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Cara Lucia,

con un po’ di vergogna riesco finalmente a dirti un grazie più corale ed esteso al dono caro e amico delle tue ultime fatiche poetiche, veri combattimenti dei quali Amare serve è un’icona, Illuminillime un affresco.

Ho dovuto attendere le ferie estive per avere il giusto tempo che richiedono le cose belle, ed ho così potuto leggere con grande attenzione e raccoglimento il tuo lavoro. Ho poca dimestichezza con il mondo letterario moderno, ma con vera gioia, nonostante e proprio nella sofferenza lucida che il tuo sentire ha effuso, ho colto echi profondi di quei contemporanei che sono i classici della scrittura, che tanto hanno rivelato dell’umano da essere nostri fratelli per sempre: ecco gli echi d’aspra amarezza e condanna per lo sgretolarsi della giustizia, misericordia e fedeltà quando noi si seguono virtute (qui è l’amore) e conoscenza, così danteschi, ma temprati dalla pacata malinconia, vigile e paziente che ricorda il Petrarca; ho sentito il dolore d’esistere di Leopardi, temprato dal disincanto bonario e dalla tenerezza sorridente per il Creato già di Umberto Saba (che anch’io tanto amo). Il tutto così tuo, intimamente, coraggiosamente, come se ti facessi madre, tenera custode dell’animo umano e d’ogni vita nel suo sentire fisico e spirituale, offrendo la tua inesausta ricerca, il tuo dolore e il sapore vagamente amaro che la vita lascia sulle labbra dell’amore e che solo la dolcezza divina può lenire. Quanti richiami alla croce, al dolce Figlio, perché tutto è figlio e nasce dalle parole come da un grembo, nei tuoi versi persino il percorso della luce. E nelle parole la luce si incarna, in un gioco di riflessi con i timori e le speranze quotidiane, in una tua simbiosi d’affetto con il Creato, che senti altare di umanità verso il Cielo ed offerta di pace di Dio. È un’epica della luce e dell’amore, dove il gesto semplice diventa fretta di costruzione, se rivestito di indomita volontà e di sete di conoscenza e diventa voce di testimonianza al Bene.

Sai, a me piace saper riconoscere le voci, anche quando ascolto le canzoni alla radio o di sottofondo in una libreria, mentre cerco un libro: la tua voce è inconfondibile, con una ricchezza di gradini di significato davvero di pochi ed una grazia artigianale, virile e gentile ad un tempo, nel riuscire ad accordarne suoni e respiri in un’armonia superiore di assonanze col fluire delle stagioni e dell’esistenza.

Ho amato particolarmente Accoglienza (p. 15), Inserto (p. 17), Nel respiro del Creato (p. 18) e Solchi (p. 19); ho sentito “il dolore in conati di amare / silenti” di Albescenze (p. 21); mi piacerebbe poter essere tra chi “sopporta di cucire una veste di grazia al mondo” (Come un faggio, p. 26); ho visto il tuo volto nell’albero di Respiro (p. 33) ed in tutte le liriche ho sentito quella “invisibile irradiazione d’anima/ espansa/ di consapevolezza dilatata” (Mutamenti, p. 36).

In quell’“ape noiosa” (Arnie, p. 41) ho visto le vite di tanti poeti, che hanno sfiorato con le loro parole la vita per dirne il volto e dire l’indicibile.

Ho assaporato Fiore di cardo (p. 48), era il sapore di quel “grido di fiamma /che urla l’assurdo dolore/ di amare di amaro amore” (Apici, p. 50), però con un sorriso dolce di creatura. E Assunto (p. 60), Labilità (p. 61), In volo (p. 65), Controluce (p. 67), quell’“altra sera azzurra”.

E ancora Da domani (p. 91), Gravia (p. 93), Giorno che vieni (p. 95), Illuminillime (p. 101), fino alle gemme che sono, per me, Prova del nove (p.102), e fortissimamente, Ti fai farina (p. 103); poi Murici (p. 106) e Ulne (p. 110) con quella “pietra che assorbe il magma della luce”, Tornei (p. 113) “quando non vorrò cercare più con gli occhi la salvezza” ed il suo eco in Certamen (p. 118), la sua speranza in Germinature (p. 121): un sottile filo mistico permea e dà senso a questi sguardi lucidi, dagli improvvisi colpi d’ala, quieti come risvegli, forti come risvegli di vulcani.

Amare serve sarebbe da imparare tutto a memoria e da tenere nel cuore per i giorni grigi, come un sole di riserva, una primavera amica ed a maggior ragione ti ringrazio per la dedica a mamma e a Checchi oltre che a me, l’amore è questo sole e questa eterna primavera. Ti chiedo scusa di questi balbettamenti, che spero abbiano però reso l’emozione e la tensione morale che ho respirato nelle tue care pagine e che tanto mi hanno donato e continueranno a donarmi.

Grazie di cuore per queste emozioni, anche del pensiero, e dell’affetto che mamma ed io ricambiamo con un caro e forte abbraccio

(anche Checchi, che è sempre con noi)
Mara

24.8.2011

Recensione
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