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Con i suoi Torbidi amorosi labirinti Veniero Scarselli mi ha scosso per la
capacità e chiarezza (davvero scientifica) di esporre le tematiche, l’osso
duro del suo poetare. Anche le sue interviste sono davvero un manifesto
poetico articolato e determinato. Ora credo che Scarselli non debba troppo
struggersi per quel che posso aver pensato in passato per la sua forse troppo
forte Pavana, anche perché non sono al carro di nessuno, ma in verità il
suo talento (che strano e ironico pensare che l’oggetto che ci unisce e lacera
allo stesso tempo è apparso scritto nero su bianco su una rivista con questo
nome: Talento) è innegabile e lui non perde la mia stima.
Chiarisco
però il mio agire. Poesia è certo libertà, ma fino ad un certo punto, nel senso
che proprio quando si entra nel labirinto dei sentimenti ci vuole misura. E’ una
opinione forse, perché la misura è come il pudore: cambia coi tempi e con le
persone, dice qualcuno. Tuttavia ho capito benissimo la ricerca di Scarselli, il
suo modo di poetare, e mi pare una strada impervia sulla quale si è avviato e in
cui brucia molte qualità. Libero di continuare: io sono certo che una
riflessione lo porterà a imboccare una via d’indagine poetica meno scabrosa e
più proficua.
Certo
Scarselli è un poeta-filosofo e questo connubio è il solo che possa
caratterizzare la ricerca poetica oggi. Anch’io ho pensato con estremo
turbamento al carnaio sanguinolento di animali che si masticano l’un l’altro
per vivere; e molto di più (lo confesso) alla dura legge che ci impone
l’impasto di una presenza che contempla il dolore. Il problema del dolore, del
peccato, del Male (se a qualcuno dà fastidio il termine peccato) è immenso e
cruciale nodo, ma ne ho concluso anch’io (troppo banalmente da cristiano?) ciò
che Scarselli afferma: e cioè che la casualità e il disordine non vanno bene per
questo universo che invece tende all’ordine sempre con ogni mezzo (non lo dice
anche Monod?). Rammento che il buon Darwin si chiedeva perché mai l’evoluzione
tendesse all’ordine e non al caos. E non è il caso di essere candidi (nel senso
di voltairiana memoria, anche se gli è mille volte superiore Leibniz), ma
neanche disperatamente cinici.
Il mondo non sarà
perfetto, ma si registra un ordine, sennò come potrebbe esservi scienza? Oggi
purtroppo vige lo specialismo (chiamiamolo così) degli scienziati, mentre pochi,
sull’onda di un personale successo, possono dedicarsi alla speculazione vera,
alla sintesi. Insomma, di carne al fuoco per scrivere e indagare ce n’è per chi
fa poesia. Contro lo sperimentalismo vacuo (quello dello sterile vaniloquio
delle avanguardie), ma anche a favore di una poesia scioccante, ma non urtante.
Tra ludismo e pessimismo c’è una terza via. | |
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Recensione |
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