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Con il
racconto in disamina, Le sabbie nel deserto, Rino Piotto è stato
premiato al X Premio Peltuinum di Prata d’Ansidonia (Aq), 5 agosto 2007, e
poco dopo, 7 ottobre successivo, ha ricevuto la menzione d’onore al 13° Premio
Nazionale Roberto Magni di Rivalto (Pi). La presente pubblicazione,
rievocativa dei due riconoscimenti, sostenuta e/o patrocinata da una decina di
enti, è dedicata «All’amico e collega Raffaello Zordanazzo».
«Ho
tratto lo spunto dai racconti di mio nonno Sandro – precisa l’autore a
giustificazione della sua scelta narrativa – sulla sua guerra in Libia per
narrare la vita: una, come la guerra del nonno Sandro, che diviene nel
succedersi dei molteplici giorni come nei tanti racconti che ascoltavo nei
lunghi filò invernali», dalla presentazione, p. 6. Una storia, dunque, tratta
dalle mille spigolature d’una stessa esperienza, in quanto «il tempo della
guerra non è il tempo normale ed i suoi giorni seguono una dimensione
particolare. […] le ore non sono ore normali di sessanta minuti ed i giorni
non sono giorni normali di ventiquattro ore. Si tratta di un solo infinito
giorno che comprende il passato, il presente ed il futuro». La storia della
guerra libica, terra «che era dominio dei Turchi ottomani e sarebbe divenuta
colonia del nuovo Impero di Roma, anzi d’Italia. O meglio di quella che altri
chiamavano “Italietta”». Libia altrimenti definita “grande scatolone di
sabbia”: ecco, insieme alla tangibile realtà che tale paese incarna,
disvelarsi il senso del titolo («Niente. Non si vedeva niente. Solo sabbia fin
oltre l’orizzonte. […] “Ma che cos’è la sabbia?” […] “Sono frammenti finissimi
di stelle caduti di notte dal cielo. […] sabbia, sorgente di nuove vite
fantasiose o virtuali […] Le sabbie del deserto […]: chimere silenti sospinte
da un alito di vento invisibile, venute da lontano per materializzarsi ed
abitare un mondo che a molti può apparire come il nulla, ed invece è la fonte
di quella ricchezza interiore dove vivono le fiabe di mille ed una notte, dove
fioriscono i sogni che saranno i progetti del tuo domani, dove è possibile
cogliere i segni del tuo destino, dove si purificano i cuori dai demoni
immondi. […] Il deserto è il luogo dei silenzi, dove si possono sentire i
respiri dell’Universo nei venti che sussurrano formule magiche, nel vento
impetuoso che di notte modella nuovi scenari, immaginari e reali, depositando
nuove sabbie cosmiche e trasformando quelle già esistenti. / Nuove dune, nuove
forme, nuove vite».
Una
guerra, poi, apparentemente senza morti; vinti e vincitori sì, ma niente
morti! Il nipote chiedeva al nonno: «“Nonno, quanti turchi hai ucciso?”». E la
risposta dell’avo era: «“Mai ucciso nessun turco. Anche loro erano persone da
rispettare, anche loro avevano una famiglia e dei figli a casa da mantenere”.
“Avevamo il fucile ed anche dei cannoni e ogni tanto si sparava, ma solo in
aria per spaventarli. E loro urlavano dalla paura e scappavano per tornare più
tardi perché così a loro veniva comandato. Finché un giorno non tornarono. E
così la guerra fu vinta”». Aggiunge l’autore: «Credo che mio nonno abbia visto
di tutto, nel deserto, tranne i turchi […] dei fantasmi».
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Recensione |
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