Roberto Fassina
Pèsca sabèa
la
Scheda del
libro

(…………………
Toccarti è come
segnare il territorio
definire un possesso
incerto, provvisorio)
TRANS-IRE
I
Mia fanciulla corinzia
Mia colonna mio fregio
Sciabordo
Discreto ai tuoi piedi
Lascio e riprendo
Risalgo
Ricado gorgoglio
E sfiato
Mia lambda
Mio sorbetto labiale.
II
…………………………..
(mia primizia
mio grano saraceno)
Sacra la mano, il fianco
La spalla sciolta
La linea alta della nuca
Sacro il corpo che consola
(pingue ara
mio salice propizio)
III
Acciambellata pelle
Abbrunìta mi doni
(ha guastato la carne
per secoli,
oscurando
la grazia delle forme
la cruda reprimenda
paolina)
Dopo mille anatemi
Di storia
Recitata nevrosi,
Arduo impegno
Ridare santità
Ai nostri gesti.
IV
(nel passo greco
sapore d’oliva)
Ornamento alla veste
ammicca
s’intonda
mimo e corifeo
procede d’orgoglio e
cadenza
naviga a vista,
non si cura di nulla
ma nulla trascura,
spoglia di sguardi
denuda e imprime il
tuo fondoschiena.
V
Nel rito del papavero
Ho colto la tua bocca
Nel filo del vento rappresa
Sospesa, muta nel dire
La stretta linea scura
Che segna quella soglia
Il fremito, il passaggio
Per ammonita doglia
Margine del ricordo
Dove non c’è ragione
Solo un sentire denso
Un magma in espansione.
VI
Ogni singola ombra
Ogni rilievo
Ogni piccola plica
Odore umidore
Conosco
Ogni piccolo altare
Linea di selva
Tattile impasto
(Ritmo di polso
Ansimo colmo)
Bagliore di spiga
Conca e sacello.
VII
Nella sacralità
Del fare
Ogni guasto è risolto
Ogni offesa rimessa
Rimane il pane
Da spezzare sul fianco
VIII
Credere al profilo raccolto
Alla linea che smuore
Della tua spalla
Al tuo incedere piano
Nel biancore del piede
Al profumo di grano
(miniare nel buio
questa pala di umori)
IX
Nei tuoi occhi m’allupo
Di sera
Giocando il pegno
Senza arrossire
Trans-ire
(Il quesito mi preme:
Naturalia non sunt
turpia)
Nella penombra certa
Della candela.
X
Raggomitoli ore
Aroma cangiante di pelle
E caffè
Sul divano raccolta,
Nella tazza l’infuso
Ti preme
(fuori diluvia sparviero)
Di quel vecchio burlone
Leggi compita
‘L’Allegria’
In cheto brontolìo
Di volute e gemizi
Di resina
(in vuoto spinto
meo oculo)
XI
Palmo a palmo di notte
Modellarmi ai tuoi lombi
Ai punti cardinali
Incerti, fortunali
L’aderenza del tatto
L’indefinito grido.
(respirare assopiti
nel ritmo dell’Uno)
“Ma se un dio mi dicesse: ‘Vivi senza
amore’,
lo pregherei di non insistere, a tal punto è un
dolce male la donna”
(Ovidio; Amores)
FABULA NOTTE
I
Musico menta-mirto
Giullare pallido
Non pena il trobador cortese
Non sfiata
A te s’apprende e dice
Indugiar di foco
Favella et dipintura
Casta-mente pura
Per-clara donna in te
Signoria non ha peccato.
II
Quando rintano
Che il fiato mi manca
Come ladro la sera
Che si porta la lenza
Annaspo
E boccheggio il silenzio
Mia lucciola vaga
Mio cespo
Carpìto all’esca
Come luccio di strada
Mia gazza
Mia pèsca sabèa.
III
Spogliata dall’acqua bollente
oscilla s’inarca s’impenna
(oculum per speculum
guadare forte)
licenziosi volteggi
una rumba
muschiosa effonde scintille
di trementina
(cum-cupere…
cum-capere…)
moto circolare uniforme
la rètina affascina
il ritmo dell’anca
la bocca del profeta.
IV
Lenta t’inoltri con passo di lupa
Fabula notte
Ammicchi e sorridi un poco nascosta
Scopri pian piano il candore del ventre
Scende la mano nel guado più scuro
Dove si trova la brina più pura
Con sacro furore doni al tuo drudo
Il settimo velo il bacio più crudo
E poi te ne vai nell’oscuro cielo
Strepitosa luna ai rami del melo.
V
Rosa violetto quella
minigonna in vetrina,
folletta
ti ricordo bambina
annusavi il chiarore
dell’alba
la linea
cercavi nel profilo
dell’olmo
bruma d’acacia
il canto muto
della nebbia di bosco,
attendevi seduta
come un vecchio di fiume
l’importuno rubino.
VI
Il giorno smuore lento
s’affaccia la fatica
arrivo a casa spento
arriva la formica
raccolgo le mie cose
il peso dell’assente
ti guardo mentre offici
il rito della sera
racconto fiabe a lui
nel gemito del ceppo
ma poi se tutto tace
al buio del silenzio
nel fiore della notte
lo sguardo si compiace
si posa e ricompone
l’affranta mano
s’adagia il desiderio
s’aggomitola piano.
VII
Disturbo bip-olare
in messaggi d’umore
beccheggio
lama circolare
seziona i bordi
redime i margini
i contorni dell’asso
di cuori
principe e ramingo
casanova e guaritore
vende l’anima
per una dalia in fiore.
VIII
Forte il capello scuro
occhi di gatta dal lungo mistero
fuggita all’artiglio di Scilla,
chiusa nel riccio
del tuo mare salato
non mi dai confidenza
aspra e dolce come conchiglia
rizzi il pelo nero d’orgoglio,
tagliente scorpione d’inverno
unghia salsa ai marosi
ronfoli cupa,
t’impenni
soffi e t’ingroppi,
un grumo
nel petto buio
graffia i minuti,
divora lo sguardo.
IX
Mia passera di frodo
Di passo e di risaia
Mia sinapsi oscura
Invarianza e cesura
In quest’arso clivo
Di cuori e di valori
Ci allieta e
Soccorre il tempo
(percentili di fumo)
X
Tana di foglie
Muschioso vento
Ninfa caviglia
Occhio ferino
(midriasi a
pupille sciolte)
In caccia
Trangugio e pedino
Tua usma
Afrore di fauna
(artiglio in globulo
…guato e rifiato)
XI
Dove porti la mano
il fianco, il tratto che sconfina
lo scarto della voce
impaziente sodale
(per mille profezie
sarò per te puttana
dolcissima
lava che sfiotta e scarna
domina e gelosa
galante e generosa)
dove porti lo sguardo
in quale specchio vuoi
disegnare con l'unghia
il colore del sesso
(io prendo e sfianco
dono e rivoglio
annodo e recido
squarcio e compongo
balsamo
cicuta e cocaina)
compiuta è la danza
il prodigio disperso
ora morde l'aria
l'artiglio che avanza.
“lei è la dolce mela, che s’arrossa in vertice
di ramo,
vertiginosa, in vetta. Mancarono d’osservazione i
raccoglitori.
Non fu dimenticata. Non poterono raggiungerla”
(Saffo, fr. 105a LP)
LINGUA
D’ACACIA
I
Nel topazio rotondo
Dell'unghia
S'è schiusa
La linea del ritegno
(sua pelle
come valva di miele)
Tua lampada votiva
Tuo abisso leggero
Duna che inghiotte
La soffice tempesta
(nel collo di
bottiglia
smerigliano
le forme candide dei
corpi)
II
Anima sciolta
Al tatto
Sentiero d’acqua
Sorgiva
Delta friabile
Smotta
Tinta mandragola
Odore cocente
(“dolce amara
indomabile
belva”) *
Svapora la mente.
* Da “Tramontata è la luna”,
Saffo (Lirici Greci, Quasimodo)
III
D’azzardo ombelicare
In fricativo
Selvosa foglia
Piluccare al fondo
Tracciare
Minimi quesiti
(disagio tattile)
Trovare il salmo
Il passo che consola
La sua
Raccolta verità
(essere tua
silenziosa ghianda)
IV
Il muro ardeva caldo
trafitto dall’arsura
aperta e pura
la mano
al fremito dell’ombra
teneva la sottana.
(giallo corallo
fosfeni fatui
languore di frassini
giovani ardenze)
verde antico
timore di tagliare
gli ormeggi del pudore.
Certo è stato il tuo silenzio.
E mentre mi guardavi
la gonna sollevavi dolcemente.
V
Guardavi nello specchio
il suo segreto
lingua d’acacia
cinnamomo discreto
la mirra degli occhi
due gocce di sandalo
un ricciolo di fumo
aspirando le labbra
il suo profumo,
ancella di strada
sentivi con il tatto
il suo pudore.
VI
Sotto la trasparenza nera
nell'ombra
quella sera
esploravi l'insonnia
della pelle, l'intuito
dell'inguine piumato
la linea chiara
dei fianchi sciolti
l'avorio delle palpebre,
sapevi che sapevo
il colore deciso
la grazia pura
della lingua che cerca
il sapore furtivo
d’altra bocca.
VII
Sanno di glicine le labbra
S’intagliano leggere
Nel fondo ipnotico
Del tantra,
Le vostre mani complici
Si cercano danzando
Sedando angosce antiche
Al fuoco al rogo come ortiche
Moderna strega–maga
Divori la sua bocca
T’inventi un altro filtro
In questa sera-saga.
VIII
Il silenzio della stanza
percuote la candela
possente rompe gli argini
il ritmo del respiro
(ammiro il gesto dato
intimo danzato,
in retina conturba
rinfranca e non perdona)
la fioca luce scarta
s’infiotta sgonfia e smuore
sciolto ogni pudore
le calze arrotolate
(mio lo sguardo, l’ansia
oscena che m’urtica,
l’estasi di fuoco, il lampo
che dilania la mia gola)
IX
Sui canali il fischiare
delle altane
sciaborda incontinente
alla deriva,
non è ridicolo
questo giovedì
nelle movenze
fortunate
dei vostri passi
abbracciate
a questo sole
caparbio
che insiste nella nebbia
(…i to’ morti!!
sacramenta il barcarolo)
X
Solo quieto brusìo
questa sera da Armando,
in riva all’Arno in fuga
dal notturno rasoio
del freddo decembrino
il due di cuori,
tra umori di cipolla
e ribollite
le membra sciolte
nella zuppa di farro
che fuma lenta
inebriando i sensi
(e quella sconosciuta
che ti guarda negli occhi…)
“o quante le infinite
stelle, nella silente notte,
spiano degli uomini gli
amori segreti,
di tanti baci tu baciare
devi”
(Catullo, Carmina)
LORAZEPAM
I
Morbida l’auto
che ci sfionda a Sirmione
una notte che sfrigola
ai fari
gli occhi stropicci
e ombrati,
che ti piace sdraiata
posare
sulle mie cosce e
rifletti
a voce alta
la mia mano che inventa.
II
(cravatta scarlatta
sulla camicia maschia)
Nel tuo trasgressivo gilè
Raccoglievi malizie
Intrigante spogliavi
Con gli occhi
Ogni mio desiderio
Sapendo
Come sapevo
Che nulla portavi sotto la gonna.
III
Quella blusa dismessa
blu nell’armadio,
pallestesia di pelle
non dormi
(lorazepam
morbida soglia)
rammenti
il risvolto, la piega
il taglio
la sarta quasi cieca,
il giorno che t’ho vista
- Ne prenda dieci gocce -
IV
Per-seguire la piega
L’aroma
L’e-vento caldo
Il remoto sapore
(fino allo grazia)
Lingulare virente
Mordulare silente
…………………
(ad libitum
ad libitum)
…………………
Fino al pertugio folto
(implume papavero)
Mia radura
Mia tana, mia placata arsura.
V
Fluttuando sui tacchi
s’accostava al microfono,
al congresso parlavano
tutti – Dose ed effetti
clitazone pasticche
prima dei pasti
carbamato garbato
<avvertenze e dintorni>
(occhiali sospesi
peroravano assiomi)
azatioprina prilla
di grazia
dopo cena statine
statica-mente.
la sala grondava di bocche
ptialismo ipoglosso.
VI
Caustica e morde il guanto
La rapinosa fiamma
Scabroso il detto
Scudo non porta
(al refolo d’inverno
efedrina gorgoglia
in giugulo)
aperta gonna
converge e spira
(glu-tatione sornione
in floxa…floxa…)
VII
Cinica-mente
rivomita
fiele di ieri
sulla tavola pronta
il tubo catodico
nel vuoto
a perdere
di questo secolo
(mentre prepari
bocconcini d’olive
le tue
succhio vorace).
VIII
Ramarro
lonza e faìna
s’infiera
s’imbragia e scorre
il sangue,
pupilla al vento
donna di selva
dirupi, balzi e
t’inforri,
covi la preda
(…mi piace
attendere il colpo)
IX
Non ti ho vista arrivare
non ti conosco
non sai dove andare
sui tacchi a spillo
dondoli incerta
sospesa
(…iniuria vestis)
altèro lo spacco
profondo s’immerge
dove tutto si perde e
ritrova.
(……………
così te ne vai
nell’aria essenze
spandendo di pesca
vuoto lasciando
questo pieno istante)
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