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La pasta con l'anima / Pasta cusufletul
Si
intitola La “Pasta con L’Anima” la singolare opera
verbo-visiva nata dall’incontro di due coppie di sorelle, Mihaela e Aurora Speranza Cernitu e
Giovanna e Liliana Ugolini. Due poetesse e due pittrici come due sono le
lingue, le culture attraverso le quali questo riuscito incontro d’arte si
propaga nella sua multiformità.
MihaelaCernitu
intitola “L’Amore” una raccolta di 8 brevi
testi. Nel cimentarsi con le asperità di una lingua non madre, i suoi versi,
restituiscono un uso scarno della parola, scevro da ricercatezze, in
un’essenzialità che è della purezza dei sentimenti, ricercati, questi sì, con la
costanza, la mitezza, di cui solo le anime, naturalmente generose, sono capaci.
Un percorso che si snoda fra pensieri in volo, coscienza delle proprie
fragilità, attese di felicità, identificate ora con L’Amore di una vita, ora con
una semplice domenica, felicità reale e felicità sembrata, dualismo eterno.
L’oggetto dell’Amore talvolta si fa sé, altre volte dispare, remoto corpo
celeste in azzurrità altre, relegando Mihaela al buio atavico, al bisogno
dell’Altro per guarire, esponendola (consapevolmente) al rischio di un tortuoso
avvilupparsi a un Esterno che quasi mai si rivela più solido dell’Interno
proprio. Il coraggio innato di un’anima in cui sono rimaste pressoché intatte
tutte le più intense speranze della fanciullezza, la sostiene nell’intentare un
equilibrio tra un dentro e fuori, in un funambolismo che ci vede compartecipi.
Ne “l’Unicorno” Aurora Speranza Cernitu colleziona 6 tele in cui la
mitologica creatura si muove con criniera fluente e ipnotica in atmosfere
rarefatte, senza una precisa collocazione spazio-temporale, quasi in un pianeta
altro, irradiato da corpi celesti mutanti che contengono a loro volta, fantasie
sognanti di unicorni. I colori digradano dagli iniziali verdi/blu e arancio ai
rossi purpurei, antichi, sanguigni, quasi laccati, in un crescendo in cui
l’onirica creatura, in una continuità ideale di aurore e crepuscoli, diviene
realtà, compagna di giochi di una sorta di piccolo principe svagato/invaghito
che galoppa tra ignoti universi portando con sé un violino. Ne rimane
un’impressione tattile di atmosfere estatiche, il respiro aperto della libertà
che si fonde con l’universalità in un senso metafisico che va oltre il
mitologico e favolistico.
Il
motivo dei corpi celesti, delle atmosfere sognanti, prosegue, dopo le azzurrità
inseguite di Mihaela, gli Universi Altri di Aurora, con Giovanna Ugolini
in un funambolismo di corpi coadiuvati, fisicamente e metafisicamente, da
improbabili fili di pasta, a scalare Lune in intorni di afrodisiaci frutti
appesi a mongolfiere con contorni di Stelle-Aquilone. Il saliscendi, nella
successiva tela, si impasta di quotidianità di piatti fumanti, di fattezze
formose alleggerite di una loro malinconica gravità grazie all’abbraccio/fusione
a una falce di Luna. Quest’ultima, presa la forma di utensile da cucina, domina
la scena seguente, in cui il femminile si veste di corporeità e intriganti
sensualità in un voluto effetto di contrapposizione a un intorno che odora di
assuefazione domestica. Il tratto è minuzioso, si prende estremamente cura di
ogni particolare, rispetta con dovizia creativa il dosaggio degli ingredienti di
ricette eccelse eppure mai uguali.
La
levità in apparente contrasto le forme di una circense matriosca che sorvola
tetti lontani, ci indurrebbe a un senso di liberazione dalle note connotative di
angelo del focolare, non fosse per lo sguardo rubicondo rivolto ancora verso il
basso. Ma è nel rovescio della medaglia dell’utensile che si fa Astro, luogo e
esaltazione della creatività, che ci si abbandona al piacere universale. Delle
vane attese, delle inappagate monotonie quotidiane resta traccia solo in forma
di tagliatelle stese su un’Amaca Luna, sulla quale finalmente essere Universo
nell’Universo.
Il tema
del dualismo e del doppio si ritrovano seguendo il tratto di Liliana Ugolini
restituire fedelmente un quotidiano minimo contrapposto a uno spazio cosmico
dell’Arte, emblema di Libertà assoluta. In “Lo Specchio” l’approfondimento è
sapiente, i ritratti brevi del passato e del presente scavano nella meticolosità
del particolare (fotogrammato) del Reale, perché la contrapposizione all’opposto
speculare sia resa con precisione millimetrica. La parola è misura nel tema del
minimale per esplodere poi in tutti i suoi riverberi di multistrati, di figure
poetiche, nello schiudersi all’altro dal sé, alla molteplicità cosmica. Nei
versi di Liliana che seguono ritrovo una giusta sintesi che possa racchiudere le
assonanze nella multiformità di questo lavoro che ci restituisce Universi e
Universi al femminile e che si rivela pienamente nella sua totalità:
Leggero lo Specchio
Vola
in immagini
Vuoto/pieno a colori
Liscio di lastra salmastra
E
terso d’aria.
Dentro ci balla la Marionetta
In
rifrazione di fili
Appesi alla Luna.
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Recensione |
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