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In fuga perenne verso
l'ignoto, le cose si trasformano, cambiano e scompaiono, con ritmo incessante.
Siamo tutti mistero. La ragione non riesce a dare risposte. La vera sapienza sta
nel prenderne atto, nell'accettazione serena della necessità che alberga
nell'intero universo. Occorre, dunque, rimanere sé stessi, trattenere il
proprio candore e lasciare che tutto si compia: è questo il grande segreto. Ed
è questo anche il nucleo vitale del messaggio racchiuso in Di rosa e di terra,
la nuova raccolta di versi di Antonio Chiades, che, da studioso raffinato e
poliedrico, rivela di conoscere a fondo l'essenza, le finalità e gli strumenti
della scrittura poetica.
Il linguaggio scarno, povero di aggettivazioni e mai
gratuito usato nelle poesie, è il frutto di una scelta consapevole. Ogni
parola, infatti, risulta funzionale e adatta a dare corpo a un pensiero
perennemente proiettato in avanti e verso l'alto: dentro la storia, ma anche e
soprattutto al di là e oltre: non per venire a capo dell'Enigma, bensì solo per
il desiderio di tenere ben fermo il confine; di riconoscere i graffi, i
sorrisi; di essere sempre capace di distinguere il bene dal male. Conta
soltanto questo. Ed è forse per questo motivo che il poeta ama la montagna e i
suoi silenzi, da ascoltare ogni sera, per riempire la propria esistenza di amore
e di pietà; per lasciarsi attraversare dauna calma diversa; per ritrovare ogni
giorno la vita; per vedere tumulti e sospiri trasformarsi in lievi scintille
vaganti portate dal vento; per catturare la luce, pura e vivente, che giunge
fin dove arriva il silenzio; per guardarsi dentro; per scoprire di essersi
fatto lui stesso luce.
Si sente sempre più spesso, oggi, ripetere che non serve più
a nulla continuare a produrre versi, che la poesia è esercizio inutile, vuota
esibizione di pianti o, quel che è peggio, di elucubrazioni più o meno sterili
e astratte. E, a volte, è difficile non condividere il giudizio, vista la
quantità sempre crescente di gente che si ostina a scrivere senza avere mai
letto nulla. Il libro di Antonio Chiades è un esempio concreto, invece, di
poesia vera, bella, feconda, suggestiva e "necessaria". La scrittura, infatti,
serve, nel senso che risulta utile, quando chi ne fa uso ha colto le ragioni
della letteratura e il senso dell'esistere, ha cose da narrare e, soprattutto,
ha una "voce" originale e inconfondibile, capace di "turbare" il lettore, stimolandolo a interrogarsi.
Antonio Chiades è poeta vero, dunque, perché le sue radici culturali sono
robuste e profonde; perché sa ascoltare
la storia del mondo e la voce dei morti;
sa ricomporre gli urti, gli schiaffi come
se Dio vedesse ogni cosa; sa diventare pura preghiera, farsi racconto dei
pensieri venuti senza sapere da dove... Perciò il suo è un canto che convince,
affascina e arricchisce la niente e lo spirito.
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Recensione |
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