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La piega storta delle ideeGiovanni Di Lena esordisce in questa raccolta con dei versi dedicati alla poesia: ”Con la tua dolcezza incantavi il fanciullo che era in me e dei tuoi versi lo nutrivi”, le dice, infatti, in una tenera dichiarazione d’amore. La piega storta delle idee è la settima silloge del nostro poeta; è la conferma che l’incontro di Giovanni con la poesia non è stato un effimero amore giovanile,un flirt nato e finito nell’arco di una felice stagione, ma è stato ed è un amore per la vita. Amore che il nostro autore coltiva senza sosta, cogliendo dai suoi affetti,dagli irrisolti conti con la propria esistenza, dalla sua terra,i motivi ispiratori. La silloge è composta da due parti. Nella prima,”Lacerazioni”, prevalgono i temi sociali che sono ampi accidentati territori attraversati però dai rivoli dell’umanità dolente del poeta o dall’asprezza della sua rabbia impotente. Egli è qui fedele alla sua “missione” di poeta civile che gli apparteneva, che già si era conquistato sul campo con la produzione precedente. Mai nei suoi versi,quelli di “Un giorno di libertà”, ”Non si schiara il cielo”, ”Il morso della ragione”, ”Coraggio e debolezza”, ”Non solo un grido”, ”Il reale e il possibile”, è mancata la presa di coscienza di una realtà sociale, quella lucana, difficile da capire, da vivere, da accettare eppure così presente e amata di un amore amaro. Egli insiste, oggi, nella sua denuncia, nell’avvertire la difficoltà di vivere in un mondo globalizzato che non si lascia leggere e comprendere, ma soprattutto egli continua ad essere anche nell’ultima raccolta, la voce della sua terra, dei suoi problemi vecchi e nuovi,della inadeguatezza del potere, dell’impossibilità a capire e a sperare.
Si è tentati, perciò dall’immobilismo, dall’apatia, dalla rinuncia. Il nostro tempo fagocita tutto annullando, quasi, le differenze fra azione ed inerzia e dando vita a una sorta di calma disperazione nella quale tutti viviamo sospesi in attesa di una svolta. Intanto la questione” lucana” e meridionale rimangono questioni aperte e sospese, eternamente incompiute, col loro carico di sottosviluppo, di mancanza endemica di lavoro, di inquinamento,di nuova emigrazione. E così come Scotellaro si fece carico dell’amarezza dei suoi contadini, Giovanni si fa carico della delusione di generazioni circuite e deluse dal mito dell’industrializzazione salvifica che ha fallito, nella nostra terra, molti dei suoi obiettivi; si fa carico del dolore che ancora oggi lo sfruttamento delle nostre risorse porta al popolo lucano al posto di un agognato sviluppo. Con quali armi si possono combattere certe battaglie? Egli è un poeta e scrive, ma sa che anche la poesia è un’arma spuntata che forse non lo porterà ai risultati sperati; non si sottrae, però, al dovere del suo contributo. E,infaticabile, ritorna ai temi sociali a lui cari, ci mostra le sue cicatrici, le vivifica attraverso i suoi ricordi. Pesano ancora sulle sue spalle, hanno ancora posto nei suoi pensieri i soprusi, le sconfitte che, la vita, la guerra, l’emigrazione, le ingiustizie diedero in sorte a suo padre, a sua madre. Essi ormai non ci sono più, ma le loro esperienze amare e i loro insegnamenti segnano il suo cammino; sono lì come piccole luci a cui egli guarda con amore e gratitudine. Vale la pena lottare per una diversa idea di futuro, pare chiedersi il poeta, che non vede fine alle sue disillusioni in questa difficile Lucania, in questa terra che continuamente lo pone dinanzi al dilemma amore-odio, non risparmiandogli dolorose “lacerazioni”? A questa domanda si può rispondere solo lottando. Come un soldato Giovanni, generosamente, fa la sua parte,e alla fine bene o male che vada, ciò che conta è l’impegno, l’onestà, la passione che avranno spinto le sue azioni, i suoi pensieri, anche se per sé non avrà conquistato le certezze che voleva, anche se la realtà non sarà mai definitivamente comprensibile. Ciò che conta è interrare un piccolo seme e sperare. E’ ciò che egli fa,con i suoi versi. Sperare o fingere di sperare in una nuova realtà; sperare o fingere di sperare che si possano sconfiggere la corruzione e il malaffare, che la nostra terra non subisca ancora l’affronto dello sfruttamento delle sue magnifiche risorse, dell’inquinamento doloso, della marginalità, che non sia il campo su cui si giocano i soliti giochi di potere che ne compromettono lo sviluppo. Questa intricata complessità dell’oggi, aggravata dalla non facile eredità del passato, è in Giovanni il pensiero dominante, il rovello, il problema, l’impegno, dichiarato a chiare lettere, al quale non intende,per nessun motivo, sottrarsi. Nella seconda parte della raccolta,”Vicinanze”, affiorano, invece, aspetti più personali e intimi del suo sentire sottesi a volte da un filo di disincanto o di ingovernabile delusione; sentimenti sinceri, espliciti che, anche quando si fanno più teneri, non scadono mai nel puro sentimentalismo di maniera. Anche qui non mancano i teneri versi dedicati alla madre, gelosa custode del solo amore durevole, la cui assenza diventa sempre più presenza; e poi le immagini incancellabili dell’infanzia, miniera di semplici miti che sorreggono ancora la sua esistenza di adulto, i rimpianti per ciò che non è stato, per le cose che gli sono sfuggite,per quelle che gli sono mancate lasciandogli un vuoto doloroso, le confessioni d’amore per la sua donna, il canto alle donne ancora vilipese del nostro tempo, il ricordo di persone che il destino, inaspettatamente, ha sottratto alla sua vicinanza ma non al suo affetto. L’animo del poeta ha bisogno di aprirsi, di esternarsi, di liberarsi dei pesi che lo sovrastano e la poesia, pervasa di rabbia o venata di malinconia, assume una funzione liberatoria e consolatoria. Le parole sono chiare, esplicite, dirette e svolgono il loro ruolo di puntuali messaggere: giungono nella loro autenticità, colpiscono e commuovono il lettore con la forza della loro nuda verità che non ammette repliche. Credo che dalla” piega storta” delle sue idee, che a me piace immaginare come il luogo in cui si materializzano le intuizioni artistiche, Giovanni abbia saputo trarre ancora con onestà ciò che della sua ragione e del suo cuore meglio lo rappresenta e proporcelo per dare continuità e coerenza a un interessante e sincero racconto di sé. Ognuno di noi, sparse qua e là, può trovare tracce del proprio sé, perché la poesia è un luogo dove le anime felicemente si incontrano .
Sono sempre me stesso |
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