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Semi di senape
Come preziose miniature Moghul, incastonati in una controllatissima
architettura letteraria, vanno in scena e prendono vita i racconti dal vero di
Angela Ambrosini. Racconti brevi, talora brevissimi, eppure spazianti e
vastissimi: così simili a quelle sofore rosa che l’arte sublime del giardiniere
giapponese riesce a contenere, alte appena qualche centimetro, in una ciotola di
porcellana di Hizen. Ma l’immaginazione che le contempla, le vede, in un variato
universo proporzionale, come sono in realtà: alberi immensi.
E proprio un quotidiano differente, dilatato fino ai poli estremi del
fantastico, costituisce il fondu della raccolta, che colpisce per autenticità di
pronuncia e per acutezza di sguardo; così come colpisce la tensione, l’ansia di
penetrare il mistero del mondo, sospeso nell’effimero perpetuarsi dei giorni.
Per il tramite di una scrittura ricca e innamorata del destino dei
personaggi, quasi sempre solo accennati – e, per il tanto, portati a compimento
dal lettore – per il tramite di una tessitura mobilissima, di un costrutto
setosamente in verticale, Angela Ambrosini riesce a creare – per dosazioni e
alternanze, care a Buzzati e a Borges – inquietantissime vertigini di fronte a
realtà parallele: possibili in virtù di una maestosa abilità comunicativa.
Un libro prezioso, un’autrice straordinaria.
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Recensione |
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