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Nenie ballate e canti

Domenico Defelice mi ha gentilmente donato il suo “Nenie ballate e canti”, che ho subito letto con molto interesse. La raccolta è una testimonianza del malessere civile del nostro tempo, e dei molti aspetti negativi della nostra società. In questi testi Defelice si è assunto l’impegno di denunciare i vari mali che ci affliggono, e di esaminare alcuni dolorosi accadimenti. Ha pensato inoltre di scegliere un verso ricco di musicalità (alcuni testi – le canzoni - sono proprio musicati), cosicché il contrasto tra la sonorità della parola e la significanza del contenuto, si fissa ancora di più nella memoria.

La tematica in ogni modo è varia. Egli si sofferma sulle problematiche delle diversità etniche, cogliendo sensibilmente il disagio di chi si trova a dover vivere una cultura opposta alla propria; espone l’orrore della guerra attraverso il canto (o forse meglio il grido) di un bambino afgano; si addentra nella tragica morte di Moro o nelle possibili emozioni di Mussolini prigioniero, oppure ancora - e in maniera superba - tratta dell’agonia di Alfredino Rampi. In quest’ultima nenia ballata evidenzia ogni particolare e prende in considerazione ogni possibile intento per salvare il piccolo Alfredino, ma il testo è carico anche di un’amara ironia per come si sono svolti i fatti, ed è soprattutto carico di un dolore immenso, tanto da paragonarlo in certi punti al pianto di Maria di Jacopone: “Alfredino, / figlio mio crocifisso, / figlio del mio vicino, / figlio del mio nemico, figlio del galeotto, / figlio mio spezzato.”.

Seguono altri componimenti sempre a carattere sociale, però Defelice oltre all’impegno morale e civile è attento anche ad altri valori, e per alleggerire la raccolta ha scelto d’introdurre delle liriche dedicate all’amore. Testi che si accendono di passione se rivolti alla donna amata; esaltano la maternità quale forma suprema di vita: “Sentisti ancora divorarti il corpo / da una fiamma gioiosa ed appagante, / ché voluttuoso è l’amore che vince.”; oppure si abbandonano ad un’acuta nostalgia se trattano affetti familiari, come la figura del padre e la sorella. Unita al rimpianto, la nostalgia riappare nuovamente quando ricorda il paese natio che ha dovuto lasciare e che rappresenta le sue radici, che ha dovuto sradicare.

La sezione “Canzoni” chiude melodicamente questo interessante lavoro, con dei testi che cantano appunto la bellezza delle cose semplici e la voglia di vivere. In questo modo Defelice ha fatto vibrare tutte le possibili corde del suo strumento: la poesia; e come in un caleidoscopio ha proposto tutte le variabili che raffigurano la nostra vita, compresa tutta la gamma dei sentimenti. Infine, un complimento anche per la sua emozionante opera in copertina, che raffigura la morte di Alfredino.

Recensione
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