Prefazione a
L'incombenza individuale
di Rossano Onano
la
Scheda del
libro

Rea Silvia Motti
in: Luciano Anceschi,
Che cosa è la
poesia?
Zanichelli, Bologna, 1986, pag. 177.
A fronte della
tradizione poetica antica e recente, la “differenza”, la ragione di essere, la
solitudine della poesia “nuova” sta nella sua capacità di imporre
pregiudizialmente al lettore un'intesa duplice: di rinuncia alla definizione e
alla gerarchizzazione in termini di poetica, e di affermazione della complicità
tra scrittura e lettura, in nome di una ricerca di frammenti di senso nonostante
le certezze negative del pensiero.
L'incombenza individuale
chiede con etica ironia proprio questo per costituirsi come ciò che resta-esiste
contro una sorte di morte culturalmente acquisita al punto che il dolore che ne
nasce rischia il non senso, disperante e assurdo, estraneo all'elegante semplice
armonia del vivere.
Superare la contraddizione,
tentare la fuga è forse possibile al pensiero, ma l'individuo resta comunque
ferito da questo destino.
Come un angelo paradossale si
aggira – maglione nero mani un po' irrigidite dal silenzio – tra sequenze di
vita, frammenti di una cronaca umana registrata con paziente attenzione. Forse è
l'autore, poco indulgente per la verità, verso le dismisure autobiografiche.
Forse è stato un uomo
e attraverso larghe marce di avvicinamento ha conosciuto le tappe del proprio
destino; ha preso dalla vita con sobria ordinata alterità tutto il senso e il
valore, tanto da amarla con mistica ordinata semplicità. Il suo desiderio era
esserci, conoscersi per conoscerla, amarla e poi lasciarla in armonia.
Ma la verità incoerente del
vissuto ancora lo trafigge a cattedrali di sterili attese e quotidiane
alienazioni; non ci sono più atti e parole che non portino il sapore acre della
memoria, la frattura della coscienza, l'attorcigliarsi del sentimento intorno a
momenti e a sensi dell'esistenza individuale, violentemente avvincenti.
Il pensiero della morte lega
quell'essere-uomo alla vita, non può ancora lasciare le nostalgie che si evocano
di continuo, le infinite asperità di un proiettarsi illuso verso di essa; non
può ancora arrestare il proprio sguardo sull'orizzonte immobile, perché il senso
di questo atto ultimo non è ancora adeguato alla sua volontà, alla sua storia
individuale.
E' tutto scritto, questo sì,
nella trasparenza del suo corpo quasi sospeso, nella sua attitudine esistenziale
e nella sua immaginazione, ma l'ovvietà quotidiana della morte lo respinge alla
dolente soggettività del dolore e dell'amore.
Tanatos, l'antica forza
contro cui l'uomo ha tentato invano la vittoria e cercato il senso del proprio
essere nel tempo, Tanatos è diventata evento o fenomeno acquisito – e subìto –
con misurata coscienza; sfugge comunque e sempre, per ovvietà o ridondanza, la
superba realtà della sofferenza individuale, sempre tenacemente in cerca di
immagini omologhe per raccontarsi come Dolore, Nostalgia, Amore.
Il frammento, l'imprevedibile
circostanza, l'individuo cercano nell'eco delle parole deformate in quotidiani
esercizi di stile – intellettuali, esistenziali, letterari – ironicamente
disgregati in nome di Pensiero e di Scienza, una dimensione di esistenza.
Al corpo è rimasta
l'incombenza di concludere la vicenda individuale con formale, disinvolta
intelligenza; ma, caduto il senso di ogni ricerca di significati definitivi, il
pensiero resta spasmodicamente attivo e abile nel vedere, con distaccata ironica
certezza, ciò che resta oltre la precarietà e l'incompiutezza del presente.
Ricordi ed esperienze
segnano su quel corpo facoltà di percezione raccolte in visioni nostalgiche o
protese in abbandoni di intensa liricità, biffate come una lastra antica che sa
ancora dare immagini ed emozioni ma contiene anche la vita e il valore di morte
della sua storia.
Il senso della scrittura si
isola in questo ritorno del pensiero al corpo, in cerca di un andare avanti che
la ragione nega e il sentimento vuole obliterare contro l'ambigua verità del
Silenzio e del Dolore; la parola sa ancora raccogliere risposte e attese, echi
di armonie sognate e nostalgie comprese con lacerante coscienza storica.
E' scrittura episodica,
suggerita da occasioni esterne ed interne al soggetto; nasce con immediata
spontanea oggettiva forza e improvvisamente si avvolge intorno al perno di una
percezione intensamente vigile, giocando con ironie accorte allo stravolgimento
espressionistico e surreale, nella ricerca del significato e di una identità di
scrittura. Contro la vicenda del dolore, perché “gli umani non sanno da dove
vengono e dove vanno” resta vincente un modo d'essere, una abilità esistenziale
che la poesia esprime ed esalta da sempre, nelle diverse forme, imponendosi ogni
volta in virtù di un fare e di uno scegliere che fissano, in termini di valore,
il rapporto col significato e col tempo.
In questa raccolta il fare
poesia si traduce in scelte linguistiche e poetiche che creano, attraverso una
tessitura paziente e sfrontata sottile ingenuità la dimensione ampia della
coscienza; l'ironia, la letteratura, la scienza si coinvolgono reciprocamente
tanto contro ogni metafisica certezza quanto contro l'irriducibile ovvietà del
dolore. Nel suo scaturire apparentemente facile, piegandosi ai modi del parlato
e ai sincretismi del presente, ambisce a costituirsi con necessaria misurata
compiutezza come “poetica delle macerie nata nel cuore di un umanesimo
disilluso”.
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