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Greve è la neve

Poesia. Prima di
intraprendere la lettura di questa raccolta sarebbe opportuno almeno
documentarsi sul non-romanzo Blu Cobalto di Céline Menghi — cobalto
citato anche nei testi. L’autrice scrive dunque dei pensieri dopo
aver letto quella cronaca. Si è indotti a ritenere le poesie anch’esse
una cronaca, ma così proprio non è, semmai la capacità di trasferire la cronaca
in poesia, considerando il fiume di parole come un torrente, che contiene
ostacoli, pietre, asperità, tradotte nella scrittura che è certamente figurata,
ma rimanda immagini dirompenti, ben oltre la semplice metafora.
C’è quindi un
impulso psicologico che non viene trattenuto, dovendo svilupparsi secondo una
versificazione incisiva, ma ricca di risonanze o echi non facili da udire, al
punto che il poeta potrebbe scrivere contro sé stesso. Impressione, si
dirà, ma vi sussiste qualcosa di più. La Dzieduszycka non compone poesie tanto
per fare: v’è dietro uno stimolo, forse la speranza, già accennata in altri
casi.
Perciò, quando si creano dei rapporti che nascono dal profondo, le parole
possono persino ferire, ed esprimere più di quanto è a loro concesso. Scoprendo
la voragine ignota non si dirada il mistero, la poltiglia lo
nasconde, ma la scrittura ne viene depurata e affiora in tutta la sua
limpidezza: probabilmente un effetto che il poeta non credeva possibile. La
difesa diventa sempre più aspra, allorché la realtà ci colpisce: il contrasto
origina lo stile, che distingue, anche biologicamente, i vari scriventi.
L’invenzione, che poi non è tale, arriva fin dove si smarrisce la ragione,
intuendo al di là il territorio inesplorato: “avvolti come cinghie
intorno al tremito” — incanto e inganno solo esperiti fino alla radice del
significato. Quando la neve appare si ha l’impressione d’un simbolo di
purezza, mentre nasconde ciò che non vorrebbe: il testo in cui essa fa la sua
comparsa è uno dei più intensi, tanto da doverlo approfondire nel suo tessuto
linguistico e connettivo. Esercizio inutile dunque cercare la perfezione del
linguaggio?
Come ogni cosa, l’arte presenta superfici che si deteriorano: per Asterione la scrittura non può trasmettere nulla, ma la tenacia del poeta si
oppone, perciò l’invocazione a un modo più semplice del comunicare può aprire
brecce nell’ardua dimensione del segno: non dimentichiamo che l’autrice “conduce
un’attività artistica” e tale propensione alla fine sviluppa tra lingua e figura
un’unità indelebile.
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Recensione |
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