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Dalla Sicilia alla Francia nell’Ars Poetica di Pietro Nigro

Isabella Michela Affinito, poetessa frusinate, è una instancabile scrittrice, e ne è una ennesima dimostrazione il recente saggio sul poeta siciliano di Avola, Dalla Sicilia alla Francia nell’Ars Poetica di Pietro Nigro. La copertina del volume è illustrata da un ritratto della Torre Eiffel della Nostra, a comprova della sua passione per l’arte nelle molteplici forme, e come raccordo con il titolo dell’opera. Opera, questa, dedicata a Gabriella Nigro (1967-2014), figlia dello scrittore siciliano, prematuramente scomparsa, con la quale la Nostra condivide l’anno di nascita; più avanti apprenderemo che la giovane sposa e madre ha lasciato orfani due maschi ancora ragazzi.

Nella prefazione, Giuseppe Manitta, caporedattore del Convivio, sottolinea bene come i rapporti letterari abbiano “la capacità di costruire una solida conoscenza ed amicizia” poiché a volte nascono affetti, come in questo caso in cui emerge la coerenza tra l’uomo e lo scrittore, onesto, in un equilibrio volto alla ricerca della conoscenza sotto la spinta metafisica. In ogni caso è la stessa Autrice che spiega, nell’Introduzione, l’origine del presente saggio, indicandola nella ragione di riunire tutte le sue trenta recensioni precedenti vergate sul Nigro, completandone la raccolta con un’intervista di trenta domande e un’interpretazione astrologica del suo tema natale; altresì si dichiara ammirata per la vasta erudizione del poeta, saggista, critico Pietro Nigro.

Il volume offre possibilità di conoscere e approfondire ulteriormente la figura di Pietro Nigro, su cui più volte ci si sofferma nelle indicazioni biografiche, come è naturale che avvenga in una raccolta non nata preordinata. Le recensioni sono accompagnate dalle copertine dei libri di riferimento; per la precisione, le opere recensite, quelli di cui autore è Pietro Nigro, sono in numero di venticinque, riguardanti poesia, teatro, critica letteraria e d’arte; e sono due i titoli di cui il poeta-scrittore è oggetto di critica. Inoltre una ventina di foto ci portano nella vita del Poeta.

Pietro Nigro è nato nel 1939 in Avola, nel Siracusano, ma da molti anni risiede nella vicina Noto, nella stessa provincia barocca; figlio di famiglia benestante, ha ricevuto una formazione di tutto rispetto, nei sani principi, ha avuto la possibilità di viaggiare e di fare esperienze anche di lavoro per aiutarsi nei soggiorni in Francia, ma solo di un mese. Laureatosi in Lingue e Letterature straniere nel 1962, discutendo la tesi su Paul Valéry, poeta francese, che terrà come faro per tutta la vita. È così che in giovane età è stato docente di allievi quasi coetanei. Beninteso dopo la quiescenza, all’età di cinquantadue anni, la sua attività letteraria ha avuto un impulso maggiore.

L’intervista di Isabella Michela Affinito consta di trenta domande e relative risposte, non si limita a semplici interrogativi e a brevi chiarimenti, è una sorta di piacevole e dotta conversazione, tanto che si sviluppa per cento pagine. Si tratta di argomenti che spaziano dalla biografia del giovane Pietro Nigro ai giorni nostri, con soste sulla storia della Sicilia antica, dei luoghi in cui ha vissuto, della grecità che ha respirato, dei grandi personaggi da Eschilo venuto in Sicilia (si crede che sia morto a Gela) e Platone venuto più volte a Siracusa; ai nostri Pirandello, Quasimodo e altri. Argomenti di ampio respiro che trattano di personaggi che appartengono alla storia della letteratura e della storia dell’arte di tutti i tempi e di altri Paesi che hanno lasciato un’impronta.

Un’intervista che assomiglia a un vero e proprio saggio; è impegnativa per il lettore che non sia dedito a codesti temi, ma ha il pregio delle descrizioni che sembrano farci assistere ai viaggi e alle visite tra la Sicilia e la Francia, come il titolo promette, dello stesso poeta avolese: la Parigi con Montmartre e Montparnasse, i musei, i grandi artisti. Si ragiona delle amicizie fra artisti, in particolare tra pittori e poeti ricordandone aneddoti; solo a citarne i nomi occorrerebbero molte pagine.

Quanto alla trattazione zodiacale del tema natale, in chiusura, non sono grande estimatore dell’argomento. In ogni caso abbiamo materiale che ci aiuta nella comprensione dell’humus leopardiano che pervade il Poeta, caratterizzato dal rimpianto. Certamente non basta appartenere allo stesso segno zodiacale, quello del Cancro, per accomunare Nigro a Leopardi; argomento che mi ricorda le ricerche araldiche, ove tutti troviamo origini illustri. D’altronde è lo stesso Nigro che dice di non sentirsi un “Giacomo Leopardi redivivo”, spiegando che: “Ogni essere umano segue il suo percorso e può scorgere delle similitudini con altre persone vissute.” (p. 124); e più avanti dirà: “In arte quello che conta è mettere in primo piano i valori universali ed eterni; non contrastare, il più delle volte per convenienza.” (p. 182). Potremmo fermarci qui, ma credo torni utile dare una scorsa alle sue opere per una verifica.

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L’esordio poetico di Pietro Nigro risale al 1982 con Il deserto e il cactus, di cui l’esegeta Isabella Michela Affinito commenta che le due voci rispecchiano la solitudine e la resistenza, entro cui si stabilisce il rimpianto del Poeta per la perduta classicità greca della Sicilia. Segue la raccolta di Versi sparsi risalenti al periodo 1960-1987, pubblicata nel 1988, di chiara ispirazione simbolista sulla scia del suo poeta ammirato Paul Valéry; che lasciava libertà versificatoria; nel caso del Siciliano, abbandonando la rima cuore-amore, denunciava l’inquinamento delle raffinerie petrolchimiche (lo scrivente ne ha esperienza). Miraggi del 1989, segnano l’aspirazione del Poeta di un recupero del “regno poetico” che sta nel Sud del mondo, non solo negli orizzonti della sua Trinacria, infrangendo la barriera del tempo in cui vengono accomunati poeti siciliani del passato.

L’attimo e l’infinito del 2016 (due recensioni), è la silloge che gli fa rivivere l’aria respirata a Montmartre, il quartiere parigino frequentato da pittori squattrinati vissuti alla bohemién, divenuti famosi; abbiamo riflessioni sull’infinitesimo di tempo che “la memoria non fa in tempo a catturarlo” come scrive la Nostra, e sull’infinito come una circonferenza senza punti di partenza e di arrivo nella metafora come l’amore grande e le morti che si perpetuano per mani assassine (vedi l’attentato dinamitardo agli Uffizi di Firenze ad opera della mafia, nel 1993). Alfa e Omega del 1999 (pure due recensioni), come il fiume che nasce e va a morire nel mare, si legano al “tempo”, considerato il perno o alla francese il pivot, della vita di Pietro Nigro e di tutti; il Poeta commenta che i sogni non bastano, sono “inganni pietosi e fedeli”.

Si aggiungono Altri versi sparsi del 2001, risalenti al 1963-2000, la cui copertina richiama al Poeta e alla Nostra, i notturni privilegiati da Vincent Van Gogh, ma a differenza del pittore olandese il Nigro interloquisce con la notte per indagare sul mistero “irrisolto” e cercare una luce, così rivolgendosi: “Il tuo silenzio mi sia guida / verso la porta di un tempo / dove statici dimoreranno / il mio pensiero e le passioni umane.” Riverberi e 9 canti parigini del 2003, è raccolta con testo francese a fronte, che ci riporta a Montmartre e agli artisti amati, impregnata di un senso di umanità toccante, una speranza per risollevare gli animi. Astronavi dell’anima del 2003, rappresentano “la memoria collettiva dell’umanità intera” per dirla con l’Autrice, in cui il Siciliano invita ad affondare le radici.

Pietro Nigro fin dall’adolescenza ha nutrito la passione per le arti in argomento di palcoscenico, teatro, composizione ed esecuzione musicale; quindi, considerandone la preparazione, la mente brillante e lo spirito creativo, abbiamo opere date alle pubblicazioni nel periodo 2005-2019, che vanno sotto il titolo di I Preludi, in sei volumi (Pensieri, Racconti, Canti dell’adolescenza). In questi scritti giovanili, per esempio, l’Autore offre una dissertazione su Giacomo Leopardi su cui Isabella Michela Affinito commenta che rappresenta “quasi una proiezione di se stesso nelle opere di colui che in vita conobbe il disincanto, la lotta estenuante con la propria indole malinconica e schiva, la freddezza dei genitori, la trappola della natura bugiarda” (p. 54). Nel vol. II prende in esame il celebre compositore tedesco Ludwig Beethoven (1770-1827), spirito osservatore, “sfortunato” per via della sordità prematura che tuttavia non gli impedì di comporre capolavori come l’Inno alla Gioia, divenuto motivo musicale dell’Unione Europea. Nel vol. III tratta di una commedia, “sulla falsariga” del Goldoni, Atto unico, ambientata nel barocco francese, storia di due innamorati ostacolati dalle famiglie. Nel vol. IV abbiamo pure qui teatro, “sul vago stile della beat generation”. Il vol. V raccoglie la corrispondenza del periodo universitario a Catania 1957-1961, inclusi i viaggi in Svizzera e in Francia, soprattutto con la famiglia in cui dà resoconto sulla propria quotidianità. Infine nel vol. VI abbiamo una “commedia di genere realistico” in cui una donna muore di dolore per la espulsione del figlio dall’Istituto Magistrale, insofferente, forse per essere stato troppo vessato; abbiamo considerazioni di carattere pedagogico-comportamentale; tuttavia lo studente, con un successivo consiglio dei docenti, verrà riammesso.

Paul Valéry (1871-1945) del 2009, nato poeta con indirizzo simbolista, ha percorso vasti itinerari della saggistica, della critica, della filosofia e della linguistica; questa vocazione all’indagine “lo portò allo studio per la matematica e alla stesura del saggio sulla figura poliedrica dei Leonardo da Vinci”. Canti d’amore (1963-1995) del 2011, in copertina la Metafisica di Giorgio De Chirico da cui trae ispirazione, canti dedicati alla moglie Giovanna, che non appare, ma che risulta la musa ispiratrice, per una natura che si fa tutt’uno con il poeta Nigro. Il tempo e la memoria del 2016, suddivisa in quattro parti quanto gli stili versificatori di poeti stranieri cui si avvicina e su cui la Nostra si sofferma, naturalmente, mettendone in risalto le differenze.

Pietro Nigro, a dimostrazione della sua versatilità e passione, pubblica nel 2005 il vol. I di Sintesi di storia della musica; da giovanissimo fu autodidatta suonando il pianoforte e componendo brani classici e pop. Segue la serie di cinque volumi di Notazioni Estemporanee e Varietà del periodo 2007- 2019, riflessioni di vario genere, dalla politica alla letteratura, come sul girgentino Luigi Pirandello; nelle vesti di critico d’arte nelle mostre, in particolare, del cognato Giovanni Iurato; riflessioni comprendenti versi, canzoni e musica, adattamento di una rappresentazione sacra del Duecento; pensieri, in particolare volti a sondare l’animo umano anche di altre epoche e di altre culture; infine nelle sue esplorazioni considera la nascita dell’amicizia come “dedizione verso le parole altrui” come giudica Isabella Michela Affinito. Si pone di continuo interrogativi, come ne La porta del tempo e l’infinito del 2017, su temi irrisolti, dinanzi al lutto per la morte prematura della figlia, rimane senza risposte.

Il poeta di Avola viene fatto oggetto di critica, così lo vediamo ne Il significante stupore dell’esserci, indagine critica di Fulvio Castellani del 1999; nell’Antologia critica delle opere di Pietro Nigro da parte di Autori Vari, del 2015 e in un secondo volume aggiornato nel 2018, che ne “delineano il profilo autentico”. Ma continua nella sua attività di pensatore con Metafisica del tempo e dell’amore del 2018, in cui si sofferma in profonde considerazioni facendo una ricostruzione del proprio vissuto.

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Non nascondo di associarmi al progetto delle raccolte di tal genere, soprattutto per non vanificare il sudore speso degli stessi operatori o artigiani della scrittura; progetto che, fra l’altro, sembra produrre linfa che irrori lo spirito di nuova creazione o inventiva, tanto a chi lo realizza, quanto ai soggetti considerati. Nondimeno devo commentare che alcuni vivono il proprio status di scrittore o di poeta (ambo i generi), nell’autocompiacimento, forse senza rendersi conto che gli applausi ricevuti sono dovuti a persone che si spendono per loro senza nulla aspettarsi e facendo accrescere la loro reputazione, come spesso succede anche per i prodotti commerciali e di moda; e, diciamolo pure, a volte avviene che la recensione o il saggio siano vera e propria opera creativa.

Veri umanisti si rivelano le persone come la nostra Isabella Michela Affinito che ci ha accompagnato nel viaggio del poeta di Avola; nelle sue recensioni aggiunge sempre un quid alle opere esaminate, che diventano esemplari arricchenti. Sempre puntuali sono gli accostamenti e le analogie con altri scrittori, poeti, pittori e artisti. Restituisce a noi lettori un Pietro Nigro intento a sondare l’invisibile, nello sforzo sovrumano di abbattere le barriere del tempo, dello spazio, dell’animo umano, sia quando si abbandona al canto d’amore, sia quando sprofonda nelle riflessioni.

I nostri due autori possono accomunarsi per l’intensità del sentire l’Arte, per l’amore verso la cultura, la purezza e l’onestà di sentimenti che solo animi nobili sono capaci di esprimere e di comprendere. Isabella Michela Affino ha avuto la sensibilità di comprendere che il ‘deserto’ del Nigro “è fatto di sovrumani sforzi d’un intero popolo per uscire dalla sicilitudine, come scrisse Leonardo Sciascia” (p. 23). Il poeta avolese si rifugia in essa per una ricerca interiore a differenza dei molti che la soffrono anche se stanno fra la gente nelle metropoli, nelle sale cinematografiche, nei teatri.

Da parte sua Pietro Nigro, per la funzione svolta di docente, giudica che l’arte richiede di “donarsi senza chiedere nulla, credere nei valori che essa esprime: non sterile svago, non ipocrito strumento per soddisfare la propria megalomania; ma arma di denuncia…” (p. 89). La Nostra rammenta i sacrifici e le spese che comportano pubblicazione e diffusione delle opere. Lo scrivente ha cercato di fare la propria parte, sperando che la presente riflessione torni utile, al lettore, per restituire i due Autori entro il loro profilo umano e letterario.

Recensione
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