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Geografia del mattino
Geografia del mattino
sta a indicare l’inizio (mattinale) di un viaggio nuovo, di un nuovo ambito di
conoscenza. Geografia del Mattino è un viaggio, a partire da un luogo iperuranico, un ‘atopos’, dove si svolgeva l’esistenza, verso la terra, verso il
suolo. È la cronaca di una metamorfosi che nasce dal
desiderio di rapportarsi a
una terrena concretezza pur con la coscienza che questa è fatta anche di macerie
e di dolore. Credo che l’aerea ‘Geografia del Mattino’ trova la sua origine nel
poemetto ‘In suo corpo vivo’, come si può leggere nell’ VIII e ultima
parte:Questo / è / nella / testa // Nient’ / altro / che / spessore / e / assorbimento
/
abbandono / di / materia / dopo / la / presa // Laghi / negri / nei / voli / adulti
/ degli / uccelli. Si parla quindi di ‘voli adulti’ si guarda a una stagione della
maturità che ci si apre dinanzi. Lì vi è una poesia contratta e ripiegata su se
stessa che invece , nella ‘Geografia’ si distende si apre. Una poesia che si
sfuma ma non si scolpisce, non si pietrifica, resta aperta. Si parla di ‘Uccelli
sulla città’,di volo. Di un volo che non è l’ascendere di un animale
terragno, ma una discesa dall’alto di una creatura dell’aria, come più volte
dice l’autore: un tuffo.
Si parla di ‘Perdita di peso’.Si
tratta dunque di una perdita di peso oppure d’acquisto? Ci si chiede da dove
viene l’artista, da quale empireo?Se era puro pensiero, per farsi uccello deve
acquistare peso. Deve rapportarsi alla gravità. Verso la ‘doverosa scienza’ (o
conoscenza) (pag.33)Ma vi è da vincere il timore del contatto con il mondo
fisico. La ‘sventura’. È la ‘non compiuta metamorfosi, l’arresto del salto’. A
questo soccorre la lingua in cui diventa materico il senso e, di nuovo, a
‘dignità compone’. Vi è dunque un percepire le cose più da vicino, ma all’inizio
senza che vi sia contatto. Un percorso che va dal pensiero alle cose. Alle cose di
questa terra. Alla città, che è la nostra città, che viene
sfiorata in un volo radente, senza diventare all’inizio, percorso pedonale
dolorosamente calpestato. Una città solo guardata da vicino, appunto in una ‘non
compiuta metamorfosi’ (pag. 21) facendo i conti col sospetto, col timore.
Esaminata a volo radente. Esaminata, temuta e desiderata. A terra ‘la bellezza’
ci chiama, la bellezza materiale e concreta dei
marmi, delle statue degli
scorci. ‘A terra – perfino – il suono ha un’altra voce’ (pag. 23).Bellezza e
cimento, in questo nuovo volo di cui si percepisce anche il rischio. E Roma ci
appare dall’alto,
elusiva, contraddittoria. In
questa sezione, vuota della presenza della gente. Quasi non fosse Roma, quasi che
oscillasse tra quella sepolta del passato e quella promessa e mai sorta.
Distesa sotto un volo gioioso di storni al tramonto, in cui ‘Solo corpo del
giorno è la perfettissima voce’ (del giorno) (pag 37).. Infiniti percorsi tra
gabbiani e statue di angeli, loro ideali fratelli., tra le periferie, il fiume. Città non solo di bellezza ma anche ‘città piegata’.E cresce la
consapevolezza che ‘la vera incarnazione è ‘dabbasso/grandemente, dove torna la
notte’ (pag. 42). La notte come il contrario del mattino, del giorno. Oscurità.,
dolore. Se questa vita a mezz’aria non è ancora ‘vera incarnazione’, è solo
esplorazione e preparazione. (pag. 43). Questo è ancora insoddisfacente.
Qui si apre anche la
riflessione su un Dio che si materializza nelle cose, copresente, se non
immanente, al creato. Infine appaiono gli uomini: ‘a quale religione
appartengono, /gli uomini che non si voltano...’ (pag. 44). E’ una presenza
enigmatica, livida e ambigua, che suscita in parallelo il pensiero delle anime
rapaci dei corvi .Eppure questa è un’esortazione a se stessi: guardare indietro,
ai cieli infinitamente lontani, consapevolmente lasciati per trovare la forza,
la gioia di calcare la terra. Ne ‘La perdita di Peso’, tra atmosfere
vigoliane. vi è la testimonianza di una metamorfosi incompiuta, tuttora in atto,
con l’incontro con ‘Meravigliosi animali che restano a terra’ ‘senza librarsi’,
che suscitano stupore. Anche se la considerazione delle ‘radici che verranno
strappate’ rivela forse la consapevolezza di un fatto inevitabile, anche se,
per ora, procrastinato. Uccelli meravigliosi e fragili. Umili, come quelli a cui
Francesco predicava. Vi è nel testo una vena
francescana. Questi uccelli
fanno anche pensare agli ‘Uccelli’ sontuosi e magici di Linguaglossa e a quel
suo lavoro poetico forte quanto ingiustamente quasi dimenticato.
III Cimine
Vi è una carrellata su
territori non metropolitani, in luoghi dove si precisa una concezione, come si
diceva, francescana del rapporto con gli animali e con le cose. Molte le
citazioni e i riferimenti. Da Zanzotto A Omero a Vigolo
Una vicinanza con l’ultimo ermetismo.La tomba di Cardarelli Citazione di
Mandel’stam (acmeisti).
IV Il tempo del Rame (Cit.
di Accrocca)
E’ il tempo delle vicinanze.
Della gente.‘La fatica di esserci e passare’ (pag. 71)‘Troneggiare dei corvi e
sopra gli atleti’ (p.74) tornano gli uccelli. Poesia di pensiero e di preghiera
in questo nuovo luogo. Angelo Maria Ripellino (Praga Magica) Elio
Fiore, Giorgio Vigolo (Le notti romane).Il rapporto tra l’uomo e la
sua rappresentazione artistica (pag. 81).Milosz, Giordano Bruno,Edith
Bruck, scritte fasciste sull’Olocausto. Montemirabile chiude il
percorso del viaggio e certifica infine la compiuta metamorfosi”.
22 aprile 2009
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