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Poesie scelte
La maggior parte delle
sessantanove composizioni inserite da Duccio Castelli in Poesie scelte
(Libri Scheiwiller, 2005) sono tratte da quattro sue precedenti raccolte
pubblicate negli anni ´90: Emigranza, Credito d’affetto, Tempo
barbaro, Amolore.
Il libro non è diviso
in sezioni e le poesie, nonostante non siano tratte da un’unica raccolta (il
lettore che lo desidera può, però, informarsi da quale di esse provengono nella
Nota a pag. 89), si susseguono armonicamente rivelando che, nell’arco di
un decennio, lo stile del poeta è rimasto pressoché invariato e che la sua
sensibilità poetica è stimolata prevalentemente dai ricordi e dalle emozioni
provate nel corso della propria esistenza. Infatti, ricordi di persone e animali
amati da Castelli affollano i versi (Stanza della figlia, Kitty, Cupo
gioco di prestigio, Il gatto Nero, Graziella mia madre, ecc.)
intrecciandosi di frequente con riflessioni sul senso della vita e
sull’inesorabile scivolare via delle sue stagioni, consumate dal tempo. A volte
basta un piccolo dettaglio per richiamare alla sua mente i momenti condivisi
insieme a ognuno di essi, colorando di nostalgia il presente: «Dove sono
nascosti / i visi dei miei bambini? / Non mi appaiono più da quella porta / della
stanzetta coi giochi, / il loro viso è cresciuto in adulto / amato di giorno in
giorno. / Ma loro?» (Cupo gioco di prestigio); «Sono con te punto nero / e
ti ricordo. // Nessuno può dire / il mio profondo amore. // Gli anni si sono
sgranati / e la tua lunga vita / si è chiusa tra le mie mani. // Il tuo vuoto mi
morde / negli spazi deserti, / la tua cuccia e la tua / acqua in cucina. // Il tuo
collare nel mio cassetto / ha ancora il tuo odore» (Il tuo collare).
Il poeta, in alcuni
testi (E ne ho visto il futuro, Milano, ecc.), rievoca anche
profumi e particolari di luoghi visitati o in cui è vissuto non senza una certa
dose di malinconia, scaturita dalla consapevolezza che col passare degli anni
tutto cambia, non solo i tratti fisici delle persone ma pure l’aspetto delle
cose, modificando piano piano la realtà in cui siamo immersi. Ha, infatti,
sperimentato personalmente e con sofferenza che la perdita o l’allontanamento di
amici, familiari, animali, ai quali si è donato affetto e da cui si è ricevuto,
possono cambiarla. Sa bene inoltre che la vita viene fagocitata dal tempo e
spesso si sofferma a riflettere sulle sue sfaccettature (non solo negative, ma
anche positive come fa ad esempio In la splendida vita, dove scrive dei
momenti felici che l’amore può donare) e sulla morte che inesorabilmente giunge
a spegnerla: «La gente ride e anch’io / ma insistente torna della notte / paura di
morire / sicuro di lasciare / parola non detta / e fiore nel bicchiere / angosciato
di assenza / della nostra acqua» (Paura).
Quasi con pudore, in
poche, brevi composizioni, svela pure l’importanza della fede nella propria
esistenza: «La Natura, o Signore / ha impresso la tua firma. // E il mondo è
analfabeta» (Sguardo).
Nelle sue poesie,
dunque, Duccio Castelli parla del proprio passato e comunica il suo sentire e la
propria visione della vita con limpida sincerità e con parole mai banali o
superflue.
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Recensione |
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