Variazioni sul tema
Per amor di parola
L’ultima fatica letteraria in ordine di tempo di
Paolo Ruffilli, Variazioni sul tema, sembra scaturire
direttamente dagli “Appunti per una ipotesi di poetica” con cui si conclude il
precedente Natura morta. Dopo l’esegesi raffinata e completa condotta
dallo stesso autore sul proprio lungo percorso poetico sembra difficile
aggiungere qualcosa ancora senza tradire una forma chiara e definita pur nel suo
continuo mutare.
Alle metamorfosi del linguaggio Paolo Ruffilli
affida i cambiamenti più sottili dell’animo umano; così parole essenziali nel
lessico e dense nel significato traducono quei mutamenti, trasferendoli,
visibili e terreni, nella forma del racconto poetico. La limpida stesura ci fa
intravedere l’amore e la cura con cui il poeta maneggia il proprio lessico. Uno
stile, che il verso settenario rende volutamente scarno e sostanziale, isola la
parola in uno spazio quasi metafisico e all’apparenza lontano dal tumulto delle
passioni che, irrompendo fragorosamente nel verso, potrebbero inquinare
un’atmosfera in cui il tempo sia stato bandito e tutto scorra in un
presente atemporale.
A questo effetto concorre anche un sentimento ben
presente nella tavolozza poetica di Paolo Ruffilli: una feconda solitudine
capace di offrire accesso alla riflessione, alla meditazione e al vivaio fertile
in cui far crescere i fiori sottratti all’invisibile dai poeti. Le “sue” parole
si estendono in quello spazio solitario che non è mai assenza o sospensione di
reale e là godono di una musicalità che echeggia a tratti il ritmo delle ballate
e di pause brevi e lunghe con cui il poeta le difenda dall’affastellarsi dei
concetti. E quando non si sottraggono al languore, alla tristezza di un ricordo
o alla dolcezza della lievità aprono la mente ad immagini arcaiche in cui
riconoscere la profonda essenza della vita e della poesia.
Lo studio delle filosofie orientali, cui Paolo
Ruffilli ha affidato parte della sua formazione, gli ha confermato che il
segreto per conoscere il mondo non alberghi nei massimi sistemi, ma abiti
piuttosto i cerchi ristretti del vicino dove una parola lo possa condensare
senza distrazioni planetarie. Così affida al vocabolario del viver consueto la
possibilità di accendere panorami interiori ed illuminare le vicende con il
lampo di un’intuizione.
Legata al morso / dell’attesa / senza
presa, tra / noi, d’un discorso / L’altro capo / del filo che mi tira /
la forza di un percorso / senza uscita.
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