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L'odissea di una vela
Opera prima di chiaro spessore, Isole e vele ci mostra ua
autore nuovo, Veniero Scarselli, che ha già piega padronanza di mezzi e capacità
di incnaalare intuiziosi e costruzioni non solo in un piano organico, ma anche
entro un discorso potente e finalizzato non sempre di facile lettura, a volte
con punte amare, quasi ostiche, nel fondare una personale poetica da lui
definita 'romanzo lirico' e che qui si vuoi ridefinire poemetto epico, epopea di
anima afflitta, spesso atrocemeate tormentata.
Epico-fantasmagorico, con immagini marine e spaziali, il
libro rende quel senso di ineluttabile che possiede oggi vicenda umana, narrata
non importa in che modo, non con che cadenze e sequenze. Veniero Scarselli
procede in paesaggi desolati, deserti e sabbiosi, e si porta alternativameate
in altri ove padrone sono le acque, i gorghi degli oceani ed evoca figure di
vita (la donna spesso è vista come geaeratrice e/o distruttrice); evoca fantasmi
che parlano di morte, ombre evanescenti e improbabili, a volte, e poi sogni
(forse di vita trascorsa e che preme in sensazioai di ricordi).
E c'è qualcosa di totalizzante, un empito pressoché onnivoro,
nell'ansia poetica dell'autore, e, pure, ua senso opprimeste di angoscia, come
per un fato che si compie e raggela. Ancora, a momenti esaltanti, nel testo, se ne
alternano altri di calmi, edenici, quasi
languidi, come le terrificanti bonacce, ancorché vivifiche, che seguono le
tempeste. Qui Scarselli pare fustigare se stesso per aver osato guardare e
puntare in alto; ed è allora che, contrito, egli si rende conto del tempo
trascorso, del fluire iaesorbile di tutto:
"... Oggi | sono povera cosa | fraticello che giorno dopo giorno | attende all'umile cibo", dice
nel finale di 'Sigillo di fecondazione' e, subito dopo, in "Come grazia
attendo", reiteraado: "... Così timido | è ora il giorno che consumo | così effimero
| il lume della lampada | così incapace | la parola che
scrivo...". Insomma, c'è come una retrospettiva di attese deluse, di sconfitte
patite che saldano la raccolta in quella vera e propria oasi di tormento che
è l'Abu Hassan indicata in apertura e in conclusione, mentre si può affermare
che l'autore davvero viaggia; anzi, più è cogitabondo, quindi immobile e chino
sui suoi pensieri, più percorre spazi, perfetto salgariano che vive avventure
su un mappamondo.
E anche le conclusioni sovente sconsolate di molte
composizioni e finanche del libretto sono forse solo estremo esorcismo di anima
che non vuole arrendersi. Il viaggio di vele ed isole non è terminato.
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Recensione |
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