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L'alba di un nuovo giorno
Ad ogni modo l’alba sorge sempre con la stessa
traiettoria.
Ogni mattina il sole sorge e un altro giorno inizia, è l’ineluttabilità
della vita. Ma ogni vita è speciale ed ogni individuo affronta a suo modo le
difficoltà, la malattia, le sofferenze e la morte.
La silloge, scritta da Wilma Minotti Cerini, è divisa in sette sezioni per un
totale di 132 poesie, accompagnata da tre interventi critici: il primo è di
Mons. Franco Butti, XXV prefetto della Veneranda Biblioteca Ambrosiana, il
secondo è di Francesco Di Ciaccia e l’ultimo di Marco Travaglini. Le poesie
riguardano l’amore, la vita, i temi sociali, i quesiti esistenziali, la guerra
con le sue conseguenze ed i migranti. La poetessa si chiede il motivo di tanta
sofferenza, di ciò che è avvenuto a Sarajevo, della guerra del Golfo. Poi ci
sono tante liriche dedicate ai genitori, al suo compagno, agli artisti Peter
Russell, Salvatore Quasimodo, Pablo Neruda, Alda Merini e Rabindranath Tagore.
“Le riflessioni preliminari dell’ Autrice alla sua raccolta di poesie suonano
come un grido di dolore e quasi come un grido di allarme per la condizione
dell’umanità contemporanea” afferma Francesco Di Ciaccia. È una poesia, infatti,
che parte dall’io e si allarga poi, nel sentire il mondo attraverso la sua
sofferenza.
“Eppure tu ed io / nella diversità del sentire / ci teniamo
per mano”. È una raccolta di versi commovente, toccante, il linguaggio
utilizzato è delicato, a volte tenero, ma sempre elegante. La struttura è
estremamente libera, pochissima è la punteggiatura, il verso segue il ritmo
dell’emozione: talvolta lento, talvolta veloce.
È una poesia sussurrata che promana tranquillità: “Alle
mani avvolgenti / com’onda al naviglio / A questo quieto amore / che più non teme /
Ricevo ed offro / la dolcezza matura / di uno stanco sorriso”. La Minotti riesce a
trasmettere la serenità che vive insieme al compagno, alla loro sintonia, alla
loro condivisione e alla consapevolezza di amare e di essere amata. La sua è
un’anima che si spoglia del dolore che la circonda, ma non può fare a meno di
riflettere, di porsi domande sul perché si è arrivati a certo punto. All’autrice
non interessa tanto la trasformazione fisica dell’essere umano, quanto
piuttosto il divenire psicologico di quell’identità che abita in ciascuno di noi
e che nel tempo, si apre alle attese di un futuro ricco di promesse che si nutre
di sogni e progetti, fantasiosi o realistici che siano, raggiuge una maturità
carica di buoni risultati, insieme a fallimenti e inevitabili delusioni e si
volge verso un declino progressivo, vissuto in forma vigile e pienamente
consapevole di potenzialità che non vengono meno, scrive così Mons. Buzzi.
Riflessioni di un cuore che sente l’altro, anche se dalla parte opposta del
pianeta e grazie alla sua empatia se ne fa carico, come fosse lei stessa
colpevole della violenza, dei soprusi che i più indifesi sono costretti a
subire.
Una delle più strazianti liriche è Tempo sei maestro che ha
composto Tesfali-da Tesfom, un giovane ragazzo che dall’Eritrea sbarca in
Sicilia, denutrito e con la tubercolosi e che, purtroppo, è deceduto il giorno
dopo. Era un’anima bianca che, nella sua breve permanenza nell’ospedale
italiano, candidamente chiamò il dottore papà. Nel suo portafogli sono state
trovate alcune poesie che indicano, appunto, quanto il giovane sia stato
un’anima innocente, nata in un luogo troppo malvagio e crudele per lui. Come lui
tanti altri sono arrivati in Italia in cerca di una possibilità, di
un’occasione, nell’illusione di un’esistenza migliore.
Wilma Minotti Cerini ha pubblicato diverse sillogi,
romanzi e racconti; è presente nella Storia della Letteratura Italiana, nel
Dizionario Autori - Poeti scelti a livello europeo. Scrive Marco Travaglini
che questa è una silloge potente che celebra il fascino della parola e dei
sentimenti, invitando i lettori a mettersi in cerca delle emozioni più profonde
e nascoste, necessarie per illuminare un cammino, una ricerca, un pensiero che
non si accontenta di stare in superficie. Un pensiero che condividono tutti
coloro che riescono a vedere nell’altro se stessi.
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Recensione |
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