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Sebastiano Schiavon: lo "Strapazzasiori"

Quando i cattolici diventarono sindacalisti

Una vita breve, intensa e sfortunata quella di Sebastiano Schiavon (1883-1921), il leader cattolico che all’inizio del ‘900 infiammò il Padovano con la sua azione sociale e politica a favore dei contadini. Uscito da una famiglia molto modesta, fu eletto trionfalmente al Parlamento nel collegio di Cittadella-Camposampiero nel 1913, dopo l’introduzione del suffragio universale. L’anno dopo si oppose all’entrata in guerra dell’Italia e il 20 maggio del 1915 fu uno dei 74 parlamentari che votarono contro l’attribuzione dei pieni poteri al governo Salandra. Terminato il conflitto aderì al Partito Popolare, che lo riportò alla Camera nelle elezioni del 16 novembre 1919. Ma aveva urtato troppi interessi e non fu ricandidato nel 1921. Morì improvvisamente nel febbraio del 1922. Aveva 38 anni.

Su questa figura, finora trascurata dalla storiografia, anche di parte cattolica, si sofferma ora Massimo Toffanin nel volume Sebastiano Schiavon lo «strapazzasiori» (ed. La Garangola, E. 20. Presentazione oggi alle 17 nella sala consiliare della provincia di Padova). Che cosa rende interessante, a cento anni di distanza, la concitata esperienza d’un uomo talmente radicale nella sua ricerca di giustizia da meritarsi il soprannome di «strapazzasiori»? Almeno due cose.

La prima. Schiavon fu la punta di diamante di una generazione di giovani che rinnovarono profondamente, negli anni a cavallo della grande guerra, il panorama politico veneto. Insieme con i padovani Sabadin, Crescente e Dalla Torre, con i trevigiani Corazzin e Cappellotto, con il rodigino Merlin, con il veronese Uberti diede dignità politica ad un cattolicesimo ormai uscito dalle secche della Questione Romana, rinnovato come grande forza popolare, trasformato un sindacato contadino capace di usare il suffragio universale per spazzare via la vecchia classe dirigente liberale. Epicentro di questa rivoluzione politica fu il Veneto centrale, con Sabadin eletto sindaco di Cittadella a ventitré anni, nel 1914, e Schiavon deputato a trenta. Per entrambi fu quasi un plebiscito.

La seconda. In quegli anni si giocò nella nostra regione una partita importante. Nacque quel cattolicesimo politicizzato e sindacalizzato che dominerà la scena per tutta la seconda metà del secolo appena trascorso, sotto le ali della Democrazia cristiana. La Chiesa-partito si formò allora, prima del fascismo, e Sebastiano Schiavon ne fu uno dei simboli maggiori. Ma la sua spinta riformatrice sarebbe stata ben più efficace se fosse riuscita a sommarsi a quella dei socialisti, l’altra forza del rinnovamento. E invece questi due partiti, prigionieri dei propri pregiudizi e del proprio passato, mancarono all’appuntamento, si contrapposero quando sarebbe stato necessario unirsi e aprirono la porta alla dittatura. Bisognerà attendere il centrosinistra di Moro e Fanfani per vedere realizzata l’alleanza fallita del primo dopoguerra. Oggi che quella storia è stata definitivamente archiviata, si può riflettere con maggiore obiettività sul suo significato nella storia del Veneto novecentesco.

Corriere del Veneto, martedì 28 febbraio 2006

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