| |
Un'altra vita
Inizio dalla copertina,
gradevole e insolita per un libro di racconti aventi per tema l’Amore, anzi
“amori dentro altri amori”. Una copertina che d’impatto ho pensato di definire
“fumettistica” per la modalità con cui viene disegnata la coppia ritratta, che
appunto mi ricorda le tecniche di rappresentazione dei fumetti più moderni (non
conoscevo Jack Vettriano come pittore).
E forse l’Amore ha assonanze con il fumetto
in generale, per essere un sentimento che appartiene alla sfera umana legata
all’irrazionale e alla fantasia più evanescente, almeno quando si parla di Amore
con la A maiuscola.
Sono sempre molto attratta dalle copertine,
di per se stesse, per la capacità evocativa che possiedono e per quel che
suscitano con la parte dell’istinto con cui ognuno si pone di fronte ai libri.
Ho trovato la scrittura di Paolo Ruffilli
molto coinvolgente e partecipata, densa ed eterea allo stesso tempo,
specificatamente “tangibile” per la sua capacità di divenire realtà mentre la si
legge: una lingua che si fa di volta in volta corpi, presenze, paesaggio,
sentimenti, una lingua capace di personificarsi in ogni visualizzazione che nel
libro si snoda in modo assai nitido, chiaro, limpido.
E ho trovato profonde
consonanze con quello che io scrivo, così come lo stupore è il sentimento che
prevalentemente ha accompagnato la mia lettura di Un’altra vita, direi
quasi per la somigliante trasposizione in prosa di quanto io cerco di rendere in
poesia.
Tra queste consonanze, su tutte forse, la
preponderante presenza del paesaggio e della natura in cui siamo immersi a farsi
osmosi con quanto viviamo, sentiamo, immaginiamo, desideriamo. Una natura
descritta in modo profondamente poetico e vitale, in ogni suo sfaccettato
aspetto, incluso quello cromatico che in genere tanto mi rapisce.
“Assente il corpo” il racconto in cui
maggiormente mi sono riconosciuta, istintivamente, ma che spero si allontani
presto dalla mia realtà, con la buffissima coincidenza inoltre di un particolare
che mi identifica con la protagonista, il ballare il tango argentino che è un
altro dei miei interessi. Vi è in questo racconto la chiara dissociazione tra la
dimensione mentale dell’aspetto infantile della protagonista e quella realmente
adulta, oltre a un voler ostinarsi a pensare che ciò che non è e/o non può
essere è in realtà il meglio.
In tutti i racconti però ho
ritrovato identificazioni con la mia persona, la mia storia e il mio modo di
sentire e concepire il sentimento amoroso, del quale l’autore è evidentemente
profondo conoscitore per essere riuscito a parlarne in termini tanto realistici
e autentici. L’Amore che pulsa in questo libro è comunque forse soltanto quello
legato al disequilibrio, alla libertà, all’irrazionalità, all’istinto, al
sentire legato a tutto quel che non possiamo o vogliamo controllare perché
soltanto questi aspetti forse donano nuovi stimoli per diventare altro da quello
che siamo tendendoci verso altri confini ancora a noi sconosciuti.
La grande fluidità della sua scrittura unita
alla leggerezza che pure la contraddistingue fa scorrere via la lettura con
coinvolgimento, invogliando e incuriosendo a scoprire cosa ancora possiamo
aspettarci da questo sentimento che da sempre è tormento ed ebbrezza
dell’umanità.
E la voce dell’autore è quella di un saggio
che né Uomo né Donna parla ormai di qualcosa che gli appartiene profondamente
con rispetto e ammirazione, conoscendo altrettanto minuziosamente le
sfaccettature psicologiche che si celano altresì dietro certi atteggiamenti di
cui ci vestiamo quando veniamo investiti dall’Amore in senso lato.
Originale infine la struttura del libro,
ripartita in stagioni con la dedica finale in ogni racconto ad un autore
prediletto, del quale senza conoscere ancora il nome (per dover giungere alla
fine di ognuno di essi a scoprirlo appunto) ci si rende conto, nel momento in
cui lo si scopre, quanto il racconto stesso lo riporti alla mente con
inconsapevole precisione.
| |
 |
Recensione |
|