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Ci sono figure
di autori, da anni presenti e attive negli ambienti
letterari, cui
peraltro apportano contributi costanti e fattivi,
attraverso
traduzioni, recensioni, cura di testi, interviste, e
pur nondimeno
poco “visibili”, benché svolgano un’attività non
meno impegnativa
ed intensa, benché siano esse stesse ricche di
idee, di
pensieri, ma costrette quasi a brillare di luce riflessa. È
questo il caso
della perugina Angela Ambrosini, docente di lingua
e letteratura
spagnola, che ha dedicato nel corso degli anni
molto tempo a
traduzioni e recensioni, riscuotendo anche premi
e ambiti
riconoscimenti, e per la quale tuttavia questo
Silentes
anni,
volumetto raffinatissimo non solo nei contenuti ma anche
nella veste
grafica, rappresenta l’opera prima.
Come scrive
infatti Dianella Gambini, che ne ha curato la
prefazione:
“La forza evocativa del titolo
Silentes anni
viene
a infrangere, paradossalmente, quello stesso
silenzio che
l’autrice si era imposta in anni di appartato
quanto appassionato
esercizio do scrittura… Poi il risveglio
perentorio, tumultuoso,
fecondato da una rinnovata percezione della
parola
poetica e dal desiderio di “svelarsi” a possibili
interlocutori…”.
Amore per la
parola, preziosismo e raffinatezza formale
e lessicale,
eleganza del verso, sono le caratteristiche che il
lettore incontra
al primo impatto con questa raccolta, ma proseguendo
vi ritrova e
riconosce il ruolo preponderante svolto
dal paesaggio,
interconnesso agli stati d’animo ed ai vari passaggi
umorali, luci,
colori, suoni e rumori con la loro funzione
evocativa del
passato. Quella della Ambrosini è, infatti, poesia
anche di
rimembranze ed effetti lontani, di dolcezza del ricordo
e amarezza del
presente, dove pure i sentimenti ed affetti
familiari o
personali vengono sublimati in un linguaggio terso,
che si apre a
suggestioni e sensazioni di suoni e colori in una
scansione sempre
misurata, dilatandosi e stemperandosi nella
natura,
nell’arte, nella preghiera. Protagonista indiscussa è per
l’autrice la sua
terra, la Toscana, amata e rivissuta nei suoi paesaggi,
nelle sue dolci
colline, nelle sue vestigia e testimonianze
d’arte, nelle
sue città. Anche nel momento dell’urto più drammatico,
i versi sono
sempre caratterizzati da estrema misura e
delicatezza,
come nel componimento che dà il titolo all’intera
raccolta:
“E se luce batteva alle siepi | di bosso umido
ancora
di stelle | non fra ricordi l’alba inverdiva | ma
inquiete rondini
primizie ai sogni | dissepolti baratri
schiudevano. | Ora che altro
canto sale dal cuore | e più ricordi ha con sé
l’avvenire, |
rompe dagli argini il vento autunnale | e sul
silenzio degli anni
dilaga, | dilaga a schiantare rovi dai gorghi.”
(Silentes anni).
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Recensione |
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