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Storia di guappi
e femminielli

Saggistica.
Queste due figure di una realtà che da locale si è poi estesa oltre, sono
rappresentative di una città con caratteri e situazioni particolari, peraltro
frutto della stessa realtà che a Napoli si è venuta creando. Riguardo ai
termini, si arriva addirittura a significati quasi enantiosemici, soprattutto
per ciò che concerne il guappo. Consultando i dizionari, la radice di guappo
sembra risalire all’anglosassone vap-ul , cioè bolla d’aria, nel senso di
cosa gonfia e leggera, poi millanteria e vanità (Pianigiani). E difatti è
un’origine che si traduce nel comportamento, da cui, almeno un tempo, era aliena
l’estrema violenza, ma anzi svolgeva una certa funzione sociale. Altri
riferiscono di un’origine latina, vappa, cosa svanita o vino da poco.
In
ogni caso non vi era quel significato peggiorativo – in principio usato come
aggettivo – che si è venuto creando intorno alla parola, tanto da confonderla
con camorrista. Come si sa, più che evolvere, in determinati contesti
alcune forme degenerano. La globalizzazione ha finito per disperdere anche la
parte migliore: non sappiamo se questo sia un bene o un male, ma se si vuole la
libertà conviene preservare quelle differenze che sono anche indice di
conoscenza.
Peraltro la Florio, nel suo documentato saggio, specifica le
varietà di guappi e le loro storie. Interessante e curioso come si è venuto
a coniare il termine finocchio, di uso alquanto esteso; ma quel che
davvero colpisce è sapere che anche i camorristi hanno i loro santi protettori,
mescolando religione e malavita. Niente da meravigliarsi, considerando le ben
peggiori violenze, diciamo piuttosto atrocità, che nel passato la Chiesa ha
perpetrato su eretici e dissidenti.
Diversa natura, ma altrettanto avvincente, è
quella del femminiello. Qui il termine è assai chiaro, e pure in questo
caso si tende a modificare e mutare una figura che ha costituito una sua valida
presenza nel contesto sociale. Che poi l’essere effeminati corrisponda a
mancanza di coraggio, come da tanti si crede, è tutto da vedere. Pensiamo alle
quattro giornate di Napoli durante l’ultimo conflitto (1943), e alla forza
d’animo di quei cittadini che riuscirono a cacciare i tedeschi dalla città.
L’esame del carattere dei femminielli ci porta, anche qui, a una serie di
riferimenti storici e non solo, ad esempio alla mitologia dell’ermafrodito, che
in effetti esiste quale fenomeno fisico, sebbene piuttosto raro.
Indubbiamente
Napoli è stata ed è una città tollerante, di fronte all’oggi in cui emergono
episodi d’intolleranza, non si sa se generati dal tornaconto o dall’ignoranza.
Che il guappo e il femminiello siano poi divenuti figurine del presepe è
testimonianza di una tradizione non perenta in una città ricca di varia umanità.
Vorremmo infine fare nostra la frase da X-Files: “Non siamo chi sembriamo” — ma
il discorso ci porterebbe troppo lontano, davanti alla complessità dell’essere
umano e alle sue infinite ‘sfumature’.
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Recensione |
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