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Bonsai

Elide, il gatto Raffaele e Teresa di Lisieux, a cui Lucio Zinna dedica questa raccolta di versi, sono – come lui stesso dice – «presenze diversamente vive di una sofferta “renaissance”»; sono, insomma, punti di riferimento costanti nell’opera di scavo che il poeta va, momento per momento, effettuando e registrando in tutte le direzioni, quotidianamente, con pazienza, per riuscire a toccare il fondo più segreto dell’uomo e il mistero del suo rapporto sempre più complesso e problematico con se stesso e con gli altri. E da qui quel suo particolare stare dentro le cose, con la giusta pazienza e il giusto coraggio, il sorriso ironico, che genera corrosivi stilemi, sostenuti da una riflessione lucida che tira fuori dalle cose brandelli di verità sepolte, eppure protese e/o ansiose di rivelarsi; in attesa insomma di qualcuno disposto a riportarle alla luce.

«Bonsai», dunque, è il risultato di una navigazione che ha come meta il cuore dell’uomo e delle cose, la sua ricca interiorità, piena di risorse e di possibilità, nonostante le apparenze, in un alternarsi continuo di umori di sconforti, eppure ricca di tensioni e vibrazioni che sgomentano, ma che comunque sono pronte a rimettere tutto nel gioco della vita. Per cui, alla fine, quello che conta – ed è quasi un approdo – è, nonostante tutto, questo ritrovarsi nell’anno nuovo, questo esserci: «Non sparo all’anno vecchio | non amo sparare (sono alieno | da ogni insondabile pirotecnia). | Mi lascia – l’anno morente – | sofferte esperienze gioiose | realizzazioni. Il vantaggio primo | di una maturata sopravvivenza. | Bene per bene male per male | intanto ci siamo – amore – | ed è questa la festa. Ci siamo | con i nostri con tutti | gli innamorati con il gatto | e la tartaruga. Alza la flûte. | Il mondo gira e noi ci siamo» (p. 45).

E da qui ricomincia il viaggio interiore.
Recensione
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