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Affari di cuore
L’ultimo libro di Ruffilli,
pubblicato per i tipi Einaudi è un lavoro di cesello in cui l’autore rivisita
l’amore inteso come connubio di due entità fenomeniche che, disattivando le
inibizioni e le remore, realizzano nell’atto d’amore la più completa libertà di
espressione e di completamento dell’essere.
Un libro insolito il suo,
che non è la parodia dell’amore, ma vuole essere un rivoluzionario risvolto di
carattere eminentemente umanizzato, che però, si produce, attraverso apparenti
forze contrastanti che inibiscono il solito filone demodè della sdolcinatura sui
generis.
Il verso ad es. “ognuno
vuole essere trafitto” mostra con quanto intenzionale trasporto ci si
avvicini all’altro per una battaglia mai disagevole, in cui non vi sono
vincitori né vinti, ma nel quale ogni -corpo a corpo- ha la sua ragionevole
parte di violenza, di disimpegno nei confronti del partner, al quale dà e dal
quale prende “amore”.
Un libro interessante, dal
quale la parola amore non si evince, ma si delinea in perfetta simbiosi, in una
incoercibile forza di congiungimento e di apoteosi dell’amore.
Vi sono violenza,
condivisione e forza, vi è cannibalismo e ingenuo pudore in questo dispiegamento
in campo: ognuno con le sue armi proprie o improprie dovrà dare conto di sé. Lo
scontro avviene in campo aperto, tra due persone «in carne ed ossa», di cui la
crudeltà e la pulsione-fusione fanno la differenza: i combattenti a singolar
tenzone si sfidano in un duello fantastico che non è rivalità, ma dirompente “eros”,
adattato per le circostanze ad una orchestrazione sinfonica di alto livello.
L’analisi all’interno del
rapporto si vivacizza, attraverso una fenomenologia che è arditezza di
componenze elettive, dentro una sferzante inclinazione erotica di sensi, ma
senza orpelli, senza smancerie: nudi davanti a se stessi, l’amore narra la sua
storia (guarda caso, la storia amorosa) di cui si compone il mondo, ma senza
esibizioni, senza infingimenti.
L’Eros è il fattore
predisponente di un cannibalismo ipostatico: “il letto per l’amore è un campo
di battaglia del mistero” fa intuire il sommovimento dei corpi, la furia e
l’arditezza nella dinamica diversificata in cui ”ognuno vuole essere
trafitto” ma anche trafiggere, è quindi un: – “do ut des” – un tentativo di
slargare traiettorie nel vento, imporsi il mutamento che raffrena e inerisce
all’inesauribile segno che, senza essere dolore, induce alla dolenzia, al fuoco
profanatore ed esaltante della conquista che divampa, ma distoglie lo sguardo
dal vuoto: corpo-vuoto o “svuotato” in un isolamento programmatico dei
sensi che inumana e interagisce con la pulsione-fusione che la incarna. Un libro
che stupisce, considerata la precedente scrittura di Ruffilli, quasi tutta di
diversa natura. Un libro da gustare e da indicare ai lettori, che ci propone un
Ruffilli nuovo, portato ad un cambiamento, ad una modifica dei toni e delle
tematiche scrittorie.
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Recensione |
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