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Prefazione a
La città delle rose
di Nicla Morletti

la Scheda del libro

Massimo Lucchesi

Appena volgiamo l'attenzione alla affettività, si rimane colpiti dalla sua estensione.
Scrittori, poeti e mistici hanno saputo esprimere poderosi sentimenti di contatto col cosmo e col divino. E le comuni opere letterarie o artistiche occupano l'immenso spazio delle pulsioni e dei conflitti che qualificano la nostra affettività.
Se teniamo presente l'importanza di questo campo affettivo, si ha, però, l'impressione che l'intelletto umano non abbia consacrato molti sforzi a studiarlo. Diverse possono essere le motivazioni.
Prima di tutto e soggettivamente: non è facile che ci si senta pronti ad affrontare l'analisi del mondo instabile e fluido dell'affettività. Abituati a maneggiare concetti e piuttosto inclini a determinare norme di azione, come potremmo attardarci a soppesare le reazioni emotive per valutarne saggiamente il senso spirituale?
Il termine "affettività", nel suo senso più saggio, è inoltre poco definito. Diamogli l'accezione più estesa, intendendo per affettività l'insieme dei movimenti della mente che presentino un momento di passività. A questa istanza affettiva potremmo ricondurre sia le pulsioni studiate dalla psicoanalisi, sia i sentimenti più mistici. Ecco il vasto campo che si presenta al nostro desiderio di saggezza e di cui vogliamo tentare l'esplorazione.
è una esplorazione che si rivela tanto più necessaria quanto più, chi vi si ingegna saggiamente, sceglie come campo del proprio studio l'uomo nella sua relazione a Dio. Non appena infatti la si affronta, la riflessione sull'istanza affettiva diviene inevitabile.
Riassumendo tutta la legge nel doppio comandamento dell'amore di Dio e del prossimo, si è invitati a riflettere sulla natura di tale amore. Esso si identifica puramente e semplicemente con l'obbedienza alla legge riconosciuta dalla ragione, o implica altri fattori che giova ricondurre all'istanza affettiva? D'altronde, come vivere concretamente il precetto "Amerai il Signore Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente" (Dt 6,5; Mt 22,37)? L'integralità di questo amore non implica necessariamente una partecipazione affettiva?
Attraverso il racconto degli interventi di Dio nella storia, sappiamo che tale amore è benevolenza, pietà e misericordia. Se dunque ci atteniamo a questo, dobbiamo applicare a Dio nozioni affettive. Esse sono troppo presenti nei libri della Bibbia, perché una riflessione autenticamente sapiente possa trascurarli.
Porre in Dio operazioni che risalgono alla affettività introduce un dato teologico nuovo: poiché abbiamo qualificato l'affettività come essenzialmente passiva, bisogna domandarsi come e in quale misura un tale dato possa applicarsi a Dio.
Ancora: se da una parte Dio si definisce come amore e misericordia, e se dall'altra parte la legge morale fondamentale si riassume nell'amore, è giusto chiedersi: queste due proposizioni non saranno unite da legami intelligibili profondi? In altri termini bisogna domandarsi se una teologia conseguente non debba includere una riflessione approfondita sul senso e la funzione di una teologia affettiva.
L'interrogativo è tanto più impellente se consideriamo non solo i princìpi della vita ispirata alla ricerca di Dio ma anche il suo sviluppo storico. La partecipazione alla grazia divina, che è il primo effetto dell'amore di Dio in noi, non implica forse una trasformazione della coscienza dovuta all'introduzione di elementi nuovi, appartenenti all'istanza affettiva?
I doni dello Spirito ci arricchiscono di sapienza, di forza, di timore e di pietà e così si inseriscono nella nostra affettività spirituale; similmente l'esperienza delle consolazioni e delle desolazioni spirituali somiglia all'esperienza dei movimenti depressivi o euforici. Osservazioni che ci invitano a porre la dimensione teologica di una affettività spirituale.
Di fatto una riflessione approfondita sull'affettività s'impone, soprattutto nel campo della spiritualità. Che cosa intendiamo per teologia spirituale, se non una riflessione sulla vita dello spirito e dunque, sia pure laicamente, su una certa esperienza di un mondo trascendente? Una simile esperienza, si sviluppa in un clima affettivo: a partire dal cambiamento di se stessi, fino a quella consumazione in cui si gustano i frutti dello Spirito ed è anticipata la beatitudine, si operano trasformazioni profonde che coinvolgono i sentimenti e le disposizioni fondamentali dell'uomo in cerca di Dio.
Non si può, però, considerare una istanza puramente soprannaturale senza tener conto dell'inserimento di tale realtà nella nostra umanità, tanto più se, in questo percorso, una matura sapienza conduce all'unificazione interiore della persona. è dunque compito da sapienti studiare come, nell'unità della coscienza, l'affettività soprannaturale entri in rapporto con la dimensione affettiva naturale in tutta la sua complessità, tanto più che, nel campo affettivo, l'unità della coscienza s'impone con forza.
Per illuminare questa via, il libro "La città delle Rose - Sapienza e amore" richiama l'interiorità e la intelligenza di antichi teologi che hanno cercato di definire il ruolo dell'amore nella vita spirituale. Particolarmente sant'Agostino, ma anche i rappresentanti della teologia monastica che si ispirano a lui.
Disegnare le linee di amore e sapienza, suggerendo al contempo una pedagogia della formazione spirituale che possa integrarla: tale è forse l'umile ma grande intento di questo originale romanzo.
Un libro attento e discreto nel racconto di una storia piena di affetti, che vuole rispondere anche all'attesa di tutti coloro che soffrono per l'assenza di una più consapevole, matura e sapiente vita di amore densa di umanità e di Spirito.

Materiale
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