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In modo del tutto insolito rispetto alla comune prudenza anagrafica femminile, Maria Antonietta Nardone licenzia il suo ultimo romanzo apponendo in seconda di copertina la propria data di nascita: 1963. Può permetterselo. L'Autrice ha alle spalle studi umanistici evidentemente seri: nel 1993 ha collaborato, con traduzioni da Stazio e Cicerone, al volume "Antologia della poesia latina", edito nei Meridiani Mondadori. Da parte mia, ho fatto studi evidentemente meno seri: di Cicerone poeta nulla ricordo, ad eccezione di un verso riferito a Roma felice, perché nata sotto il consolato di lui. In ogni caso, l'attenzione a Cicerone poeta deve avere condizionato l'Autrice al movimento in aure scarsamente liriche. Nello stesso 1993, infatti, pubblica una prima raccolta di racconti ("Quadri romani" ,Tracce), per dedicarsi successivamente al romanzo. La sua ultima proposta: "Giulia, l'etrusca", Andrea Oppure Editore, 2005. La storia: protagonista è Giulia, archeologa prossima ai quaranta ed ancora alle prese con la difficile quadratura dell'essere sé in rapporto all'amore, alla maternità, al lavoro. Poco più che ventenne, ancora studentessa, aveva operato la scelta difficile di tenere la bimba concepita con Matteo, cui dà nome Chiara, difendendola poi dall'invadenza, per la verità flebile stando al romanzo, di un padre totalmente sbiadito. Quando Chiara ha quindici anni Giulia, già realizzata professionalmente, incontra Angelo e con lui organizza una vita anche sentimentalmente efficiente. Ma la sorte riserva a Giulia la più dura del-le prove: la morte di Chiara. La donna reagisce dapprima con una catatonia paralizzante e penosa; successivamente con una attività sessuale sfrenata e stordente. Partner occasionale, anche se dura-turo, tale Valerio più giovane di lei, al quale la narratrice non dedica un solo rigo di descrizione personalizzata, tanto per chiarire come la sua funzione sia esclusivamente penicna. Occupata da una cupa volontà di autodistruzione, Giulia intraprende un immaginifico viaggio negli inferi, nel caso rappresentati da lacerti visivi e patici del mondo etrusco, della cui conoscenza è specialista. Il personale Virgilio dell'archeologa, nel viaggio agli inferi, è rappresentato da un'altrettanto immaginifica Marta, alter ego proiettivo della stessa Giulia. Dal viaggio interiore la donna emerge, attraverso nessi associativi anche avventurosi (tutte le cerimonie iniziatiche sono calcidoscopiche) con la scoperta della propria vocazione alla scrittura. Dopo questa iniziazione, la vita le torna incontro con Andrezej, poliedrica figura di medico musicista rabbino conoscitore di Talmud e Shoah. Il nuovo amore porta alla nascita di una bambina: la quale, succedendo a Chiara, non viene chiamata mettiamo Viola oppure Nerina, ma Bianca. Ovvero: passato e dolore non si cancellano. Giulia apprende ad essere donna, madre e narratrice: il passato non può essere rimosso e il dolore, anziché cancellato, deve essere raccolto nell'urna della me-moria. Essendo questo l'esito, dichiarato, del viaggio introspettivo di Giulia, ricaviamo che il nucleo emotivo del libro non tratta soltanto l'argomento dell'elaborazione del lutto (di pertinenza, in fon-do, clinica); tratta insieme l'argomento del rapporto fra uomo e costruzione dell'immagine di sé nel-la diacronia del tempo e nel dolore (pertinenza della filosofia esistenziale). La circostanza che il racconto della vita di Giulia abbia dignità esistenziale è fattore necessario e minimo perché al testo si riconosca dignità letteraria. Per la comprensione della storia è molto più importante passare dall'esame esistenziale (ciò che l'essere umano realizza per la propria esistenza) all'esame fenomenologico (attraverso quali fenomeni psichici l'essere umano realizza la propria esistenza). Nel caso specifico, non interessa tanto sapere che Giulia perviene, alla fine, al convinci-mento della necessità di convivere con il dolore; anche perché si tratta, in fondo, di una verità esistenziale rifiutata soltanto da intelletti mediocri o pusillanimi. Interessa, invece, sapere quali fenomeni Giulia attiva per arrivare a questo convincimento. "Fenomeno", vale la pena chiarire, è un "meccanismo psicologico" che ha significato e valore di per sé, come tale connaturato alla natura umana, ovvero come tale inteso senza distinzione da tutti gli uomini, lungo tutto il corso della sto-ria dell'uomo. La fenomenologia dell'agire di Giulia, nell'atto esistenziale della costruzione del-l'immagine di sé convivente con il dolore, è la parte pregevole del libro, ossessivamente determinata, affettivamente vissuta e confusa, emotivamente mossa. L'iter esistenziale di Giulia riconosce almeno tre ordini di fenomeni: 1) svolgimento della pro-pia dimensione narcisistica (attraverso qualità proiettive); 2) svolgimento della propria dimensione storica (attraverso qualità intellettive); 3) svolgimento della propria sapienza percettiva (attraverso qualità sensoriali). Svolgimento della dimensione narcisistica. il termine "narcisismo" non gode di buona fama. Comunemente si riferisce al mito del giovane Narciso, che si innamera della propria immagine riflessa in una fonte e muore di dolore, non riuscendo a possederla. Una variante dinamica del mito riferisce che Narciso si sporge sulla riva del fiume, precipita, muore: da questa variante ricaviamo, soprattutto, che Narciso non sapesse nuotare. Il mito va letto diversamente. Quando Narciso si specchia nella fonte, Zefiro soffia sulle acque, e l'immagine riflessa si muove. Narciso, quindi, non si innamora della propria immagine; ma si innamora della propria immagine mossa dal vento divino di Zefiro. E allora: il narcisismo, come fenomeno psichico, è cosa differente dalla semplice vanità. Il vanitoso propone agli altri l'immagine attuale di sé, perché si piace; Narciso propone agli altri l'immagine ideale di sé, perché mossa dal vento divino. Ovvero: Narciso non muore perché sia vanitoso, ma perché vorrebbe essere divino, ha la tensione verso la perfettibilità. Questa tensione si avvale di un preciso atto volitivo. Narciso ama Narciso mosso da Zefiro, perché Narciso "vuole" essere Narciso toccato dal vento divino di Zefiro. Narciso è un personaggio etico. Il narcisismo, allora, consiste nella tensione ad essere migliori di quello che si è attualmente, ovvero perfettibili. Si tratta di un movimento sofisticato: la perfettibilità presuppone due termini di paragone, il sentimento attuale di sé da una parte, e il sentimento futuro e perfetto di sé dall'altra. Giuha realizza questa condizione quando, subito dopo la morte di Chiara, interrompe la relazione con Angelo per abbandonarsi alle sfiancanti pratiche sessuali consumate con Valerio. Nel racconto fornito da Giulia, ciò avviene perché ella intende stordirsi con l'attività sessuale, così da non pensare al dolore per la scomparsa della figlia. Non è così. Giulia elabora il lutto in maniera narcisistica: la-scia l'uomo che ama perché l'immagine ideale di sé sopraffatta dal dolore (Narciso toccato da Zefiro) non sia distratta dalla consolazione dell'amore; nello stesso tempo si abbandona ad esercizi volitivi di sessualità che, per essere coscientemente vissuti come degradanti. mantengono vivo il termine di paragone contrario e negativo. Così, Giulia pratica la sessualità con Valerio non per stordirsi e pensare meno a Chiara, ma al contrario per mantenere viva l'immagine ideale di sé che continua a pensare a Chiara. Il sentimento attuale e perfettibile di sé (Giulia che si concede il piacere) è necessario contraltare al sentimento futuro e perfetto di sé (Giulia che vive esclusivamente il dolore). E però, Narciso elabora il lutto costruendo di sé un'immagine tanto perfetta quanto irrealistica; la quale, nel corso del tempo, sarà rimpiazzata da produzioni narcisistiche più complesse. Nel caso specifico: Giulia narratrice. Perché Narciso appunto si specchia, e non dorme mai. L'immagine idea-le di sé è tale appunto perché non può essere raggiunta. Quando l'immagine ideale di sé sopraffatta dal dolore diventa, per iterazione ideativa, domestica e quindi non più futuribile, Narciso si sposta: mosso da Zefiro si affaccia ad una fonte successiva, si specchia in acque diverse. Svolgimento della dimensione storica. 11 lutto è tale perché ferma l'individuo alla dimensione temporale presente: il tempo attuale, occupato dal fantasma del lutto, perde la capacità di accedere alla dimensione temporale futura. Questa condizione di catatonia temporale può essere vinta attraverso un esercizio intellettuale, consistente nell'inserire la propria esperienza di dolore all'interno di una visione onnicomprensiva del senso delle vicende umane. L'esercizio intellettuale di Giulia si svolge attraverso il viaggio iniziatico con l'altra da sé, la Marta/Virgilio che la accompagna nel viaggio agli inferi: la dimensione inconscia è meta da raggiungere ed insieme. temerariamente, maestra di viaggio. Essendo Giulia etruscologa, il viaggio si compie nel tempo e territorio di quel popolo mago: gli Etruschi, annota l'autrice si proponevano di banchettare eternamente con gli dei non già praticando la morale o l'etica, ma pronunciando formule magiche appositamente studiate per essere atte a vincere l'ostilità degli dei. Come dire: la vita eterna non si conquista con le azioni, ma con la conoscenza. E già questo è un monito, per chi si avventura agli inferi con l'idea di ritornare. La conoscenza, rispetto alla morale o all'etica, avverte fortissima l'esigenza di accedere a risultanze pratiche e perfettamente agibili. Nel caso di Giulia, il viaggio esita nella conoscenza e nella determinazione di essere, per il futuro, archeologo (colui che racconta la storia altrui) ed insieme narratore (colui che si appropria della storia personale, e la racconta). Poiché gli inferi sono necessariamente oscuri, il preciso itinerario interiore di Giulia non è del tutto conoscibile: e si basa, però, su un elementare parallelismo logico: il mestiere dell'archeologo consiste nel mettere insieme i cocci rinvenuti per dare senso compiuto all'agire trascorso dell'uomo; così il narratore mette insieme i frammenti della memoria per dare senso compiuto alle ragioni del proprio agire. Giulia, uscita dagli inferi, scrive infatti di sé. Cosa per la quale, di per sé, avremmo il diritto di non entusiasmarci: quasi sempre, a chi scrive di sé, dobbiamo pregare di soprassedere. Ma qui interviene un fenomeno psichico differente, che permette a Giulia di passare dalla dimensione storica personale alla coscienza della dimensione storica collettiva. Giulia si innamora di Andrzej, strana e incompiuta figura di rabbino medico musicista e soprattutto conoscitore della shoah sofferta dai nonni, le cui vicende dolorose mormora all'orecchio di Giulia anche nei momenti d'amore: ad esempio, quando Giulia gli comunica d'essere incinta. La nostra eroina ha liquidato altri uomini per molto meno, nel corso del romanzo: Andrzej, no. Il fenomeno che interviene è infatti quello della complementarità dell'esperienza esistenziale: ogni essere umano cerca nell'altro la parte di emotività, affettività, esperienza che a lui stesso man-ca. Giulia vive soltanto la propria storia personale, nel tragitto dalla memoria alla determinazione di diventare narratrice del proprio dolore; Andrzej vive soltanto la dimensione collettiva e storica del dolore, che in prima persona non ha mai provato. Giulia apprende da Andrzej di non essere la sola ad avere appreso la convivenza con il dolore (dimensione narcisistica), ma di dover convivere con il dolore perché questa è la condizione naturale dell'essere umano (dimensione storica ed esistenziale). Andrzej apprende da Giulia, che fugacemente lo tradisce, di non dover fare i conti sol-tanto con la shoah storica sofferta dai nonni, ma con la percezione e convivenza del proprio dolore personale. Fortunatamente per lui, dirci: perché alla fine del romanzo Andrzej, contrariamente alle aspettative del lettore, vive ancora con Giulia, e promette di resistere a lungo. Svolgimento della sapienza percettiva. Esiste una terza modalità elaborativa del lutto: suffragata, nel testo della Nardone, dal ricorso iterato ad una sapienza sensoriale addirittura ossessiva. Tutto il testo potrebbe essere letto, dal punto di vista dinamico, con il sussidio della psicologia speri-mentale, secondo la quale il comportamento umano è sempre e soltanto la risposta, condizionata o meno, ad uno stimolo sensoriale. Giulia è recettiva soprattutto agli stimoli tattili. II fascino della cosa consiste nella circostanza che sensibili al tatto siano soprattutto gli esseri animati meno evoluti. Giulia, come un'ameba, spalanca o chiude corpo e coscienza rispondendo in primo luogo a sollecitazioni tattili, ovvero in senso lato somatiche. Ciò avviene in tutto il corso del libro. Così, il sesso con Valerio non è strategia per stordirsi, ma neppure costruzione narcisistica dell'opposto ideale di sé; è, invece, pura e semplice risposta somatica allo stimolo della vita che chiama, ancora. E Andrzey, il musicista, ha valore appunto perché percorre il corpo di Giulia con la stessa acuta maestria con cui l'artista fa vibra-re le corde del proprio strumento; ma anche perché, con le stesse dita, Andrzey scava le cavità di Giulia così come l'archeologo scava le urne della terra: l'Archeologia è scienza in larga misura tattile. E anche, nello stesso viaggio intellettuale agli inferi, la percezione tattile collima con quella visiva: Giulia descrive i giovani etruschi nell'atto rituale di comporre i vasi, che sono cultura giunta fino a noi e fatta con le mani, e non altro. L'attenzione percettiva di Giulia è tanto determinata da assurgere a vera e propria sapienza tattile. Con essa Giulia non si difende semplicemente dal dolore. E neppure presume di dare a chiunque un, messaggio esistenziale differente da questo, elementare e sublime: la vita chiama, sempre. Ed è sufficiente spalancare i sensi perché l'uomo la avverta correre dentro e al di fuori di sé: sintonica o meno, ha secondaria importanza. Ordinando in senso cronologico i tre ordini di fenomeni, è possibile ricostruire compiutamente l'iter esistenziale di Giulia. In un primo tempo, la donna elabora il lutto in senso narcisistico: non riuscendo ad "essere nel dolore". vive nel piacere della sessualità così da definire, per contrapposizione, l'immagine ideale di sé narcisisticamente sopraffatta dal dolore. In un secondo tempo, la donna costruisce razionalmente una immagine di sé distaccata (non condizionata) dal dolore, perché impegnata nella realizzazione della propria storia personale (archeologa, scrittrice). Infine, nella relazione intellettuale e tattile con Andrzey. Giulia apprende ad "essere nel dolore", considerato apparato necessario allo svolgimento della storia, personale e collettiva. 11 manuale operativo di Giulia definisce la maturità esistenziale in senso fenomenico: essa consiste nella capacità di elaborare il lutto collocando il dolore personale all'interno della visione, onnicomprensiva e commossa, della presenza del dolore nell'esistenza collettiva e nell'intera storia dell'uomo. Non sappiamo quanto l'iter psicologico di Giulia, così come descritto, rientri nell'intenzionalità narrativa di Maria Antonietta Nardone. La qualità concettuale di un testo non deriva da ciò che l'autrice esplicitamente propone o dimostra, ma dagli stimoli interpretativi che fornisce al lettore. Possibile, quindi, che l'itinerario intrapsichico di Giulia, così come descritto, sia mio piuttosto che della Nardone. Così fosse, a maggior ragione il merito sarebbe dell'Autrice, capace di muove-re la creatività del lettore sollecitato sul versante emotivo. Dove non è possibile sbagliare, è sulla qualità narrativa del libro. Lontanissima dall'introspezione proustiana così come dal disincanto espositivo del romanzo realistico, la scrittura della Nardone ha il fascino voyeristico della puntigliosa psicologia reflessologica. Le vicende comportamentali procedono attraverso Io schema Stimolo-Risposta: lo Stimolo non è mai associato all'emotività del lavoro percettivo cerebrale; la Risposta non è mai collegata alla costruzione o rigetto di schemi culturali o etici, ma spiegata razionalmente in relazione al valore funzionale che il comportamento ha per la persona che assume lo Stimolo. Per esemplificare: quando Andrzey percorre la vagina con le sue dita da musicista, Giulia descrive lo stimolo non già collegando alla sensazione emotiva del piacere, ma col-legando alla percezione razionale di sentirsi viva. Ugualmente, la risposta è collegata alla consapevolezza della funzionalità dell'orgasmo rispetto al possesso della propria fisicità riconquistata. La scrittura ha il fascino ambiguo di una descrizione insieme controllata ed ossessiva: essendo l'ossessione, per altro, riconosciuta universalmente come forma di porversione mentale. All'interno dello schema psichico reflessologico (Stimolo-Risposta) ha luogo una scrittura in-calzante come il pensiero dell'animale continuamente allenato: il quale percepisce elabora e risponde funzionalmente agli stimoli sensoriali, nel caso di Giulia soprattutto tattili. Lo splendore di Giulia, come figura letteraria, consiste nella perfezione primitiva della sua sapienza animale. Resta da dire che Giulia, rara concessione alla percezione visiva piuttosto che tattile, è fisica-mente descritta con i capelli lunghi, ricci, chiari. Maria Antonietta Nardone, posso garantire per averla vista una volta di persona, ha capelli lunghi, ricci, chiari.
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