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Introduzione a
Percy Bysshe Shelley il cuore e l'ombra viva
di Giancarlo Micheli

la Scheda del libro

Shelley contemporaneo

Da un punto della spiaggia della città di Viareggio, un punto situato tra il Palazzo Paolina, dove in età napoleonica aveva risieduto la sorella del catastrofico eroe che rivoltò le sorti politiche dell’Europa ottocentesca, tra quel palazzo e l’oscura località delle Due fosse, della quale la storiografia non pare conservi precise memorie, ad ogni modo insufficienti a stabilire sia il motivo dell’attribuzione di quel nome, sia l’esatta ubicazione nello spazio, da un tale approssimativo punto si scorgono, non meno approssimativamente, a nord il Golfo della Spezia e, nelle giornate più limpide, principalmente in certe ore estive quando un lontano riverbero di torreggianti costruzioni appare in una vaga fata morgana, a sud, il porto di Livorno.

La goletta di Percy Bysshe Shelley fu investita dalla tempesta mentre navigava davanti alla foce del Serchio, là dove era posto il confine marittimo tra gli stati del Ducato di Lucca e del Granducato di Toscana. I tre uomini che si trovavano a bordo annegarono tutti, e i loro cadaveri furono restituiti dal mare sulle coste di stati diversi. Edward Williams, il capitano della Ariel, fu ritrovato in territorio granducale, a sud della foce del Serchio, in località Vecchiano, laddove il corpo del poeta e quello del mozzo, Charles Vivian, furono gettati sulle coste del Ducato di Lucca, l’uno a Viareggio e l’altro a Marina di Massa. Ciascuno dei tre cadaveri fu bruciato sul posto del ritrovamento, nel rispetto delle norme sanitarie allora vigenti, intese a scongiurare il diffondersi di pestilenze. Quello del poeta seguì tale sorte sulla spiaggia di ponente, a Viareggio, tra Palazzo Paolina e la località delle Due fosse.

Il caso pare aver disposto nello spazio i luttuosi esiti dei naufraghi nel rispetto di una certa simmetria, secondo una sorta di topologia che insiste su un immaginario territorializzato, di riconoscibili principi oppositivi. L’epoca in cui Shelley visse era contraddistinta, in ogni campo di esistenza, da sorgenti principi individualistici: la potenza dell’io si dispiegava nell’eroismo della rappresentazione. Dal punto di vista contemporaneo si prova un certo qual senso di disagio dinanzi a ciò, tanto che una simile pervicacia nel battere i territori dell’identità appare regressiva, infantile. Le vedettes della attuale società dello spettacolo, dall’intellettuale mediatizzato alla pop-star, debbono ipotecare una consapevolezza ben altrimenti complessa, debbono contenersi all’interno del flusso d’intensità del codice, sono chiamate ad offrire alla vorace ed onnivora platea degli abili alla replicazione modelli concreti e facilmente accessibili, ed al contempo desiderabili. Ciò non valeva all’epoca di Shelley, il quale visse nella relativa illusione di sospingere la propria esperienza esistenziale al di là dei confini territorializzati dalla nascente ideologia borghese: gli bastò praticare in vita l’adulterio, farsi dedito alle droghe allora in voga, e gli bastarono altre pratiche, oggi assorbite fin quasi alla nausea dal rumore di fondo del codice imperante.

Per ritornare in ogni caso a noi, esaminiamo più da vicino il mistero misurandosi con il quale Shelley illuminò un’esperienza che ci riguarda in maniera diretta, nonché durevole. A stare a quel che i biografi hanno tramandato, egli parve ricercare, forse quasi provocare, il momento della propria morte. Pare che egli abbia desiderato incontrarla con particolare intensità. Nella sua poesia, inoltre, ricorre sovente l’indagine del mondo degli spiriti, delle creature che esistono al di là dei cicli di morte e rinascita.

Dalla spiaggia di Viareggio sono visibili tanto il luogo da cui Shelley partì, quanto quello in cui avrebbe dovuto arrivare. Qua, su questa spiaggia, egli completò il suo transito terrestre, qua dove noi abbiamo facoltà di richiamarlo alla memoria, in un luogo altrettanto immaginario di quello che anche lui si rappresentava, finché la sua fantasia non si rifuse con gli elementi del piano di consistenza. Non si tratta certo di progettare tavole per plausibili, o ingannevoli, sedute spiritiche, né convegni sui motti di spirito, si tratta di porsi piuttosto in stati di presenza, di investigare quel mistero con l’intelligenza, la sensibilità e la pratica.

L’Associazione di Cultura Contemporanea BAU ha promosso la rassegna “Percy Bysshe Shelley, il cuore e l’ombra viva” sul luogo dove fu cremato il corpo del poeta. La grande vitalità creativa espressa dai partecipanti, la particolare situazione meteorologica nel giorno dell’evento, che allo scatenarsi di un violento temporale ha visto seguire l’erompere del sole e un dorato tramonto, tutto ciò ha dimostrato che “gli atomi di lui”, come scrisse Felice Cavallotti per l’inaugurazione del monumento al poeta, sono ancora vivi e operanti. Attuale rimane il sentimento di libertà con il quale Shelley si dedicò ad abbattere e oltrepassare i muri dell’oppressione e i vincoli sociali repressivi, come pure la sfida da lui lanciata contro i limiti fisici e biologici del corpo e delle leggi di natura.

Questa pubblicazione, raccogliendo materiali eterogenei, talvolta contaminando i generi consentiti (poetico, saggistico, performativo, o altro che sia), intende proporre il cammino verso un’estetica dell’apertura al non visibile.

Materiale
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