asciugarsi
rasarsi spogliarsi
vestirsi
rialzarsi sforzarsi
piegarsi,
star su dritti, darsi un
contegno, esser cortesi,
masticar piano la
bocca chiusa, tacere
abbozzare, non sbrodolare
rispondere a tono
stare in campana.
Grande panzana.
Ora
fermare
soltanto a guardare
a toccare, a sentire,
nell’aria nel vento
in un pallido vino
bocconi su un prato,
il saggio saltare di un
saltamartino
|