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Gate, gate, gate

Terra veneta

La terra veneta e la sua gente vivono nei versi di Maria Antonia Maso Borso che affida ad una riuscita edizione dialettale, simultaneamente tradotta, il bagaglio di una vita intensamente vissuta con un arco che comprende periodi di stenti e di tragedia e momenti di risveglio economico e sociale.

Parte dall’infanzia per cercare le radici, che non rinnega, anzi si inebria sulle rive del Brenta a rendere in poesia stati d’animo ed emozioni che hanno attraversato la sua esistenza. E l’elemento paesaggistico dell’ambiente veneto fa da sfondo a questi stati d’animo emozionali e l’autrice tesse con l’occasione del canto la storia di una terra. Pur con le sue peculiarità, il Veneto non è molto distante da tante zone della penisola, per cui la raccolta può essere apprezzata e compresa a fondo anche da chi non vive in quella plaga d’Italia.

È sottile la vena di rimpianto in cui rivive il tempo passato, ma non c’è malinconia o disappunto; l’autrice diventa fedele interprete di memorie passate e di affetti scomparsi: “Una volta era fame / adesso c’è lo stress / il progresso va avanti / lascia indietro i ricordi / è sempre dolce-amaro / il pomo che mordi”.

In un animo dotato di profonda sensibilità diventa canto la condizione di sfollata lungo le rive del Brenta, durante la seconda guerra mondiale, anche se appena fanciulla (“La paura corvina / ci rincorreva sempre / e a tavola davanti al pane / insieme con noi / si sedeva la fame”, 1944) ed un unico denominatore accomuna molte poesie della prima e della seconda parte della raccolta.

Nella terza parte “Scarabocchi al confine”, dopo le “briciole” ritorna il tema dell’esistenza, con “Ogni sera giriamo / le pagine del libro”, “La favola dell’onestà”, e dalla memoria la lirica diventa cronaca più vicina a noi con gli eventi che hanno dilaniato il mondo (“Violenza”, “Sanità”, “Chernobyl”).

Lo stile leggero e fluido è compagno prezioso in questa interessante lettura che è prezioso monito ed insegnamento per le nuove generazioni, ma non è inutile a chi da tempo ha lasciato l’adolescenza.
Recensione
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