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Natura morta

Dopo l’amore (Affari di cuore, Einaudi, 2011), scava nell’intima contraddittorietà del reale, l’ultima raccolta di poesie di Paolo Ruffilli, Natura morta, felice connubio di lirica e filosofia, “sintesi incisiva e originale della poesia di pensiero” come si legge nella motivazione con cui ha vinto in America il Poetry-Philosophy Award 2012.

E anche in questo caso è una poesia essenziale e leggera, a forte connotazione musicale ma aliena da ogni forma di elegia, mentale ma ancorata al dato sensibile, ispirata dai concetti più affascinanti della filosofia orientale, in particolare la legge degli opposti (esposta nella Regola celeste del Tao di Lao Tze, che Ruffilli ha tradotto e pubblicato nel 2003 con Rizzoli), ma anche da alcuni autori della tradizione di pensiero occidentale, da Leopardi e Schopenhauer a Husserl e Nietzsche, fino a Adorno.

Di qui la particolare costruzione di Natura morta (e del suo “pomposo” sottotitolo) alla maniera dei filosofi, sia antichi che moderni, con una parte dedicata agli strumenti per indagare la realtà (il pensiero e il linguaggio), una agli elementi di una cosmogonia possibile (le leggi che reggono l’universo e l’essere), e una alle pratiche strettamente corporali – per il poeta trevigiano imprescindibili da quelle spirituali – dove scherzosamente (ma non tanto) si offrono al lettore consigli concreti su cose tipo l’alimentazione, il sonno e la veglia, il movimento e la quiete.

Chiudono la raccolta gli “Appunti per una ipotesi di poetica” che forniscono la chiave di lettura dell’intera opera di Ruffilli.

23 novembre 2012

Recensione
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