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Quattro racconti di NataleGianni Ferraresi nei primi due dei Quattro racconti di Natale rievoca sia l’atmosfera bellica sia quella natalizia che respirava durante l’infanzia, mentre negli altri due narra episodi riguardanti la vita dell’Apostolo Pietro. In tutti e quattro, però, si avverte quanto siano vivi nell’autore i valori religiosi, l’amore e il rispetto per il prossimo.
Nell’estate del 1944, a causa dell’avanzare degli anglo-americani dal Sud verso il Nord dell’Italia, il comando del regime spostava le famiglie dei fascisti nelle regioni del Nord, facendole ospitare da quelle residenti. Anche in casa dell’autore, ne fu accolta una. Vi arrivarono, infatti, due ragazzi con la sola mamma, perché il padre stava combattendo con i tedeschi. Il Ferraresi era preoccupato, temeva che i due coetanei agissero come i componenti del gruppo rivale, essi, invece, divennero subito amici suoi e dei ragazzi del quartiere la “Dezima”. Il Natale si avvicinava e i tre amici avevano progettato sia di festeggiarlo insieme sia di fare il presepe assieme. Il loro desiderio, però, non si avverò, perché qualche giorno prima della ricorrenza religiosa arrivò il padre dei due ragazzi e li portò via con sé insieme alla madre per riunire finalmente la famiglia. Il bel rapporto di amicizia che aveva legato l’autore ai due coetanei, gli fece cambiare atteggiamento anche nei confronti dei ragazzi dei “Palazzini”, confessa infatti: «Da allora iniziai ad apprendere che il vero nemico che dovevo colpire era la mia chiusura mentale, che mi portava a dividere gli altri in buoni e cattivi mentre avrei dovuto ascoltare la voce che tentava di parlare al mio cuore non sempre riuscendoci a causa della mia ostinata sordità» (p. 8). Dal secondo testo, La zuppa inglese, si sprigiona invece il sapore natalizio di quelle cose belle e semplici, che se fatte con amore riescono a donare gioia profonda e a imprimere nella mente ricordi che non sbiadiranno col passare del tempo, come ci dimostra Gianni Ferraresi. Era ancora piccolo, quando la madre lo coinvolse per la prima volta nella preparazione del dolce che per tradizione il giorno di Natale mettevano in tavola: la zuppa inglese. Orgoglioso del compito affidatogli, la aiutò volentieri sia perché la zuppa inglese era il suo dolce preferito sia perché quella santa ricorrenza era per lui la più significativa di tutte. Con precisione descrive le varie fasi di preparazione e la sua crescente sorpresa, mentre osservava le mani esperte della mamma sovrapporre i vari strati di pan di spagna, prima bagnati con il rosso Alchermes, e poi cosparsi alternativamente di crema, marmellata di ciliegie e cioccolata, per comporre la torta. Durante la preparazione ne pregustava già la bontà ed emozionato immaginava la sera della vigilia di quella festa tanto attesa, quando insieme ai genitori si sarebbe recato alla Messa di mezzanotte e il padre avrebbe stretto tra le sue mani la propria. Commosso avrebbe ringraziato Gesù per quei momenti di gioia che non avrebbe mai più dimenticato. L’autore in Pietro e le donne tratta alcuni aspetti della complessa questione del rapporto tra uomo e donna al tempo in cui l’Apostolo seguiva il Messia. Pietro, come gli uomini a lui contemporanei, riteneva che le donne «per loro natura non dovessero esporsi troppo e stare abbastanza in casa» (p. 15), infatti, era vivo in lui «il convincimento, tratto dai precetti della Legge, che Dio considerasse le donne inferiori all’uomo e premiasse tra loro le più solerti nello sbrigare le faccende di casa» (p. 17). Per questo, quando in più di un’occasione Gesù, contravvenendo queste regole di comportamento, si dimostrò ben disposto nei loro confronti, rimase turbato al punto che il Signore stesso gli consigliò di parlare con sua Madre. Maria gli spiegò che il Figlio non era «venuto a cambiare la Legge ma a darle attuazione» (p. 19), perché la donna «ha un compito diverso dall’uomo ma ugualmente necessario per il Regno di Dio». La sua missione è di essere “mamma dell’umanità”, cioè di aiutarla a essere migliore prodigandosi a trasmettere la pace, come faceva Gesù stesso. Nell’ultimo racconto, La serva del sommo sacerdote, il Ferraresi parla ancora dell’Apostolo Pietro, mettendo in risalto il suo dolore, mai sopito, per aver rinnegato il Signore e aver turbato le persone che lo avevano riconosciuto nel cortile del sommo sacerdote, mentre aspettava la fine del suo interrogatorio. Un giorno, piangendo, confidò il proprio tormento al discepolo Marco, il quale cercò invano di confortarlo. Qualche tempo dopo, Marco incontrò ad Alessandria d’Egitto, dove si era recato per preparare un gruppo di catecumeni, Tecla, la serva del sommo sacerdote che prima degli altri aveva riconosciuto l’Apostolo come seguace del Signore quando fu portato nel Sinedrio. Le rivelò che Pietro era stato perdonato da Gesù per averlo rinnegato e che aveva pregato, per tutta la vita, per le persone alle quali aveva mentito vigliaccamente. La donna, commossa, gli confessò che era rammaricata per averlo trattato male e che anche lei si sentiva in colpa per non aver seguito, per troppa paura, il Messia quando era vivo, pur conoscendolo fin da bambino. Dopo aver parlato con Marco anche della nascita di Gesù, Tecla sentì che finalmente nel suo cuore era Natale, perché vi aveva cancellato dubbi e sensi di colpa accogliendovelo senza più riserve. In questi quattro racconti il lettore può percepire non solo la nostalgia di Gianni Ferraresi per i luoghi in cui è vissuto da bambino e per l’atmosfera vissuta durante le festività natalizie in famiglia, ma anche la sua profonda conoscenza di episodi evangelici, che mettono in rilievo le debolezze umane, l’importanza della comprensione degli altri e il valore del perdono. |
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