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Pietre
Le “Pietre” nostalgiche di Giovanni Di Lena
Poeta
lucano, Giovanni Di Lena, ha deliziato i suoi lettori con un’ultima fatica,
dall’eloquente titolo “Pietre” (EditricErmes – Potenza). Pietre come metafora
della durezza, del peccato, ma anch’essa casa di un’eco antica come quella che
abbraccia la terra. Rifugio per gli uomini, troppo spesso maltrattati. La cui
prospettiva viene ignorata. Ma non è dimentico l’Autore che dedica la silloge ad
Elisa Claps, Ilaria Alpi, Giulio Regeni e alle vittime celate dal mistero.
Ne scrive
nella nota critica Pino Suriano: “Le pietre più dure sono quelle che il poeta
lancia a sé, verso quel che poteva essere e non è stato. Mi pare questo dunque
il cuore di tutta l’opera: la nostalgia di ciò che non è stato. Le dolcezze non
sono quelle della politica, ma quelle dei furtivi amori giovanili. Diventa anche
un delicato poeta d’amore, Di Lena, quando non ci sono di mezzo la Basilicata,
il suo petrolio e i suoi guai (…). Non grida, anche quando crede di farlo. Del
resto, la sua poesia ha un’arma ben più potente: il sussurro”. Un lirismo che
osserva con matematico sentimento, processi e trasformazioni, la cui evoluzione
non conduce sempre a finestre di luce. Ma nell’analisi seppure precisa, non
mancano i bagliori speranza. Quello che custodisce la bellezza di un dettaglio
naturale, il suono di un treno che passa, la strada di un ricordo fraterno o di
un amore che si credeva infinito. “Il poeta non cede alle lusinghe, non baratta
il suo pensiero, è voce libera e chiede giustizia in questo mondo spezzato, dove
la solitudine, diviene analogicamente nido consolatorio di un comune destino. Si
vive in una logica rovesciata, ma per Di Lena è nostro dovere provare a
ricomporla” afferma Lucio Attorre, nella pubblicazione.
Molti sono
gli orizzonti verso i quali Di Lena conduce. Senza dubbio, quello più
intrigante, a parere di chi scrive, riguarda una natura che esige rispetto,
contro ogni deriva che escluda il sentire.
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Recensione |
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