Inquiete indolenze
L’antologia di poeti “Inquiete
indolenze” curata dal poeta Raffaele Piazza, è già nella consonanza dei due
termini, un’efficace e implicita indicazione di ciò che il lettore può
attendersi: inquietudine e indolenza sono le contraddizioni programmatiche
dell’attuale polifonia delle più svariate tendenze dei poeti antologizzati.
Niente è meno riconducibile
all’ordine e alla disciplina di un preoccupante main stream collettivo, tra le
diciotto libere avventure individuali che l’antologia “Nuovi fermenti” ha
proposto.
Fermenti Editrice (ferm99@iol.it)
2017 ha al suo attivo anche narrativa e teatro. La connotazione più specifica,
indicata dallo stesso Raffaele Piazza nella sua introduzione, è un dato
fondamentale dello “scrivere per se stessi”, riconoscibile per una
caratteristica che ha attraversato ogni letteratura non ideologica: la
scrittura per se stessi è l’unico e forse l’ultimo luogo abitabile per l’essere
umano costretto all’ultima prova di sé, quella di “esserci” ma anche il suo
estremo “messaggio in bottiglia”.
Quanto scrive Piazza
nell’introduzione: “La pratica della poesia come uscita di sicurezza (forse
un’eco del romanzo di Silone?)dall’edificio della vita di ciascun poeta come
cittadino del proprio tempo” è da sottoscrivere, soprattutto nella sensazione di
essere individui costretti talvolta in un edificio-mondo più adatto ad un
soggiorno obbligato che ad una residenza liberamente scelta. Infatti, conclude
Piazza, “ogni possibile conclusione risulterebbe vana nei nostri tempi
d’inquiete indolenze”
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