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Altre stagioni

Composizioni per lo più brevi o brevissime e un
verso nitido e umoroso, animato di tenui brusii; sensazioni labili, che sfiorano
appena per poi svanire sostituite da altre. Umidore. Tra i tanti soggetti e
oggetti di questi autentiche pitture, a dominare è, infatti, l'acqua, o la sua
immagine, o la sua percezione, quasi mirabile sogno "a
sfiorare il recinto degli scogli".
"Mi parlava d'un porto senza venti,
d'acque verdastre, volto all'Infinito,
e verso estreme rarefazioni,
dove avvengono approdi,
e ancor più le partenze, nel silenzio,
senza striscio di gomene o catene".
(Un porto lontano)
Un'acqua di mare, ma anche di "Stagni
scuri" e di paludi; acque limpide, a volte, come quelle che danno "Riflessi
d'altro azzurro" in certi occhi, più spesso corrose, rugginose, da
infradiciare e distruggere lentamente, come i "ristagni
melmosi delle sponde". Acquosa, a volte, è pure l'aria, che rende
"le vetriate cristalline".
Versi brevi - dicevamo -, che attirano golosi
come le ciliege, popolati di ulivi, "giovani
pioppi, come piume", uccelli, la luna, la civetta irridente e querula,
rose, girasoli e grilli, sterpaglie, "cetonie
e macaoni" e un vento sempre umanizzato, "che
si slancia, scorrazzando", che incita nuvole e cime; colline ondulate e
terra quasi sempre smagata:
"Mite
la terra, dove acqua e cielo
s'amano nella luce del mattino;
dove scendono giorni sopra il verde
sensibile che fluttua nei suoi prati.
Corre coi venti il giorno adolescente,
lungo il ruscello, indocile; e gli stormi
che tornano alla terra, risaluta
su dal sommo dei colli, ove s'affaccia
ombra di nubi e rapida dispare.
Ma se favella con le foglie e l'acqua,
favella assorto, in tutto si propaga,
la sua serenità virente e d'oro!"
(Mite la terra)
Non manca l'essere umano (la donna, i fanciulli),
ma sono sempre apparizioni leggere, a volte da vere e proprie dissolvenze,
giacché la loro presenza è solo intuizione, data dal fruscio d'una veste, dal
fruscio dei passi, da un'andatura "lussuriosa
e altera", dal (e si faccia attenzione al verbo) "balenare
del (...) velo"; il vecchio che attraversa la nebbia, che esce dalla sua
"fonda cantina", con la sua afrosa sportella, e se ne va nel suo "frutteto
vermiglio", è concreto, ma, nel contempo, ha proprio la levità di un
fantasma.
Altro e ultimo tocco da ricordare: la sofferenza
che avanza in noi e su noi, tenace e costante, come l'edera che si abbarbica a
un vecchio tronco morto.
Né manca la nota sociale, per la quale ci sembra
particolarmente emblematica, tra le altre composizioni, "La comune casa".
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Recensione |
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