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Quando il mio pensiero di fuoriuscito si rivolge all'Italia, ed è sovente per la mia dedizione alla poesia italiana, mi vedo davanti una mandria di poetucoli in panico. Perché mai una folla così inconscia corre qui e là per precipitare nella fossa comune degli ignoti-ignoti a se stessi, ignoti a coloro altrettanto ignoti a se stessi, per restare insieme ignoti persino ai vicini di casa.

È una indicibile umiliazione, per i tarati di fiacchezza mentale, psicologica e fisica, ammettere che hanno fallito sin dal primo vagito pronunciato sulla carta. Invece si ingrandiscono mentalmente, leggono le proprie insufficienze dettate astrattamente nel computer a voce stentorea per ascoltare se stessi. Questi miserabili braccianti al e del computer ancora non ammettono di trovarsi in un affollamento di uguali braccianti volti al traguardo che rimane all'orizzonte. Si immaginano diversi; non si leggono, eppure trascrivono senza originalità e rendersene conto uguali rigurgiti e astrazioni svenate; si nutrono di un cerino di speranza che il famoso poeta e il notissimo critico... Non saranno mai scoperti per il fondamentale semplice motivo: la fretta di arrivare spiccando un talento e personalità da becchini.

Smarritasi in mezzo la mandria in panico che sta per travolgerla, è soccorsa con un lancio di corda che la sottrae da sotto un sicuro calpestio mortale: Raffaella Bettiol, la protagonista, la fortuna in persona, l'urlo muto captato dal "famoso poeta" soccorritore. È il senso, quando c'è, della poesia che si indovina finalmente nel travaglio.

Il titolo inganna. Si può subito immaginare il fazzoletto di carta per asciugare gli occhi su un amore per la solita canaglia, un versificare che stringe il cuore. Non è così; è l'ipotesi, cioè la versione ragionata o immaginata con nostalgia solare e serale dell'amore vissuto: per il ricordo dei familiari e delle amicizie che trascorrono l'eterno in paesaggi di case rivi sabbie pietre, locali o lontani, abitati anche da animaletti e da immagini che parlano di macabre mansioni d'altri tempi.

22 aprile 2006

Recensione
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