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Quale testo migliore di questo per parlare del
centocinquantenario dell’Unità d’Italia? Il libro racconta le ultime due
settimane di vita dello scrittore e patriota Ippolito Nievo con una formula tra
la biografia e il romanzo storico, basata su testi e lettere dello stesso Nievo.
Ma “tutto è rigorosamente autentico, tutto è rigorosamente immaginato”, come
afferma lo stesso Ruffilli che ha già pubblicato una Vita di Ippolito Nievo
(1991) e curato una recente ristampa del suo romanzo.
Il romanzo di Ruffilli si apre (e si chiude) sul mare, con
il ritorno di Nievo a Palermo, città che lui all’inizio sembra detesti per la
sua proverbiale inerzia, per la corruzione e per i suoi inganni, ma dalla quale
è certamente attratto. Una città che dopo la rivoluzione garibaldina vede
l’insediamento dei rappresentanti del governo sabaudo, molte volte più
avventurieri degli stessi garibaldini, combattuti questi ultimi tra l’ideale (il
sogno) e la realtà di questa splendida terra ricca di fascino e di contrasti,
che – come aveva scritto Alexandre Dumas nelle sue “Impressions de Voyage” – è
come “la primavera dopo l’inverno”. Suggestiva e coinvolgente la descrizione
dell’approdo.
Palermo dunque, città nella quale l’amore è l’attività
principale, mentre Ippolito teme “l’ossessione fisiologica dell’amore” che
per lui è un vero dilemma: da anni nutre un intenso sentimento – puramente
platonico – per Bice Melzi d’Eril, moglie di suo cugino, altrettanto intenso e
profondo è il suo legame con la madre Adele alla quale Bice somiglia anche
fisicamente; due figure di donne che forse sono una sola, per questo egli
ricorre a delle “amanti di sostegno”.
Sullo sfondo di questo romanzo si è da poco concluso lo
sbarco dei Mille e, nitida e precisa, la figura di Garibaldi viene tratteggiata
dallo stesso Ippolito (Ruffilli): la sua umanità, il suo coraggio e soprattutto
il suo rigore morale. Ma vengono pure evidenziati l’atteggiamento sospettoso di
Cavour e le lotte sotterranee dei suoi emissari che temono il favore degli
isolani nei riguardi di Garibaldi e dei suoi.
Per il giovane Nievo un nuovo amore, infine nasce in questi
pochi giorni a Palermo con Palmira, una donna intelligente e sensuale che gli
apre gli occhi sull’amore completo di cuore e di sensi.
Con questa consapevolezza si allontana dall’isola della
quale – si rende conto – è rimasto “impregnato”, ma purtroppo egli rimarrà per
sempre in quel mare che una volta l’aveva lasciato andare quando, quattro anni
prima, aveva rischiato l’annegamento ma – come racconta una leggenda di
pescatori sul patto di misericordia fra gli uomini e il mare – chi una
volta si è salvato da un naufragio non sarà risparmiato una seconda volta.
Il fatto che la nave Ercole – che portava i
rendiconti finanziari della spedizione dei Mille e della successiva
amministrazione garibaldina – affondi misteriosamente, suscita qualche dubbio,
volutamente lasciato in sospeso da Ruffilli. Lo scrittore anche questa volta
descrive con grande forza e maestria l’incalzare della tempesta e gli ultimi,
tragici momenti prima del disastro.
Scompare così, non
ancora trentenne, Ippolito Nievo, un grande scrittore italiano dell’Ottocento,
per anni sottovalutato e quasi dimenticato. Questa può essere una buona
occasione per accostarci anche alle pagine del suo libro Le confessioni di un
italiano, che appartengono a un’epoca gloriosa, a uno scrittore –
sfortunatamente troppo in anticipo sui tempi – ma che con la sua elegante
ironia, con la sua mancanza di pregiudizi può, a tutto diritto, appartenere ai
nostri.
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Recensione |
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