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Responsorio breve

Poesia. Ecco che la parola-tutto (Manescalchi) già rappresenta con sintesi assoluta le funzioni e le possibilità che la scrittura contiene. Parlammo di poesia come fattore onnicomprensivo, per i soggetti che in pratica non si esauriscono, e la stessa costruzione del testo poetico che, se in diversi casi si ripete per una coincidenza, propone soluzioni inesauribili. Per iniziare dovremmo considerare il lessico che la Guidi adotta: non v’è dubbio di un suo aspetto elitario, ma anche onomaturgico, tuttavia in apparenza, poiché ogni vocabolo viene individuato e compreso nella sua sfera creativa, semmai con lievi deformazioni; o, al contrario, il ricupero di termini oggidì desueti quali egro non facile da incontrare nel contesto letterario; volendo precisare, è un termine sostanzialmente poetico.

Peraltro i diversi troncamenti, di cui parte è rimasta nell’uso, sembrano indicare una ricerca retroattiva, ma in effetti fisiologica, come suggerisce il prefatore. È indubitabile che si genera un linguaggio fuori dall’ovvietà, che si allontana in modo deciso dalla quantità di versi che taluni poeti rovesciano sulla pagina senza alcun controllo. Dei venticinque testi il numero tredici contiene un passo decisivo per riflettere su ciò che siamo o ciò che vogliamo: la smarrita onnipotenza. A che si riferisce non ci è dato sapere con esattezza, ma se osserviamo il mondo e gli attori che lo popolano ci accorgiamo che l’onnipotenza predomina, insieme all’impotenza: Nietzsche dunque aveva ragione? Scrivere diviene una traiettoria che dall’individuale procede verso l’universale, senza capire che la barriera non esiste, ma soltanto il non limite: la ricerca di Dio rischia di essere la ricerca di noi stessi, e la proiezione tenta di unificare due punti che sembrano inconciliabili: un’immagine dunque per accrescere la nostra potenza, che alla fine si riduce a residuo virtuale.

L’autrice ci pone di fronte a dilemmi che trovano nella poesia il modo di realizzarsi artisticamente: non a caso è stata per trent’anni responsabile del dipartimento di neuroscienze dell’ateneo fiorentino, partecipando alla stesura di testi neuropsicofisiologici, inoltre è promotrice dell’interazione fra le discipline. Si capisce allora la qualità delle sue composizioni e la disponibilità di strumenti sempre più precisi e raffinati che incidono sull’esito estetico della scrittura.

Il titolo ci avvicina alla musica, in quanto il responsorio pone una relazione tra l’uno e gli altri, nel senso che probabilmente una raccolta responsoriale di poesia vorrebbe istituire un’alternanza, che finisce per essere attenzione a un’opera d’arte da parte del pubblico: Gesualdo da Venosa, per esempio, creò una specie di promiscuità com’era nel suo stile alquanto singolare. Se ci siamo soffermati su alcuni aspetti di questa poetica che taluni ritengono marginali, in realtà la marginalità è un fatto di scelte. Tra i grandi temi vi è il tempo, entità non definita nelle varie implicazioni, ma che può venire manipolato secondo le proprie inclinazioni.

Scrive la poetessa: “Vivo un presente | al passato remoto” (16). È una pratica che a più riprese appartiene alla narrativa, ma anche i versi rilevano l’atto del presente nel passato, quasi a rendere istituzionale un procedimento che dovrebbe resistere al tempo: di qui le mutazioni temporali, i vari gradi in cui si muove un evento con le sue risultanze sul piano artistico. Che poi il tempo influisca sulla qualità espressiva del testo è tutto da dimostrare. Capovolgendo l’assunto, diciamo che il passato si riversa sul presente, prefigurando un continuum senza possibilità di modifiche.

Nella Guidi l’ispirazione si unisce con naturalezza alla tematica. L’allegoria funge da supporto alla struttura testuale, che si articola nelle forme più congeniali all’intuito dell’autore (appositamente non è stato accentato). La bellezza del canto dell’inverno (14) ci ricompensa delle perle infilate male: così se ne vanno i giorni, e i versi, ma un’eco rimane, forse sconosciuta all’autore medesimo, e trova in ogni essere sensibile un’intima risonanza.

Recensione
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