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Le verità nascoste
Leggere un libro è sempre un’occasione, un viaggio
irripetibile nella mente di un'altra persona. Devo dire che, nell'intraprendere
la lettura di “Le verità nascoste” di Wilma Minotti Cerini, già sapevo di avere
tra le mani un'Opera considerevole, in quanto ho avuto spesso il piacere di
frequentare l’indelebile scrittura dell’Autrice, cosi ricca di sfumature,
tratteggiate dalla sua indole espressiva pittorica, dalla sua voce narrante
umanissima.
E infatti, appena vedo il libro, già mi colpisce la bella
copertina, l'albero smilzo che vi è raffigurato, rivolto ad un cielo grigio
investito dalla furia di un lampo. Un albero che sembra avere braccia e cuore,
essendo, credo, la metafora dell'uomo esposto alle bufere della vita. Comincio
impaziente la lettura e già le prime pagine catturano la corsa degli occhi miei
sulle parole e l'intimo mio tremore emotivo.
Comprendo subito che questa ultima
e geniale fatica di Wilma Minotti Cerini è un’Opera ricca di pathos, carica di
umana pietas! La percepisco alla stregua di un abbraccio letterario agli
sfollati della vita, ma vi ritrovo dentro anche la dimensione delle persone
illuminate, dei luoghi confortevoli del soccorso, della spiritualità, della
fede. Nel libro si susseguono diciotto racconti, attraverso i quali l'Autrice
indaga le innumerevoli sacche del reale a volte negli aspetti più crudi,
riuscendo a cogliere il divario tra il comune percepire e il vissuto effettivo
degli esseri umani. Il titolo dell’Opera poi è la promessa di una rivelazione,
il tentativo di togliere la benda agli occhi di quella gente che spesso riesce a
guardare solo in superficie.
Il sofferto qui narrato spesso scoperchia abissi di
dolore! Quanti luoghi aridi, violenti, carichi di abusi e soprusi è riuscito a
fabbricare l'uomo! L’Autrice, in tutto questo, è riuscita a spalancare le
pagine narrative con coraggio, senza retorica, usando toni possibilisti, aprendo
varchi di speranza, individuando possibili risalite e riscatti. Non a caso
chiude la raccolta col sacrificio di Gesù sulla terra. Ed è cosi che l'ultimo
racconto diventa un luogo ampio, salvifico, come lo furono le braccia della
Madonna che si aprirono “per accogliere la forma umana del Figlio”
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Recensione |
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