Porto antico
Il canto della Gaddo Zanovello solfeggia, repentinamente,
sublimi versi di elevata musicalità.
In breve, questa è l’arma della nostra poetessa:
proporre su onde sognanti l’interno strazio esistenziale dalla tortuosa e
sfuggente immagine. All’uopo, l’Autrice elabora un particolare incanto aulico
costruito, a volte, con l’aiuto esclusivo di descrizioni dai contorni onirici e,
a volte, col ricorso a programmatiche amare pause atte a stimolare la
riflessione.
Altre volte, invece, si nota – come in “Ballata” – un
martellante e premeditato indugio oggettivale, che ossifica le immagini in brevi
e nette espressioni poetiche.
Sul tutto veleggia un’aspirazione “antica” all’attracco
esistenziale: la ricerca di un “porto” dove la libertà non sia un’utopia e dove
primeggino realmente il Cristiano messaggio di Pace e di Amore: “…E beve la
terra / la grandezza del Suo dono, / sente nelle vene / i semi germogliare” (Vagabondo,
pag. 34).
Da rilevare, infine, l’elegante veste tipografica del
volume.
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