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Pietre
Sensibile poeta del Popolo
Le parole sono
pietre per il
Dottore piemontese Carlo Levi, al confino lucano. E sempre in terra
lucana, secondo il
pensiero del pisticcese Giovanni Di Lena, poeta del Popolo, le pietre diventano
parole che si incuneano
tra "La piega storta delle idee", tra "Il reale e il possibile". Con "Non solo
un
grido", "Coraggio e
debolezza" e "Il morso della ragione". Là dove "Non si schiara il cielo" in "Un
giorno di libertà".
Questo
intreccio di titolazioni delle raccolte poetiche,
pubblicate dal
1989 da Di
Lena, è in continuo
fermento.
Nell'immensità
dello spazio di un indefinito tempo.
Il nuovo libretto
poetico edito nel maggio
2018 dall'EditricErmes di Potenza, lancia ("a mani nude") con moto
perpetuo "pietre".
Una parola, questa (con la minuscola, quasi a sminuirne la portata), scritta in
copertina con un
ricercato colore rosso - il rossóre di quella sana concezione popolare -, che dà
la
titolazione alla nuova
antologica poetica. In occasione delle prime sessanta primavere di Giovanni
Di Lena. Il cantore di
una terra ove "Gli asserviti di Palazzo / si sfregarono le mani. / (...) nelle
valli
del Sud / pullularono
mille progetti ... / ma sul suolo lucano / le promesse bruciano ancora!" (in
"odissea a Bucaletto").
Con un retaggio, per dirla con un altro pensiero dello scrittore Carlo Levi, di
Luigini e contadini.
Il
poeta Di Lena ha dedicato le 36 liriche (una è sul segnalibro) "ad Elisa Claps e
Ilaria Alpi, a Giulio
Regeni e alle vittime celate nel mistero". Già, quel mistero che pregna la
realtà
lucana, propriamente,
sulle morti di tante persone che non trovano ancora soluzione. Verità e
Giustizia. Lungo è
l'elenco sottaciuto di persone che trovano "voce" attraverso le tante pietre di
Giovanni, appunto. Un
"cronista" che legge e descrive la realtà con versi lirici, di taglio deciso,
con
una durezza da acciaio
speciale. Nel contempo, con l'animo di colui che crede ancora nel
cambiamento. E fermamente
l'auspica, perché, nonostante tutto, v'è il rispetto per le persone e
l'amore per la propria
terra.
Perché solo chi ama davvero opera con lealtà e coerenza. "Logori sensali
e statici rampolli /
preparano / strabilianti giochi elettorali. / Dalle retrovie corrotte /
rispuntano
sagome deformi. / Non c'è
voglia di cambiamento. / Nel solito letamaio / culmina la quadratura" (in
"elezionum"). Di Lena
scrive "al Poeta", lirica di apertura dell'antologica: "La prostituzione morale
/
è un lusso che si concede
/ chi burla se stesso, / è un dazio che paga / chi sublima il proprio io. / La
prostituzione morale / ti
gira intorno, t'accarezza e / con grazia, tenta di soggiogarti. / E tu? /...". E
via con le
pietre
sull'ambiente, il
sociale, la politica: da "petrolio" a "la Fenice lucana", "contrada
Recisa" (con uno sprazzo
di intimità, in una fresca serata primaverile, infastidita dal movimento di
un'autocisterna...),
"silenzio clamoroso", "precarietà operaia", "nastro trasportatore", "salotti
express"..., "facce di
bronzo", "dinastia politica"...
E ancora "R55 negativo" ad Aldo Moro. E poi, i
pensieri per la sua "Marconia
1961-2017", frazione pisticcese "generata per scommessa...". Le
relazioni umane,
l'amicizia, per Giovanni sono, e non sempre, il lievito della vita, con "i
papaveri di
cartapesta", "perdenze",
"ad un amico"... Le pietre di Di Lena fanno centro. E l'acquerello "Ribelle"
del pittore
marconese-pisticcese Pietro Martino rappresenta l'apoteosi di (queste) pietre.
Davide
contro Golia, con il
lancio del sasso? Profonda e aspra è la lirica "nodi".
Una parola che riporta alla
memoria il tipico e
popolare nodo al fazzoletto per non dimenticare l'impegno assunto, la parola
data. "Nodi" è la summa
della sensibilità poetica. Di Lena fa memoria del valore umano del papà:
"Erano tristi gli occhi
di mio padre / quando fissarono i miei / quella mattina d'autunno. / Erano
pulite e callose le sue
mani! / Lavorava in rigoroso silenzio / e ogni sera / mi donava una morbida
carezza. / Non aveva
padroni mio padre / e rispettava la Legge. / Gli sciacalli gli saccheggiarono la
casa; / restò al palo /
come un cane. / Venne l'inverno / e la pioggia non lo risparmiò. / Alle ferite
della guerra / si
soprapposero - spietate - quelle civili. / Era solo, sempre solo, / ma non ebbe
paura
mio padre / e quando, a
fatica, riuscì / a strapparsi il bavaglio / anche la Giustizia gli fu contraria.
/
Era un uomo perbene, mio
padre, / ma aveva gli occhi tristi". Il Poeta promuove una vera
rivoluzione culturale.
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Recensione |
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