| |
Vele al Venda
Poesia. Ci sono casi in cui l’interazione fra tecnica e fase creativa è talmente
stretta da dover procedere in parallelo per arrivare, se non a comprendere, a
intuire uno stile che esercita il suo carattere al massimo grado. La parte
tecnica è probabilmente quella che riguarda meno il comune lettore, ma si rende
necessaria in particolar modo quando perviene a livelli di completa
assimilazione del dato formale.
Premesso che non è possibile sondare sino in
fondo una raccolta come questa, ci limiteremo ad alcune annotazioni che si
andranno via via precisando. Il lessico è la base fondante: certi riporti da un
linguaggio letterario o poetico trovano la loro ragion d’essere in chi ama la
parola come evento primario. Occorre distinguere tra ricorrenze e richiami;
questi ultimi sembrano nascere in modo spontaneo al punto di trovare una
convergenza nel fattore oggettivo, poi ripreso con le varianti che anche la
memoria impone. La paronomasia trasforma secondo il principio di assonanza
in senso lato, e arriva persino all’inversione, come certifica il verso “In
saliscendi d’aroma amor vali” [corsivi nostri].
Quale ricorrenza
citiamo mondo, il che ha un suo significato: “Se foste del mondo, il
mondo amerebbe ciò che è suo” (Giov. 15:19). La poesia dell’autrice quindi ci fa
toccare le problematiche del mondo in cui viviamo, ma trascende nel sentimento
religioso e in dimensione metafisica, poiché l’enunciato verbale diviene
metafisica allorché consideriamo l’oltre senza poterlo almeno
intravedere. Vorremmo ritenere i versi involucri di idee, e se la parte
descrittiva incide per rilevare certi momenti, il pensiero si esercita comunque
e avvolge l’aspetto figurativo.
Un soggetto che si deve tener in conto è la
bellezza: sfuggendo a talune dichiarazioni per cui salverebbe il mondo,
tenta semmai di eliminare l’elemento biologico, visto con la prospettiva della
scienza anziché con l’illusione della poesia. È perciò tutto illusione?
che insegnamento possiamo trarre che già la poesia non contenga? La cosa
migliore che si possa fare è contraddirsi, non già nel valore intenzionale, ma
nella visione che la realtà proietta verso i contenuti. Si possono
scrivere versi semplici e di una intensità terribile, come in Mimesis.
È
proprio lo scavo dentro la materia linguistica a far emergere istanti
memorabili. Già, lo sappiamo, l’eternità è ipotesi o ancor più facilmente
utopia: per la poetessa può essere il presente, o in un fatto ormai
trascorso se si è realizzato. Persiste il concetto che quella eternità sia la
nostra, un estremo tentativo di trapassare le maglie del tempo con qualsiasi
mezzo, di cui l’apparenza ha parte importante. Se è interpretabile che “Tutto
dipende dal caso” cade la copertura mitologica di eventuali deità affinché
rimanga, se non altro, l’anima mundi, il che vuol dire: una sfera che
contiene ogni potenzialità, come coscienza fisica di esistenze trascorse.
L’oggi è qui, ma è già ieri.
Se ci allontaniamo dalla storia, ecco apparire la
natura: è sempre la soglia irremeabile che ci attende, e tra le righe si nota il
tono elegiaco che proviene dal profondo in quanto affronta un’assenza. Conviene
affidarsi agli eventi e attendere? Dai molti interrogativi che questo libro ci
pone non è esclusa la scrittura e la sua funzione di dare risposte: per capire
si deve decifrare, con il rischio che è facile fraintendere ciò che un
autore, soprattutto se poeta, vorrebbe comunicare: il divario è tale da
originare una serie di interpretazioni, anche su un solo verso: “si attende di
capire il senso delle parole dette”. Le mutazioni e i ricordi costruiscono un
universo chiuso, che viene penetrato dalla luce dell’intelletto, ma ne fuoriesce
una imago solo parzialmente accolta.
Una delle più belle intuizioni della
raccolta è lo “specchio di Dio” (Facundie) — “Ora vediamo in uno
specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo faccia a faccia” (1 Cor. 13:12)
— specchio che si fa opaco col tempo e forse là finiscono i voli della fantasia
e le ardenti parabole dello spirito.
| |
 |
Recensione |
|