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Nebrodiversi
Nebrodiversi di Filippo Giordano, antologia edita
da “Il Centro Storico” di Mistretta, raccoglie dodici sillogi poetiche in ordine
cronologico, di cui due in dialetto amastratino, pubblicate dall’autore in quasi
quarant’anni di impegno (1973-2012). In una corposa appendice si possono
leggere, poi, i giudizi espressi dai critici sulle varie sillogi.
Il titolo ben
sintetizza il nodo centrale dell’ispirazione di Giordano: versi per i Nebrodi,
parole per celebrarli, per esprimere l’amore alla terra che gli ha dato i natali
e nella quale vive. Mistretta, a mille metri sul livello del mare, alle bellezze
naturali aggiunge il fascino antico dei luoghi lontani dal fragore delle città,
un piccolo mondo di cui il poeta conosce l’incanto, che riesce a trasmettere al
lettore. “Dai balconi scorgi vicoli segreti, | …| e secoli rappresi oltre gli
usci | ombrosi. | E muri, archi, selciati | e scalinate in litanie di pietra.”
(da “Del sabato e dell’infinito” 1987-92). Nel paesaggio intessuto di silenzi e
di solitudine si specchia l’anima: “Il freddo parla piano | a questo immemore
fluttuare di foglie | e il vento sospira tenero | colmo di pudore. | Questi occhi
rivolti al passato | conoscono la malinconia degli alberi. | Scoprimmo la
dolcezza di una primavera.” (da “L’amore epigrammato” 1973-78).
Giordano è
legato alle tradizioni, alle piccole cose che scandiscono la vita quotidiana
della comunità, ai lavori dei campi col rituale stagionale, è attento agli
affetti che albergano nell’animo della gente semplice, sente molto i problemi
sociali quali la disoccupazione e l’emigrazione, da sempre motivo di sofferenza
per la sua gente. Dalla “groppa dei Nebrodi” molti sono andati via per il pane;
chi è rimasto si è sentito privato della condivisione della vita della persona
cara, è invecchiato nell’attesa di un figlio, di un padre, di un fratello, di un
amico. Crudele destino di tanta gente del Sud. Nel giudizio critico sulla
silloge “Se dura l’inverno”, una delle più belle, Bárberi Squarotti dice di
ammirare di Giordano “la capacità di cogliere con epigrammatica forza le
situazioni di vita siciliana fra sociologia e spettacolo e paesaggio ed
esplosione dei sensi e dei sentimenti”.
Particolare è l’ultima silloge che
comprende poesie scritte fra il 2010 e il 2011. Si intitola “Sussurri del cielo
e mormorio di numeri primi” in cui l’autore mette in versi in modo certamente
originale elementi filosofici, teologici e matematici. Sì, perché egli, oltre
alla poesia, coltiva la matematica e la fotografia e nel 2009 ha pubblicato il
saggio “La ragione dei numeri primi” nel quale illustra il suo teorema. Con la
suggestiva ipotesi che l’ordine naturale dei numeri primi nasconda una proprietà
ontologica, il poeta matematico annulla le distanza tra immanente e
trascendente, tra poesia e scienza cui si può attribuire un unico linguaggio.
17/02/2013
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Recensione |
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