| |
L’isola di bouvet

Poesia. L’ampia e
argomentata postfazione di Rita Mascialino mette opportunamente l’accento sulla
mancanza di punteggiatura e di maiuscole nei testi che compongono la raccolta.
Un carattere tecnico, ma anche stilistico, quasi che la nuda parola, privata di
eventuali ornamenti o funzioni, aspiri a una purezza priva di compromessi. È un
elemento, questo, che viene mantenuto senza cedimenti, segno di un rigore, anche
creativo, che non si piega a esigenze esterne.
Ne consegue una creatività capace
di spaziare senza confini dentro una memoria linguistica che riesce a esprimersi
sul piano verbale, nel continuo virtuale, o forse sotteso, al punto da
dedurre una unità non esclusivamente simbolica, bensì organizzata in modo da
rivolgersi a più direzioni, ossia temi e intuizioni della scrittura. Si vuole
probabilmente narrare, ma la storia in poesia possiede la forza di interrompere
il flusso e cerca di far pensare secondo una lettura che, verso per
verso, andrebbe attuata in forma analitica. Gli oggetti dunque si dispongono
nella dimensione del pensiero, e da ciò la rara terminologia di luoghi (per
esempio Matera, un caso che deroga dalla norma generale) o punti
indicativi di una storicità che tende a sottrarsi alla presa
dell’immaginazione, quasi un contrasto, un segnale di possibili ritorni.
C’è
l’eros, e si quantifica o si espone in varie linee: è, a quanto pare, l’esempio
distintivo a escludere formule troppo rigide. La citazione da Melville induce
alla considerazione che il mare, che produsse tale allegoria, lascia in
diversi casi la sua influenza, e la natura, tanto sognata ed estesa oltre le
parole, racchiude il tutto-in-uno, dipanando una serie di situazioni che la
poesia poi riproduce al più alto livello. A volte si intuisce l’attualità dallo
strato lessicale, fino a invenzioni, mai eccessive, che però si
inseriscono nel contesto cercando di eliminare qualsiasi dubbio (nuvolamente),
mentre al contrario lo stesso riverbero della parola, che ovviamente i dizionari
non riportano, pare introdurre a una riflessione sul senso che ne emerge. Di
varie ricorrenze vorremmo citare medusa: un simbolo? È necessario
riportare i due versi: “riflesso in neri | specchi di meduse”.
Ci sovviene un
dato che attinge a un tempo ignoto o ignorato per la sua antichità, e per
quel valore d’emblema portato a indagare nelle profondità dell’io. Un
concetto quale lo specchio ci avvicina a una psicologia pronta a riconoscersi, a
sondare l’intimità quando si fa verbo. Su tali coordinate la silloge di
Zangheri mostra quella fantasia preposta ad altri e ulteriori significati.
| |
 |
Recensione |
|