Nota critica a
Paesaggi toscani ed altro...
di Gianni Calamassi
la Scheda
del libro

Annamaria Pecoraro
Tutti i più grandi poeti
del ‘900 fino a percorrere tempi più remoti, hanno da sempre decantato la terra
natia, invocando, dipingendo, mitizzando tratti tali da declinare il saldo
legame instaurato con la “madre generatrice”.
Ogni uomo si crea così un
bagaglio denso di emozioni e di esperienze, gustando bellezze, profumi, sapori
che accompagnano le tappe e i singoli atti della vita.
La patria diventa la fonte
dove la memoria catapulta e catalizza i ricordi, e nella natura stessa, si
immerge il poeta, che fedelmente riporta la sua fanciullezza, la nostalgia, il
dolore, la forza celebratrice del contesto.
Ti ho trovato nel fitto del bosco
tra foglie che appassionate
giacciono ai miei piedi.
Lo stesso Alessandro
Manzoni alla fine dell’ottavo capitolo da I promessi sposi, descrive
l’allontanamento forzato nel passo dell’”Addio ai monti”.
Il paesaggio diventa
“amore”, “l’angolo di paradiso”, o il rifugio dove lasciarsi andare alle melodie
più accorate.
Anche Carducci, esalta la
bellezza del luogo in cui è cresciuto, nella poesia tratta dalle Rime Nuove
intitolata “Tra versando la Maremma toscana” o Saba in “Trieste”
allegoricamente identifica la città in una donna, realmente esistita.
Un cammino a tappe, tra
città e campagna/mare e monti/Mugello, Maremma e Gargano, quello che la penna di
Calamassi abilmente produce.
Tra trame di rame e oro,
sfilaccia e libera
pensieri vivi e luminosi non espressi
per lunga attesa scomposti in mille
lettere sulla terra a marcire (…)
Alcuni poeti hanno
difficoltà a lasciare la propria terra. E’ il caso di D’Annunzio in una lirica
“I pastori” nella raccolta Alcyone.
Calamassi non ha paura di
andare oltre.
Immobile e paziente il paesaggio
subisce l’ignoto destino
che, senza ragione,
è il suo.
Esterna le sue pulsioni e
con occhio acceso osserva quello che intorno accade, con scrupolosa ricerca:
Brontola rantolando lontano
senza che niente si frapponga
al suo dilatarsi amaro,
come di un rimprovero sommesso,
di nonno, che sta seduto al caldo (,,,)
La natura, le ginestre, le
nuvole, i filari di viti, i fiumi, sono elementi base del capolavoro finito.
Impressionante l’amore che
trova da ognuno di essi:
incredula si lascia
carezzare da dita
sconosciute;
scoprendo in un territorio
come il “Mugello”, la “Maremma” o il Gargano, che diventano parte integrante del
proprio corso di vita.
Un po’ come Sbarbaro,
nella poesia “Liguria” tratta dalla raccolta Rimembranze, celebra la
bellezza della sua terra. Ma potremmo fare infiniti esempi e riportare come i
poeti hanno un rapporto viscerale con il proprio territorio: Quasimodo, Foscolo,
o lo stesso Omero con Ulisse.
Calamassi, è proiettato
attivamente nel micro/macrocosmo e nella ricchezza che incontra.
Alimenta, ri(e)voluziona,
mitiga cose e colori, prendendo animo, pulsando i sentimenti in un cuore grande,
per trovare in ali di gabbiano la libertà e quella via di “fuga” verso
“l’amato mare”.
Un’opera da gustare passo
passo, gustando ogni prospettiva e percezione dell’occhio unito alla mente e al
cuore, nonostante il tempo che passa.
Il poeta/artista Gianni
Calamassi, insegue “il futuro senza tregua”, ma con la saggezza acquisita in
quel pazientare di fronte a quel frutto partorito dal seme nato da Speranza,
Mistero e Magia.
10 agosto 2015
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