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I luoghi
di Sebastiano
Un
volumetto agile e di lettura gradevole e coinvolgente,studiato per un pubblico
giovane,non aduso a ricerche polverose o a far rivivere eroi dimenticati da
lettere e/o testimonianze. Sebastiano Schiavon (1883-1922) è scoperto con un
dialogo avvincente, tra una giovane quanto curiosa discendente e il nonno, con
un intreccio di situazioni che si dipanano attraverso la rivisitazione dei
luoghi che hanno fatto da sfondo alla vita di un leader del mondo contadino,un
mondo sul quale due occhi adolescenti si aprono per non vedere solo campi
verdissimi di mais ora coltivati da pochi uomini e pochi mezzi meccanici,ma per
rivivere la drammatica vita di quanti con l’annessione del 1866 del Veneto
all’Italia soffrivano già di una grave crisi economica (alla maggior parte dei
contadini ogni 11 novembre, festa di San Martino i proprietari delle terre
rinnovavano o meno i contratti di fitto e quindi la possibilità di restare nelle
case con le stalle nelle campagne).
Anche il padre di Schiavon coltiva la
terra,quella del conte Wollemborg e solo per intervento della maestra Silvana e
il parroco, ha la possibilità di studiare al Seminario di Padova e dopo la
maturità classica si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia nel 1903, ma già
dal 1905 comincia la sua missione politica,che lo vedrà al fianco dei lavoratori
delle cave di trachite sui Colli Euganei per la difesa del lavoro e sostenitore
di scioperi quale quello di Saonara per difendere i diritti degli operai delle
serre della ditta Sgaravatti e quelli della cartiera di Lugo Vicentino. In un
periodo in cui esisteva solo un sindacato, organizzato dal partito socialista, che
non aveva tendenze religiose, Schiavon vince il concorso come dirigente
dell’Ufficio cattolico del lavoro,ideato dal vescovo Luigi Pellizzo, nominato a
Padova da Pio X, così comincia la lotta in difesa degli stipendi, degli
orari, contro le ingiustizie degli imprenditori, l’arroganza di proprietari terrieri.
E’ a Cittadella che nel 1910 fa nascere il primo sindacato veneto in
difesa dei boari, il primo sindacato cattolico tra 10mila contadini riuniti con
bandiere e labari. A Firenze per due anni, in qualità di segretario dell’ufficio
dell’Unione Popolare, organizza conferenze, scioperi, fonda cooperative agricole,
apre casse rurali per aiutare i contadini più poveri. In qualità di consigliere
provinciale a Padova e comunale a Saonara si preoccupa nel 1912 anche della
pellagra. Abituato alle rinunce, al sacrificio, poggia il suo progetto di vita
sulla solidarietà verso i poveri, eletto due volte in Parlamento, nel 1913 e nel
1919, lavora per la realizzazione di un partito cattolico, per un sindacato
nazionale
Da neutralista voterà contro la concessione dei pieni poteri al
Governo Salandra in caso di guerra, ma dovrà schierarsi poi per l’Italia e spinto
da umanità e senso di giustizia creerà i Comitati di preparazione civile, di cui sarà presidente onorario, per "tenere alto il morale della popolazione, esaminare
le situazioni delle famiglie bisognose di sussidi, scrivere lettere per i soldati
al fronte da parte degli anziani, quasi tutti analfabeti, inviare ai combattenti
pacchi con indumenti e cibo, inoltre, lavorare la terra abbandonata per mancanza
di manodopera, tutta reclutata dall’esercito". Pur ammalato di tubercolosi non si
tira indietro nella difesa dei profughi, di quanti furono traditi dalla promessa
di un pezzo di terra al ritorno dalle trincee. Direttore delle Leghe bianche
cattoliche per fronteggiare l’influenza delle rosse ,di sinistra, darà il suo
appoggio nel 1919 a don Luigi Sturzo per la creazione del Partito Popolare
italiano che lo vedrà eletto proprio in quelle liste di nuovo parlamentare. Vita
votata ai più deboli, vita breve, appena 38 anni, ma che lo hanno visto
protagonista di eventi significativi dal punto di vista
politico-amministrativo,che gli hanno procurato amicizie e invidie/tradimenti.
La sua vicenda, impreziosita dalla visita ai luoghi che lo hanno visto al fianco
di deboli ed indifesi, con riferimenti sintetici, ma significativi alla grande
storia con i suoi protagonisti più noti, dovrebbe risvegliare il sopito amor di
patria, il senso di appartenenza, il senso del rispetto per l’altro, il dovere di
agire per e nel nome di un comune senso di fratellanza, al di lá delle
ideologie. La sua battaglia, la sua fiducia nel miglioramento dovrebbero
infondere nelle nuove generazioni, spesso accusate di poltronite, un sussulto di
orgoglio, una retrospezione propositiva dal punto di vista morale, nonché sociale
che faccia apprezzare il punto di partenza,non ciò di cui non si dispone,ma ciò
di cui si dispone:le radici storiche e umane.
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Recensione |
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