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Del
sognato
La disputa mai risolta tra Calderon de la Barca
e Garcia Lorca, tra coloro che affermano che "la vita è sogno" e quelli che con
altrettanta forza sostengono che non lo è, equivale forse ad uno di quegli
"incidenti militari" definiti "fuoco amico": i due gruppi di pensiero
contendenti, per il semplice fatto di operare una distinzione tra realtà e
sogno, dimostrano di indossare la stessa divisa, di far parte di un identico
schieramento. Non c'è modo di risolvere il dilemma sopra citato, di certo non
qui e non ora. Ma è utile notare che il libro di Raffaele Piazza ci pone subito
di fronte ad un titolo perentorio in grado di spostare di primo acchito la
questione su un terreno neutro e tuttavia ben definito, una terra di confine
nettamente identificabile. Del sognato dovrebbe, per un'immediata valenza
connotativa, collocarsi e collocarci sul piano onirico. Invece, personalmente
almeno, mi accade di vedere in modo immediato anche l'altro versante, quello
opposto e speculare: leggendo Del sognato, nel caso specifico del libro di
Piazza, e anche sulla base di letture precedenti di altri lavori dello stesso
autore, mi si presenta alla mente, sovrapposta, la definizione "Del vissuto".
Ha rilevato con chiarezza una simile
impressione anche Gabriela Fantato nell'accurata prefazione al volume,
riferendosi ad Alessia, una figura significativa del libro, concreta e
simbolica, metafora in carne ed ossa: "Alessia è un incontro che non avviene,
che non è mai avvenuto o, forse, è un ricordo reale, ma artefatto dai giochi
della mente, eppure solo Alessia pare colmare lo spazio vuoto dei giorni.
Alessia è un'eco, un'ombra che, attraversando gran parte di queste poesie, dà
corpo al sogno e al suo movimento che non si ferma: Alessia è la vita, e,
insieme, è la poesia che cerca di nominarla".
Alessia forse è la verità, l'etimologia
del nome potrebbe suggerire questa strada, è il volto vero del mondo, l'essenza.
O forse non è niente di tutto questo e tutto questo insieme. La sfida intrapresa
da Piazza con la parola è ardua e ambiziosa. Alla poesia l'autore napoletano
sembra chiedere le coordinate, i riferimenti spaziotemporali per individuare con
esattezza la collocazione del suo mondo tra le galassie del reale e
dell'onirico. O, piuttosto, per cancellarle, smarrendosi in modo più sereno e
naturale, abbandonando il progetto della mappatura della dimensione emozionale,
la geografia dell'esistenza pensata e percepita.
Non è un caso che il volume sia diviso
in due Sezioni, "Mediterranea" e Del sognato. L'autore parte dalle radici per
poi dirigersi verso l'aria, un tentativo di cielo: i ricordi, le presenze, i
viaggi, gli anni trascorsi, le tragedie e le gioie mai del tutto svanite. Ma la
linea divisoria non è rigida, non c'è rete metallica né filo spinato a separare
le due dimensioni. Due titoli di poesie contenute in ciascuna delle Sezioni
assumono in quest'ottica un valore emblematico, quasi una chiave, un indizio: in
"Mediterranea" è presente la lirica "Il mare che continua" e nella Sezione
Del
sognato si può leggere la poesia "Oltre il tuo muro". Viene fatto di dirsi che
il mare, reale e allegorico, continua ad esondare nella mente, quella dimensione
psichica che, sebbene incorporea, è un solido, implacabile, muro: la convivenza
con gli altri, i dialoghi frustrati, i silenzi. E il muro di cui parla Piazza è
attribuito ad un interlocutore, forse la donna amata, o la vita stessa. Ma quel
muro appartiene a tutti, e, in primis, all'autore: "Attrae il tuo muro degli
sguardi il sorriso | e tu sei oltre un ostacolo che salta | la mente senza
sforzo. | Mi chiedi la bellezza di un evento,| mi chiedi di non distruggerla,
pensaci:| il chiaroscuro a sfondo di un'e-mail,| il fare cose, rispondere con
lettere coltivate | per un giorno".
Il muro è la sfida della comunicazione,
il segno, il senso. Raffaele Piazza prosegue in questo suo libro il suo percorso
cercando di individuare ciò che mette in relazione l'attimo esile, il gesto
minimo, la scelta del chiaroscuro di un messaggio, con quell'aspirazione a
cogliere una visione d'insieme, l'orizzonte del Mare Mediterraneo o un orizzonte
più vasto che, per un istante, potrebbe connettere vissuto e sognato.
Questo progetto che Piazza ha scelto di
portare avanti conferisce ai suoi scritti una coloritura cupa, una malinconia
che emerge perfino negli attimi in cui l'eros o un ricordo assolato sembrano
dare respiro all'attività sisifica del riflettere sul pensiero cogitando sul
senso di gesti e pulsioni: "Poi la mente accarezza cellule di buio | nelle
campiture di tue lune e stelle | a entrare nella tua camera di parole". E' il
prezzo da pagare per uno sguardo che ambisce a farsi voce, per il desiderio di
percorrere, in forma di parole, la linea sconnessa che unisce e separa il dire e
il fare dal ragionare, le scelte vitali dall'esito di tali opzioni sul mondo
esterno e sulla propria coscienza. Sempre con la consapevolezza, amara, a tratti
beffarda, che "il bene e il male dipendono dal pensiero che li rende tali".
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Recensione |
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