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Roma delle distanze

Gian Piero Stefanoni è nato a Roma nel 1967, laureato in Lettere moderne, vincitore di diversi premi. Roma delle distanze è la sua quarta raccolta. Sandro Montalto in quarta di copertina asserisce trattarsi di una continua preghiera che sa di supplica e di ringraziamento, essenziale nelle sue espressioni, afferma che la voce del Nostro è l’invito a vivere amando veramente il prossimo.. Dedicato ai nipoti e alla sorella Ginevra, scrive in esergo: “Non a noi, Signore, non a noi, ma al Tuo nome, da’ gloria” (da Salmi 115,1) e “Qui Tutto ci ama perché Tutto ci ha visto soffrire” (da Oscar Vladislas de Lubicz-Milosz).

La raccolta si compone di sette sezioni: Di ieri, Prima dell’arrivo, Olimpica, Ut unum sint, Oppidum, Umana regina, Dalle distanze; prende ispirazione percorrendo le strade della sua Roma; ma non si tratta di un itinerario turistico. Chi conosce la città riesce meglio a seguire tutte le varie indicazioni stradali; ogni luogo diventa testimonianza di un percorso religioso, di cultura, di arte, intimo delle proprie memorie. Poesie ricche di immagini, di simboli, che magari sfuggono ad una prima lettura, ad un turista di passaggio, ma non ad un pellegrino dell’anima, come il Nostro.

Il Poeta innalza un canto al Creatore, mi pare che lo faccia in modo sommesso; ritrova in ogni luogo un ricordo che lo tiene legato agli affetti propri o anche alle sorti umane nel consesso sociale che ci vede stretti, ammassati, l’un l’altro, ma nello stesso tempo ci vede lontani, sempre in antagonismo, come nemici. Così in apertura, in ‘Via Giulia’ il suo pensiero è rivolto a Dio: “Questo cuore che batte per Lui | con le nostre povere opere umane.”; un modo di salutare la giornata, come farsi il segno della croce al risveglio.

Gian Piero Stefanoni, altrove, accenna a luoghi esteri, come a Tel Aviv, per ricordarci di aprirci al mondo, ai fratelli sconosciuti, ai vari luoghi laici. Rassicurando Annamaria e Alessandro, sempre con riferimento a Dio, che non si può fare a meno della propria Musa: “Un giorno senza poesia | ma poi col primo colore | la prima figura ti assale,” (pag. 35). Quando i pensieri ci assalgono ci rifugiamo in quelli più cari, specialmente delle persone venute a mancare come all’immagine del padre Arrigo che riposa a ‘Prima Porta’, il cimitero romano in periferia della città.

Abbiamo detto che ogni luogo gli parla, così è per la via Olimpica, una delle strade di lunga percorrenza che conduce fuori Roma; da lì incamminandosi in Via Ozanam, trova la moglie Anna, al numero 6; affidandomi alla memoria, non mi pare che aggiunga molto, ma mi immagino il fulcro dei suoi affetti, che si estendono ad Alessio Alessandrini, a Ettore e Remo. Alcune citazioni richiamano Gesù del Vangelo, come: “Quello che avete fatto al più piccolo | dei miei fratelli lo avete fatto a me”, oppure: “Tu vuoi, Signore, che la nostra casa | sia insieme, e adesso nell’amore | per cui ci hai creato perché questo è | bello e soave, perché in ognuno | si veda anche l’altro.” (80, Ut unum sint). ‘Oppidum’ ( se non comprendo male) è il cuore dell’antica Roma, luogo, fra l’altro, romantico, ideale per sognare l’Umana regina del suo cuore.

Recensione
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