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Mariagrazia Carraroli
Incontro con gli etruschi

Franco Manescalchi

novecentopoesia@gmail.com

Mariagrazia Carraroli e Luciano Ricci alcuni anni fa intrapresero un viaggio poetico e fotografico nella Tuscia e “incontrarono” le ombre degli antichi abitatori dei quali dettero testimonianza nel volume E nella sera un’ombra .

Mariagrazia Carraroli, veneta di origine, poetessa dalla voce pura, scevra da ogni risonanza retorica, attenta a conservare integro il “calibro” della voce, è rimasta coinvolta nel respiro del tempo di un paesaggio dove l’intervento antropico ha semplicemente evidenziato quanto la terra offra da rimodellare per viverci, senza violarla né cancellarne le originarie modulazioni.

E quando queste “modulazioni” interagiscono nell’animo del poeta, ecco che il silenzio si fa parola, la parola canto e questo suasiva armonia dell’eros.

Così, a visitare la tomba Ildebranda, il duomo di Sovana o Pitigliano può accadere di sentirsi vivi in un eterno presente dove tutto sta ancora accadendo e dove, per merito delle opere edificate nel segno della vita, è possibile quasi avvertire gli etruschi ancora fra noi o, inoltre, alcuni di noi sembrano dialogare con gli hintial (le ombre etrusche, appunto).

Ecco, la poetessa ha avuto in sorte di ricevere questo dialogo al punto da ascoltare e restituirci un coro degli Etruschi di Pitigliano che, dalle loro tombe, evocano “il verde carico della speranza/incisa oltre i confini/delle nostre tombe.”

Questo perché l’eros, inteso come desiderio di vita che si tramanda senza soluzione di continuità, fa si che “nella sera un’ombra” l’ombra della sera (chiarissimo il riferimento alle statuette alla Giacometti) divenga alimento essenziale per la luce albale, che avvertii io stesso, ad esempio, molti anni orsono di fronte alla tomba Ildebranda, con accanto alberi da frutto selvatici che, ai piedi del tufo modellato, mostravano i loro agri pomi in un tempo che si era fermato.

A Pitigliano (Grosseto)

Coro etrusco

La parete di tufo serra ancora l’enigma dei nostri accenti di preghiere cantilenate sopra corpi senza respiro.

E’ impastata con la loro cenere con le loro ombre.

Per questo l’inattesa visione della città alla svolta del monte seduce il viaggiatore e lo scuote d’un fremito ignoto.

Questo paese non affonda le sue radici nel tufo soltanto e il bastione che l’ha difeso anche noi protegge.

La Valle di Geremia lussureggia di noi il verde carico della speranza incisa oltre i confini delle nostre tombe.

Ex Cavo
Venerdì 5 gennaio 2013

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