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Del sognato
L’ultimo libro poetico di Raffaele Piazza (Del sognato, pref. di Gabriela
Fantato) si suddivide in due sezioni, rispettivamente Mediterranea e
Del sognato. Nella seconda è ancora una volta presente la figura – ormai
familiare ai lettori – di Alessia, la ragazza del 1984, l’eterno femminino
vestito di pesca e di albicocca, colei che si muove tra il Virgiliano e il mare:
un “segno dei tempi” che non può sfuggire, però, ad una rivisitazione di fine
millennio, sul limitare tra i due secoli.
Nella prima parte non si parla di lei in modo esplicito, ma la sua pelle, la sua
giovinezza, la sua bellezza (forse ora una briciola fanée) si stagliano
ugualmente – almeno così a me è capitato – nella mente del lettore, che vede le
immagini marine (mediterranee) come lo sfondo per l’epifania di questa Musa in
jeans e rossetto sensualmente violento.
Così come due sono le sezioni, due mi sono apparsi i piani di lettura
(personale): quello dello spazio, in cui domina l’idea della protezione e del
rifugio di contro al mondo esterno fatto di telefoni automobili internet, del
dentro e del fuori. Il lessico è intessuto, con una sorta di ossessiva e
maniacale eco onomastica, di “angoli”, di “stanze”, di “pareti”, ma anche di
protezioni liquide vetro-membranacee come “acquari” e aspetti “amniotici”e di
immagini geometrico-erotiche quali “delta” e “conchiglie” (personale
reminiscenza della mia lingua ancestrale, in cui cuchija è il termine
“alto” per definire il centro anatomico della femminilità). Ma anche i colori (o
l’idea di essi) fanno la loro parte, in particolare scaturendo da immagini di
frutti: arancio, fragola, albicocca, pesca…
E poi il piano del tempo, giocato, specie nella seconda sezione, sul ricordo
(1984), ma anche, e ciò avviene soprattutto nella prima parte, sul senso del
limite (il 1999 e il 2000: fine-inizio, passato-futuro, ormai-chissà), ma pure
il senso del limite del giorno, l’alba e la sera sono i momenti più intensamente
vissuti dal Poeta e dai suoi personaggi.
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Recensione |
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