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“sulla vita” di
Anna Scacchetti
Il trittico della vita
I — Il nuovo Eden
Il giorno in cui Dio decise di rifondare l'Eden, o meglio, fondare il
nuovo Eden
Collocazione temporale: domani o forse è già
avvenuto
collocazione spaziale: dovunque sia stato o sarà
Dov’era prima di tutti i tempi,
sulla Terra di sempre,
abitata una volta da Dio
e da Lui abbandonata
dopo che, nei suoi confronti,
il primo tradimento
fu perpetrato,
essendo falsata la tradizione
della cacciata dall’Eden
degli amanti fedifraghi,
nei secoli tramandata
per imperdonabili errori
di interpretazione e comunicazione,
figli forse di cattiva coscienza,
forse di misteriosi prodigi,
doveva rinascere,
secondo un disegno imperscrutabile;
come è parimenti, nel fondo,
l’animo umano.
Dio proprio, allora,
prelevò l’intero genere umano
fino all’ultimo aborto e seme congelato,
tutte le specie animali e vegetali esistenti
fino all’ultimo batterio bombardato
e soffio di polline vagante,
ogni cosa fino all’ultimo grano di polvere
sollevato da un esausto topo del deserto,
o virus informatico
casualmente generato da un colpo di tosse
nei chips di un obsoleto computer
e, in un nanosecondo,
trasferì l’intero carico
su un pianeta gemello,
nella galassia cerniera dell’Infinito,
dove tutto era predisposto
affinché nessuno si accorgesse di nulla.
Stesso sistema solare,
pianeti, luna, stelle,
angolazioni trigonometriche
e asse rotatorio,
venti, mari, cimiteri,
porti e aeroporti,
canzoni, prostitute,
sfasciacarrozze, discariche, storie, diatribe,
stagioni e stazioni orbitanti,
religioni,dogmi, tabù, virtù, crimini,
pascoli, piantagioni,
tutte le contrastanti opinioni,
sul bene e sul male, coraggio e viltà,
lealtà e tradimento,
quali che esse fossero,
di un cattedratico o un premio nobel,
una badante, un tassista,
un portiere d’albergo o di un clown,
tutte le porzioni, nessuna esclusa,
di gloria, vergogna e indifferenza,
verità relative e relative menzogne,
promesse mantenute e mancate,
sogni, incubi e desideri,
vizi, abitudini, hobbies, bisogni, manie,
pubblicità e rimpianti,
luci ed ombre,
tutto il dolore e la gioia del mondo,
ogni altro sentimento, ragionamento o intuizione
non escludendo i grandi orrori,
e le mostruosità,
così come
i grandi e piccoli momenti
di commozione,
le lacrime, i sorrisi,
quelle espressioni
sui volti dei bambini
o, a volte, degli adulti.
Nessuno, infatti, si accorse di nulla,
e la vita
affannosamente, incredibilmente
(ogni altro avverbio voglia chi legge)
continuò come sempre.
La Terra, rimasta ignuda e silente,
lasciata così com’era
per diversi secoli
condensati in frazioni di un attimo,
affinché solo l’orecchio di Dio
potesse sentire
il sibilo lungo e continuo del vento
che non c’era,
e il fragore della risacca
di quelle stesse onde spumeggianti
artefici
dell’arcobaleno fantastico
che solo nei suoi occhi
poteva riflettersi
in un imponderabile oceano,
solo il suo olfatto cogliere
la fragranza di lontane foreste,
milioni, forse miliardi di anni luce,
o di un fiore nascosto
di lì ad un passo virtuale,
non bello, sublime
per il suo intatto profumo
lontano, questo sì
dall’indomita avidità
della presenza umana,
fu raccolta dall’universo
e, immersa nel mare dell’Eternità,
depurata da tutte le incrostazioni
dei tempi e delle scienze,
ritornò com’era
prima del soffio vitale sul fango
e la successiva scommessa di una costola;
solo bellezza e bontà
delle valli e dei monti,
tumultuose cascate, frutteti e serpenti,
delle acque, delle foreste,
della natura, colori, odori,
sconfinate praterie, cavalli dalle lunghe criniere,
bisonti impazziti per ore in fuga
a perdita d’occhio,
per sparire, nel balenare di un attimo,
in un ipotetico orizzonte,
violenza sì, ma armonia, legami, futuro,
i luoghi della sacralità e del mistero,
una montagna,
una sorgente, una cascata,
l’eco di nebbiose lontananze.
Che cosa mancava?
L’eterno elemento dolente… inutile dirlo.
Se Dio non ama giocare a dadi,
come sostenne qualcuno
ispirato da elevata ragione,
non disdegna, peraltro, scommettere;
fu così, può dirsi, che non esitò
a confermare il libero arbitrio,
prima ancora
che ogni altra decisione
divenisse realtà.
Quindi sottrasse all’ignara umanità,
scegliendo uno ad uno,
con certosina cura immediata,
tutti coloro che erano,
al suo indefettibile vaglio,
assolutamente,
irrimediabilmente,
inequivocabilmente,
definitivamente soli,
di tal che la loro assenza
passasse del tutto inosservata,
e con essi, come si può dire,
ripopolò la Terra.
Abolito l’isolamento
fu privilegiata la socialità;
alla staticità
si preferì la dinamicità.
Così come l’inizio della vita, c’era la morte,
la vecchiaia, ma non la saggezza,
come ogni altra parola obsoleta
e così “libertà”, “pace”, “solidarietà”, “amore”, “verità”
ed altre,
per non parlare di “legge” e “giustizia”
lontane cugine, secondo un grande artista,
che si conoscono poco e,
in alcuni casi,
non si parlano neanche,
tutte sostituite
dal senso della bellezza e del mistero,
abrogata e sostituita
a sua volta
dalla visione d’insieme di ogni cosa
ciascuna in relazione alle altre
e tutte nel loro insieme.
In luogo dell’innocenza
fu profuso il senso della felicità;
in luogo di ordine, obbedienza, sacrificio,
si affermò
il rispetto per tutto ciò che era oltre se stesso
nel pensiero, nell’azione,
nel vivere.
Altro solo Dio sa;
quale fu, ad esempio,
la distribuzione
sul vecchio pianeta
ormai non più tale,
dei nuovi abitanti
pur ad esso appartenenti;
quale non fu la loro sorpresa
e la loro reazione
nelle nuove condizioni,
solo Dio sa,
come per ogni altra cosa,
sia così voluto,
senza altra argomentazione.
D’altronde chi se non…
nessuno potrebbe…
nessuno dovrebbe…
chi altri se non…
può sbagliare solo se vuole
e così non esistere.
Fu così che tutto ricominciò daccapo
o non ricominciò.
Non diversamente, del resto,
avrebbe potuto essere,
o… non essere.
Tutto questo è nella poesia
che, da sempre, con alterne vicende,
accompagna l’umanità.
Ma da allora, con maggior presa,
quale campione di essa,
attecchì nell’animo
degli abitanti del nuovo Eden.
II – L'abisso della vita
Questa poesia è come se fosse scritta su una pergamena chiusa in una
bottiglia, affidata alle instabili correnti e condizioni marine, per giungere a
chi, eventualmente, la troverà; essa è redatta come una superficie di mare che
precipita nel fondo.
Va letta al contrario, dalla fine all’inizio, per emergere poi in superficie;
oppure regolarmente dall’alto verso il basso, ma in tal caso c’è un che di
negativo, di pessimistico.
…………………………………….………………
e poi
…………………………..………………………………………………
acqua
poi
muori
acqua
c’è un grande silenzio
dei passati e dei futuri
dei
vicini e dei lontani
dei vivi e dei morti
è il peso
grande
oltre misura
ne hai viste troppe
Poi concludi
già qual è la summa?
delle
gioie e delle tristezze
la summa dei tormenti e dei sentimenti
della vita
nessuno più ormai
ti vede ma non ti conosce
qualcuno
ma non conosci
qualche nuova persona
vedi
di nuovo conosci qualcuno
succedono altre cose
diminuiscono i vivi
qui conosci sempre più morti
odi indifferentemente
qualcuno ti odia o ti ama e tu ami
quindi muoiono anch’esse
emozioni
– illusioni – speranze
stupore - sgomento - rimorsi - rimpianti
alcune sopravvivono
curiosamente ai tempi
di quelle
già conosciute
e conosci sempre meno persone
i morti
sempre di più
aria
poi aria
altrettanto non vedere le persone
così è specularmene per i morti
dal cinismo alla misericordia
si va dal giubilo al tormento
per i vivi
tanti
sono i morti
tanti sono i vivi
c’è un bilanciamento
della vita
le consapevolezze e le disillusioni
le false verità e le vere menzogne
di tutte le
rivelazioni e le deviazioni
dov’è il brulicare vorace
tra la
scorza e l’anima
gradualmente creatosi
nel corpo vuoto
terra nel mezzo del cammin di
nostra vita terra
.. il senno di
poi………..
……è la scorza della vita…….
… questo
sarà……….
….. il piacere e il dispiacere……..
…. alla sua
anima………
…. i valori e i disvalori………
….. come la pelle di un
albero…….. … cambiano, si mescolano, si
confondono……….
……attaccata agli
anni…….
.. poi succedono altre cose………..
Succede
Qualcosa
ma poi
non offenderle, almeno
altre conoscerle molto di più
alcune avresti voluto non
conoscere affatto
p e r s o n e
conosci sempre più
qualcuno già non c’è più
poi conosci nuove persone
conosci qualcuno
fuoco
e continua… e
continua… fuoco
che poi la vita
continua
dandosi qui per scontato
Nei primi anni di vita
III – Ode alla vita
… … …
Non si sentono voci
Non si aspetta nessuno
In una remota cattedrale del pensiero
Risuonano afone
Le note della Messa di Requiem
Come la visione di vaghi e originali percorsi
In un’altra poesia
Senza senso
Non sento le note
Eppure esse mi toccano l’anima
Nebbia
su alte vette lontane
s
i
l
e
n
z
i
si aprono
o
le dolci, lunghe ali della vita
tra alte vette percorse
da profondi rivoli
e saltellanti ruscelli
tra i baluardi delle chiese
carri di tespi e di vecchie cose
carri di streghe
e dei maghi dei boschi
rughe dai monti di neve e di sole
dai prati e dai campi
scorrendo gli argini
fino a sforare
nelle valli oceaniche delle onde
che ti portano lontano,
da una balena persa nell’Adriatico
stordita da branchi di pesci sfreccianti
all’abisso infinito
senza tempo né storia
e naviganti
e tempeste
dove albe lontane
e lontani tramonti
vagiti
calore
luci pastello
riccioli d’oro
disegnano rapsodie
nel tormentato colore del cielo.
Dalla montagna rotola un sasso
il sole
la pioggia
disegnano rapsodie
nel tormentato colore del cielo,
la processione
il paese
la banda musicale
il segno della croce
l’ave Maria
ritmi antichi
gocce di rugiada sui campi
il risveglio del gigante
la lunga attesa snervante
s i l e
n z i o s i l e n z i o
Luci multicolori
Carnevale
Il gran ballo… le danze… il bolero…
il valzer… il lago dei cigni
… IL VENTO… IL VENTO…
e qui appare lei…
somiglia a qualcuno…
figura slanciata…
bionda… capelli corti…
è certo una lady…
espressione malinconica…
ma sguardo
raggiante…occhi lucidi…
temperamento…
sentimento…
questo sì… inno alla
vita… qualcuno le
predice il futuro
il teatro…
l’amore… la morte…
il luccichio di
mille stelle,
mille lucciole
appaiono in cielo
nella notte di
luna nuova
emozioni d’amore e
di morte e poi…
i mille rumori della strada…
dalla montagna rotola un sasso
rimbalza tra picchi immacolati
e oscuri
ammassi di foglie marce
si perde nel fondo valle dei sogni
dov’è qualcuno che brinda alla vita
mentre tutto
…e qui è il tragicomico,
è indifferente
nuove nebbie si addensano
sulle alte cime
tra larici, conifere a abeti a perdita d’occhio
ma poi la nebbia si dirada
sulle alte cime
tra larici, conifere a abeti a perdita d’occhio…
chi l’avrebbe mai detto… distrazione… indifferenza…
quando ecco
l’urlo dei lontani ponti di Parigi
si perde nei mille echi delle valli sospese
come la lunga notte svanita nell’alba.
Nel fondo valle dei sogni qualcuno brinda alla vita
Nel fondo valle dei sogni io brindo alla vita Ma non è la stessa valle
FOGLIAME MORTO DATI… DATI… DATI… una pioggia… una cortina… un diluvio di
dati
Come in un film
Finché non si inaridisce il cuore
Il putrescente fiato della Morte
La scintillante falce in un istante
Passa… passa…
Tutto passa
RUMORI
I LA MUSICA
CROLLI
I DI UNA GRANDE
GRIDA
I ORCHESTRA
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I ------
VV
V
il vagito di un
neonato
il
buio
l’alba e il
tramonto
il sole e le
nuvole
drappeggiano il
cielo Il putrescente fiato della Morte
La scintillante falce in un istante
Passa… passa…
Tutto passa.
Questo è il Destino?
Incubi e notti insonni.
Tutto ciò che ha da dire… dice il Destino:
“Tenersi per mano… l’amore… il futuro… lo schianto… il
colpo che interrompe giovani vite…”
come sotto un ponte di Parigi
Ma quello non fu “Destino”!
La guerra e la pace
Le alleanze
Il tradimento
I servizi segreti.
Incubi e notti insonni
fu lì che imboccai la trincea…
il cunicolo l’intercapedine…
lo iato…
che il Destino mi aveva concesso
tra l’abisso e un costone roccioso
ombreggiato e sicuro,
un prato fremente alla carezzevole brezza
e una spaventosa selva intricata di rovi,
un piatto della bilancia e l’altro.
Oltre la nebbia
L’infinito leopardiano
Oltre la nebbia
Un guizzo di sole
Non fai in tempo a sentirne
Commozione e tepore
Che sopravanza improvviso il buio.
E’ notte fonda,
nella metropoli non si accendono luci.
Eppure…
qualcosa di rock…
mille, mille… e mille piccole luci…
un piazzale gremito di folla.
Sono proprio le inconfondibili guglie
del Duomo di Milano
svettanti verso un cielo non obsoleto
terso… trapunto di stelle.
Ed è proprio qui
che in questo sogno
si rinnova il miracolo.
Che cos’è quell’incedere lento e corposo delle note,
che introducono la pietà dei vivi verso la morte,
se non il richiamo all’austerità,
al riconoscimento del cammino
gravoso, tuttavia fermo
del Popolo di Dio
verso la Terra Promessa?
Quell’accostarsi all’altare,
attraverso l’ampio respiro
delle voci e dei suoni
che sempre più si restringe su un punto,
lasciando emergere infine
una sola voce squillante
che fa volare lo spirito
di coloro che,
in assoluto silenzio, ascoltano
verso quel punto,
appannaggio della speranza,
se non l’affermazione
che più forte del lutto
è la speranza?
E il dolore
che serpeggia nelle note basse,
non è forse lenito,
confortato, addolcito
dall’amore?
Il coro ora sembra ondeggiare,
remoti affreschi si muovono.
Quelle voci in un'unica voce,
ora ritmate, scandite
che cosa indicano
se non l’apparire degli angeli,
discesi forse,
proprio dai remoti affreschi
delle alte pareti e delle volte,
portatori di luce, gioia, bontà,
che si affermano senza ansia e senza gloria,
tenui, discrete, comprensive,
sulle tenebre, la malvagità e l’angoscia?
Ed ecco lo spazio, lo iato…
Tacciono tutti… perché?
Il silenzio del popolo
è come un’unica nota,
il diapason cosmico
della incontenibile commozione
che si espande… si espande… si espande…
verso indefinite dimensioni,
inimmaginabile
se, nella carne, non ci fosse lo spirito
da quelle stesse indefinite dimensioni proveniente.
Ed ecco che riprende in crescendo
l’insieme delle musiche e voci
per osannare la misericordia di Dio.
Perché la particolare solennità di questo momento
ha voluto sottolineare la pausa…
il silenzio, il fermo… prima di chiudere in gloria,
se non per rispondere
una volta a Dio,
anziché chiedere come sempre?
“Io so
che se dal nulla è stata creata ogni cosa
esiste solo la vita,
e, quale indispensabile espressione,
ad essa appartiene la morte.”
Così finisce questa ode alla vita
Come l’osanna alla misericordia di Dio.
Ringraziamenti
Ringrazio lo spirito di
Lady D, sotterrata dalla Ragion di Stato e resuscitata dalla vita; ringrazio i
miei amici Gustavo e Sandro ai quali appartengono, togliendo al non detto le
cose che effettivamente sono state scritte, la prima e l’ultima parte di questa
composizione. La parte centrale è stata scritta direttamente dalla mano del
Destino, come pochi sanno; assemblaggio, limature, orpelli e imbellettamenti
sono miei.
Grazie a tutti i bambini,
boccioli di vita, e ai miei venticinque
lettori.
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Materiale |
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