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La poesia nella scuola
Sono stata piacevolmente sorpresa nel ricevere un libro inconsueto: La Poesia nella Scuola del Liceo Scientifico Statale “Aeclanum" di Mirabella Eclano (Avellino), in cui gli alunni del I-II-III Liceo Classico, guidati e sollecitati dalla sapiente prof. Luisa Martiniello si sono cimentati nell’analisi approfondita di quindici poesie del notissimo poeta prof. Brandisio Andolfi tratte dal suo libro Dettati dell’anima. Durante l’attenta e interessante lettura ho avuto sentimenti di sorpresa per la qualità dell’analisi i cui obiettivi erano:
In questa analisi si sono cimentate 20 ragazze del I-II-III Liceo Classico, con una scelta poetica più consona al loro sentire emotivo. Ebbene non posso che complimentarmi con loro poiché tutte, nessuna esclusa, è stata non solo all’altezza del compito ma vi ha messo un sentimento personale di altissimo livello. Un plauso a questa iniziativa, augurandomi che questo preziosissimo libro possa varcare le soglie di questo Liceo per trovare visibilità e accoglienza in altre scuole e soprattutto a più vasti lettori. Brandisio Andolfi poeta sensibile qual è mette in gioco poesie fondamentali per rapportarci ai nostri giorni con i tempi passati, ma esamina, con la prima poesia, anche situazioni attuali nelle quali pare che l’homo sapiens sapiens regredisca a livelli molto primitivi e violenti , come nella poesia: – al bambino rapito – che ci porta a ricordare i tanti bambini scomparsi nel nulla a pochi passi dai genitori e dalle persone amiche, dove il mostro è in agguato qualunque nome vogliamo dargli: “assassino, pedofilo, chirurgo senza scrupoli con il bisturi pronto a togliere da una vita pulsante un organo per venderlo a caro prezzo ad un altrettanto persona senza scrupoli “. Qui vi è una riflessione fondamentale: ma quale strada sta percorrendo quella parte dell’umanità che si crede inserita, spesso a torto, nella forma giuridica chiamata civiltà? Non si tratta di rimpiangere tempi passati, luoghi e periodi legati alla giovinezza, e proprio per questo così anelanti nel ricordo. Parrebbe che ogni generazione abbia da rimpiangere qualcosa se andiamo a ritroso nel tempo, quindi oltre il nostro di persone non solo adulte ma cosiddette anziane. Nella realtà c’è sempre qualcosa che si perde e qualcosa che si guadagna. Ma da quale parte pende la bilancia? Se esaminiamo la seconda poesia “Vetrine” dove le ragazze sognano l’abito esposto all’ultima moda e, mentre se ne vanno camminando, forse neppure si accorgono che l’aria della città è diventata irrespirabile, solo il poeta rammenta quel tempo in cui l’abito nuovo era una chimera ma tale mancanza era compensata da un sentiero di siepi fiorite emananti profumo intenso, l’aria era pulita, e il silenzio accompagnava il sorgere di pensieri poetici, poiché si manteneva il tempo della riflessione. Nella terza poesia “Pure il saluto in città” si coglie il senso del perduto. Non più il tempo del camminare pacifico, il piacere di una chiacchierata di un saluto non frettoloso, ora da una autovettura il suono prolungato di un claxon rivela che un amico ritiene che il suono fastidioso possa sostituire il gesto umano di guardarsi, di riconoscerti per tale, neppure più una stretta di mano. ”Pure il saluto in città, muore | in un istante di un suono di claxon “ Ma è “nell’uomo canuto e curvo” che viene stravolto il senso dell’umano, del solidale. Ci si rende conto che lui è solo, il come e perché il poeta non lo dice. Ma non è raro leggere sui giornali di persone anziane bisognose, di una solitudine segnata dall’indifferenza. Malandati e curvi senza qualcuno che si occupi di loro, a stento se ne vanno camminando adagio, malfermi sulle gambe, nel caso della poesia quest’uomo ha per amico un cane, l’animale che ti ama solo per quella carezza e che condivide una vita anche stentata, ma è sufficiente per tirare avanti se un cane appoggia il proprio muso sulle tue gambe come farebbero i bambini che amano i nonni. E qui un urlo ci sta bene. Cara civiltà odierna e occidentale ricordati che se non muori giovane dovrai anche tu sostenere il peso degli anni, e ricordati ancora che una volta i vecchi erano accuditi all’interno della famiglia e non erano una cosa da gettarsi via, e avevano da raccontare tante cose della loro vita: bastava saper ascoltare, e queste memorie erano parte della storia dell’umanità. Ma se fosse un vecchio la cui memoria vacilla basterebbe un gesto di amorevole soccorso, anche un saluto può rendere la vita meno uggiosa, insomma essere un po’ cristiani non solo a parole. Vi sono civiltà diverse dalla nostra, anche primitive, dove i vecchi sono venerati e rispettati come saggi. “La pagina strappata” pone un altro quesito. Si può riempire un vuoto? Si può ricongiungere i fili di un racconto mozzo che aveva in sé un andare bucolico? Forse immaginando cose nuove. Ma quando manca una pagina e non si sa più il perché vi è una perdita del pensiero di allora che non può rimediarsi con un pensiero nuovo, si è perduto qualcosa e non si saprà mai cosa! “Emigrante” qui il poeta si immedesima nel soggetto e fa suoi i rimpianti dei luoghi natii. Che sia inverno con giorni in cui il cielo terso dal freddo rende le stelle ancor più luminose, o in primavera coi fiori silvestri o nei campi dove i rosolacci si mescolano alla coltivazioni più varie, l’emigrante sogna il proprio paese natio, ed è così per tutti, anche per noi quanto all’inizio del XX secolo partivano per luoghi lontani i nostri concittadini con la nostalgia nel cuore, quante pene anche per loro! Parrebbe che ogni generazione porga miriadi di emigranti proprio come le stelle nel cielo terso, e la nostalgia si espande per ogni dove se l’accoglienza è sempre più distante, se lo sfruttamento è la paga che viene data. Ma se pure non fosse così, è il luogo natio il luogo dove si brama di ritornare, così come fanno i salmoni che tornano a morire dove sono nati. “Favole d’altri tempi” qui il poeta si esprime con un lirismo di incomparabile e commovente bellezza, la metafora della favola è affascinante, ogni verso ci porta con mano sapiente ad esaminare qualcosa che non si può più tramandare, e come potremmo tramandare i suoni di una notte di vento che si accorda agli ululati del lupo e dove i fantasmi dei montanari arrivano in una casa piena di calore per raccontare storie d’altri tempi. Ora quelle case non sorridono più, poiché sono vuote, chiuse. Una casa che sorride, ha le persiane aperte e la porta socchiusa come in attesa di qualcuno che arrivi, dove un camino fuma. Come potranno quindi tramandare i nipoti ad altri nipoti queste storie antiche in una città sfolgorante di luci e dove non si sente l’ululato del vento che si accorda a quello del lupo, ma l’assordante e fastidioso clamore di claxon impazziti. Come potranno allora i fantasmi dei montanari scendere a raccontare storie? Segue la poesia “La casa in mezzo al verde” immediatamente consolatoria, dove vi è un posto nascosto che dev’essere trovato con una certa fatica, il poeta porta – forse metaforicamente –, una persona alla quale vuol fare una sorpresa, dove si respira un luogo senza tempo, una sorta di chimera agognata, forse chi accompagna è incredula che si possa penetrare una visione paradisiaca: una casa in mezzo al verde «…isolata, lontana, tutta bianca/ come sposa in mezzo a un giardino», una casa dove regna l’armonia tra l’umano e il cielo, dove un cane viene zittito nel suo abbaiare con una carezza dal suo padrone, dove il fumo sale al cielo come l’incenso della Pieve vicina. Lì sta la pace: quel sentimento che ti conduce al bene, alla quiete. Poesia questa di Brandisio Andolfi altamente simbolica di una speranza che si fa concreta se lo si vuole. Ma occorre cercare e osare sperare e credere: Dio è lì dove l’animo ritrova il ristoro nella bellezza e nella quiete. “Profumi d’alba” ci porta immediatamente alla sensazione della gioia che si manifesta nell’animo quando giunge una nuova alba, che rinnova un giorno nuovo e forse anche una vita nuova. In questa poesia dal forte accento lirico, si assapora quanto la natura offre al suo risveglio dalla notte in un autunno che ancora offre aromi con le foglie che man mano, come pioggia, scendono leggiadre, e dove le vespe ritrovano il loro ultimo banchetto prima del lungo inverno che macera l’ultima erba che s’imbiancherà di brina. “Natale è” questa tenera poesia ci porta ogni anno a proporci di essere buoni, davanti al presepe che ricorda una nascita divina, scesa su questa terra non in veste regale, ma nell’umiltà per confortare gli umili. Il giorno di Natale è giorno di raccoglimento famigliare, giorno di festa, giorno di abbondanza. Ma questo giorno di abbondanza ora è tanto simile ad altri giorni dell’anno. Tutto il mondo cristiano, in qualsiasi latitudine festeggia questo giorno. Ma dobbiamo porci una domanda: è un giorno veramente cristiano, oppure è divenuto un giorno convenzionale dove si fa sfoggio di regali? E i miseri e gli umili della terra, oppure quelli ormai così vicini a noi in povertà possono gioire come certuni? Il poeta ricorda questo santo giorno nella gioia che sa di attesa nella luce dei bimbi felici e meravigliati, ed anch’esso ne è felice per i suoni degli zampognari che scendono dai monti innevati a cullare il sonno del Santo bambino e aggiunge «sono tutti belli i Natali del mondo | quando si prostrano a pregare | per gli “uomini di buona volontà” | davanti alla Capanna divina. | Ma sulla terra ancora la violenza | Piange ancora il bambino ». Forse occorre riprendere in mano il Vangelo per capire quanto i nostri atti siano aderenti al messaggio divino, se nell’abbondanza non lasciamo un posto al nostro prossimo bisognoso, se non preghiamo per coloro che nella loro vita non conoscono la parola “Pace”; prostriamoci dunque in preghiera nel Santo Natale per chiedere questo dono per coloro che non conoscono il significato: per tutti i bambini del mondo. “Le Strade”, in questa poesia vi è tutta l’amarezza di una bellezza perduta. Le città sfolgoranti di luci e di rumori, non conosce la bellezza dell’andare per le vie silenziose e deserte con la luce delle stelle e della luna. Il poeta è triste nella sua attualità rimembrando quel tempo in cui «La luna era l’unico faro. | che illuminava la strada; | la sua luce giocava con le nuvole | passeggiatrici agli angoli delle notte». Questa poesia mi ricorda una canzone molto bella che fa “quando i bambini fanno | oh che meraviglia | che meraviglia”. Ecco in questa ode vi è proprio il rimpianto di quel sentimento infantile che ognuno porta con sé anche con l’andare degli anni. Nessuno saprà mai, come il nostro poeta, la bellezza di una luna che s’affaccia tra i tetti per scomparire dietro una nuvola e poi ricomparire con la sua luce così confortante su altri tetti. Le luci ostentate nel loro sfolgorio offuscano la bellezza del creato, e persino negano invece quelle luci che si accendono nella case dove si può immaginare una famiglia riunita. Solo le luci dei fari di automobili sfreccianti che accecano gli occhi, dove forse ci sta un amico di un tempo che passa veloce per chissà dove. “Mi piace la notte” il poeta si ribella a tutte le convenzioni sociali del giorno; la notte è tutta sua, parla con la sua anima, s’interroga in un lungo soliloquio rigenerante. Ed io condivido il suo pensiero «Mi piace la notte | ché posso spalancare le porte | ai pensieri: indomiti destrieri», e sono fiera che questi siano indomabili. “Ogni sera” poesia altamente sociale e drammatica: Auto che si muovono dalla città verso la periferia per il lavoro quotidiano e che tornano alla sera, spesso incolonnate, riportando verso casa un corpo stanco. Per queste persone la notte è il silenzioso e necessario riposo per il giorno successivo. «finiscono tutte in città le strade | dove ogni sera la notte zittisce i rumori». Poi ci sono quelle dei giovani, che escono di sera, che corrono a velocità pazze rincorrendosi lungo le strade all’uscita dalle discoteche e dove, purtroppo per molti, la droga fa si che «All’alba qualche auto non arriva | in città: si perde lungo la strada | del ritorno». Qui l’animo del poeta rende con questi versi tutta la drammaticità di vite spezzate: “spinelli, droga e alcool" offuscano i limiti, la mente non recepisce più il pericolo e spesso la giovinezza passa da un’euforia intossicata ad una vita spezzata per sempre. “L’ho sentita” questa struggente e romantica poesia ci conduce verso quei sentieri delle memoria, che si aprono a tratti e par di rivivere un sentimento antico come rinnovato, fresco e fremente come lo è un amore del passato che ci ha fatto battere il cuore e che torna anche per breve tempo a turbarci come quell’allora. Una sola primavera fu quell’amore appassionato, ma sufficiente per essere rimembrato con nostalgia «l’ho sentita battere alla porta del cuore. | Un fremito mi ha squassato tutto | come un temporale senza tuoni | che giunge inavvertito e piega i fiori». “E’ giunto il tempo” questo poema è la sintesi della propria vita. Gran parte del vissuto è analizzato con quella saggezza che i capelli bigi sanno dare. Non più tempo di illusioni, ma esamina della semina, dei frutti ormai maturi «seminare è sempre un atto di fede» e lo è ancor più se a raccogliere i frutti saranno le nuove generazioni se sapranno raccogliere anche un sol pugno della fatica che il poeta desidera tramandare. E qui dobbiamo tornare all’inizio di questa recensione di questo poeta così profondo nel suo dettato poetico, con la certezza che questo pugno di pensieri seminati stanno già fiorendo tra le mani di giovani liceali che hanno così intensamente pensato, vagliato, esaminato dal punto di vista sintattico quanto ha scritto il poeta Brandisio Andolfi col suo libro di poesie Dettati dell’anima. Termino con un ulteriore elogio a questo magnifico e importante lavoro fatto da queste bravissime liceali del Liceo Classico “Aeclanum" di Mirabella Eclano (Avellino.) |
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